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Intervista a Michel Delville (The Wrong Object)
di Giulia Nuti

Come nasce il gruppo The Wrong Object?
The Wrong Object e stato fondato nel 2002 ed ha all’attivo numerosi concerti, tre dischi ufficiali e un repertorio di circa 40 brani. La storia è troppo lunga per concentrarla in questa risposta, ma basta dire che la maggiore difficoltà e stata di trovare musicisti disponibili a lanciarsi in progetti di musica propria e capaci di suonare cose complicate senza perdere la capacità di improvvisare realmente in tutti i possibili contesti. 

Stories form the shed è stato registrato senza sovraincisioni, no overdubs. In un mondo in cui spesso la musica viene costruita in studio, quanto è importante per voi che la musica sia prima di tutto veramente suonata?
C’e stata una doppia ed assoluta necessità di suonare dal vivo nello studio. A parte il fatto che il nostro bilancio ci permetteva di coprire le spese di non più di tre giorni di registrazione, si trattava di produrre arrangiamenti di ampio respiro da cui traspare l’energia della musica live ed un sound tipicamente « organico » che e diventato la nostra «marca di fabbrica». A dire la verità, sono un po’ stanco dei gruppi che spendono una fortuna per ottenere un «prodotto» che non potrà mai essere eseguito in maniera ottimale e convincente sul palcoscenico di una sala da concerto. 

Suonate quasi solo brani originali. Come nascono le vostre composizioni? 
Finora ho scritto la maggior parte dei brani che il Wrong Object ha suonato e registrato dalla sua fondazione, un po’  più di cinque anni fa. Però, tutti gli arrangiamenti vengono concretizzati collettivamente durante le prove. E sono molto soddisfatto dei brani che sono stati scritti da altri musicisti del gruppo per Stories from the Shed. Anche se ci deve essere un “leader” concettuale, il lavoro collettivo mi pare di prima importanza, particolarmente nel mondo delle musiche dette «attuali», «alternative» o «progressive». 

Credo che uno dei segreti di The Wrong Object sia che siete tutti musicisti bravissimi, e oltre a questo avete anche un bellissimo sound nell’insieme come gruppo. Come siete riusciti a costruire un sound così compatto ed efficace?
Grazie – sei troppo gentile. Ma hai ragione quando parli dell’importanza del sound. Abbiamo lavorato tanto per sviluppare un suono particolare che unisce tutte le influenze che abbiamo assimilato, dal rock al jazz, passando per la musica elettronica o orchestrale (ascolto Bartok, Stravinsky, Pärt e Messiaen cosi volentieri come Squarepusher, Robert Wyatt e Archie Shepp…)

Nella vostra musica si incontrano tanti elementi musicali diversi, dal jazz al rock, dal progressive alla sperimentazione. E’ una scelta puramente artistica oppure riflette anche i gusti e le esperienze di ognuno dei musicisti di The Wrong Object?

Condividete lo stesso backgorund o venite da background musicali diversi?
Questo e una scelta voluta ma una che riflette anche i gusti e i backgrounds diversi dei membri del “Oggetto Sbagliato”. C’e stata la necessità di combinare ed integrare tutti gli elementi e frammenti che hanno strutturato finora le personalità del quintet. Fred (al sax tenor) e Jean-Paul (alla tromba) vengono dal jazz ma con un’ apertura a tantissimi generi musicali e forme di espressione artistica diversi. Laurent (il batterista) ha suonato in parecchie formazioni musicali rock, jazz ed « ibride ». Damien ed io ci interessiamo più all’ universo delle musiche elettroniche (Squarepusher, Amon Tobin, The Cinematic Orchestra etc.) Il fattore comune, consolidante - a parte il suono - è forse una concezione della musica che privilegia la parte eccessiva, avant-guardista, surrealista della materia sonora. (Sai che il Belgio –non meno della Francia - e stato la culla del surrealismo, ma il titolo del primo brano di Stories from the Shed e un allusione diretta al primo ristorante Futur-r-r-r-r-r-ista italiano!)

Come è stato collaborare con Elton Dean?
E stato una bella storia, piena di energia e di furore. Une storia anche piena di tristezza anche se Elton è rimasto se stesso fino all’ultimo momento. Ci ha dato un’ultima testimonianza (Elton Dean & The Wrong Object, The Unbelievable Truth; Moonjune Records 2007) che ha lasciato un’impronta indelebile e decisiva sul futuro del gruppo. 

Quando nel 2004 i Soft Works sono venuti a suonare in Italia ho incontrato, insieme ad Ernesto De Pascale, Elton Dean. Ha insistito molto sull’importanza di portare avanti una scuola, di insegnare la musica alle generazioni più giovani. C’è qualche insegnamento che, come gruppo, vi ha lasciato?
Per me, Elton rimane un esempio di integrità e di coraggio. Anche lui ha creato un suono particolare che è la marca dei grandi – si riconosce subito il suo stile inimitabile dopo qualche secondo. Non era uno che accettava i compromessi, la burocrazia della musica. Quando abbiamo iniziato la collaborazione con lui era molto ammalato, ma quando suonava dal vivo non sembrava avere paura di niente!

So che avete anche un progetto di cover di Frank Zappa. Come è nato questo progetto?
Quando la band e stata fondata, nel 2002, suonavamo tanti brani di Zappa, ma sempre in un modo diverso e piuttosto «decostruito». The Wrong Object non è mai stato un Zappa cover band ma il nostro set  “The Wrong Object Plays Zappa and a Few Tunes of Their Own” sembra di essere il nostro “sideproject” più popolare, specialmente all’estero.

C’è qualcosa della musica di Frank Zappa che influenza anche quella di The Wrong Object?
Si, una strana mistura di libertà e di rigore. Un desiderio di creare une musica complessa, esperimentale, certo, ma anche spumeggiante e festiva !

Siete un gruppo europeo, la vostra etichetta discografica ha sede a New York e avete suonato dal vivo un po’ in tutto il mondo. Il pubblico europeo e quello americano hanno riposto in modi diversi alla vostra musica?
Abbiamo suonato in una decina di paesi ma mai in America. Ultimamente, la maggior parte delle recensioni recenti (da quando abbaiamo raggiunto la Moonjune) sono in provenienza degli Stati Uniti. Nella stampa musicale americana siamo spesso considerati come un gruppo rock progressivo un po’  particolare, mentre in Europa siamo associati alla scena jazz o Nu-jazz alternativa, che sono forse le due facce della stessa entità musicale.

La vostra etichetta discografica (che non a caso si chiama Moon June!) è anche l’etichetta di band come Soft Machine Legacy. Nella vostra musica ci sono tanti elementi che ricordano il Canterbury Sound e  il jazz-rock di band come i Soft Machine. Vi sentite un po’ i continuatori di questa tradizione?
Assolutamente. Ma non siamo i soli continuatori di questa bella avventura: i Softs  - collettivamente ed individualmente – hanno lasciato un’ eredità ricchissima in scoperte, realizzazioni e prospettive. La « Soft Machine Legacy » è ancora da esplorare come lo dimostra l’ultimo CD del Delta Saxophone Quartet (Moonjune 2007) con loro brillanti riscritture dei classici dei Soft Machine. 

State cercando di venire a suonare anche in Italia ? Quali sono i vostri progetti per il futuro?
Speriamo di partecipare a un festival italiano aperto al nostro tipo di musica nel prossimo futuro - tutte le proposte sono le benvenute ! Stories from the Shed ha già ricevuto recensioni eccellenti e la nostra collaborazione con Moonjune dovrebbe contribuire ad allargare il nostro pubblico, sia nel nu-jazz che nel rock. Abbiamo anche l’intenzione di continuare a lavorare con ospiti e collaboratori come Alex Maguire, Annie Whitehead, Harry Beckett, Ed Mann ed anche un altro guest la cui identità non posso divulgare perché non e ancora ufficiale. Stay tuned! E grazie per le tue domande, Giulia …

Michel Delville
www.wrongobject.com
www.myspace.com/wrongobject
www.moonjune.com

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