. |
LIVE
1000 Years of Popular Music

Richard Thompson, Debra Dorkin e Judith Owen sono attualmente in tour per la Gran Bretagna con lo spettacolo “1000 Years of Popular Music”.
“L'idea è arrivata da Playboy Magazine” - racconta Thompson sul suo sito - “alla fine del 1999 mi fu chiesto di fare una lista delle dieci migliori canzoni del millennio. Ha, ho pensato, ipocriti, non intendono del millennio, ma degli ultimi venti anni! Starò al loro bluff e farò per davvero una selezione millenaria”.
E' bastata questa premessa a farci decidere di stare a nostra volta al gioco del trio, ovvero l'essere riusciti a farne un vero spettacolo, e di raggiungere l'innevata contea di Kent per vederli calare le carte.
La sera del 1 Febbraio la hall del Marlowe Theatre di Canterbury è piena. Salta subito agli occhi l'età media dei presenti, almeno 45 anni. La maggioranza ha l'aria di essere ex figli dei fiori, ex giovani alternativi degli anni '70, anzi tanti non sembrano proprio “ex”. Conoscenti che si rivedono al concerto per ricordare insieme i tempi andati, o quello che la musica della serata pùò significare per loro.
L'inizio è sorprendente. Thompson marcia fino al microfono suonando l'hurdy gurdy, la Dobkin mantiene un ritmo da marcia con un tamburo a bandoliera, mentre le voci dei tre si uniscono a metà del brano, Sumer is Ecumen In, il più antico canone conosciuto in lingua inglese.
Alle spalle dei musicisti scorrono su schermo immagini di iconografie religiose cristiane di epoca medievale, che non fanno altro che aumentare la suggestione degli ascoltatori. Il viaggio nei mille anni di musica popolare è cominciato. Sul palco, un timpano, una grancassa messa in orizzontale, un rullante e due piatti di diversa misura, con il sostegno di un piano elettrico suonato alternativamente dalla Owen e dalla Dobkin, sono gli unici strumenti pronti a fondersi con la chitarra di Thompson.
E tutti e tre cantano.
“La premessa è che la pop music si manifesta in molteplici forme, attraverso molti secoli, e mentre forme più antiche vengono sostituite, qualche volta il bambino è buttato via con tutta l'acqua della vasca da bagno – grandi idee, melodie, ritmi e stili vengono lasciati nella polvere della storia, perciò diamo un'occhiata a quello che c'è lì dietro e vediamo se funziona ancora”.
A guardare il trasporto del pubblico, per non dire il nostro, il trucco funziona. Da The Lionhearted (1190), scritta in prigione da Re Riccardo I al ritorno dalle crociate e adesso riproposta con uno stile da trobadour, a Remember O Thou Man (1611) di Thomas Ravenscroft e I Live In Trafalgar Square, si passa tra la musica scritta e quella di tradizione orale, un madrigale, una musica da chiesa, un'opera, una canzonetta, una hall song, un canto di lavoro, una ballata narrativa (come una bellissima Oh Shenandoah). Ogni canzone è introdotta da aneddoti, spiegazioni, lettura del testo, e da continui commenti ironici sul repertorio e sul pubblico in sala, offerti, come la scaletta in programma, ad un ritmo sostenuto. E la voce di Thompson si dimostra come il miglior legno: da sempre con solidità serve soprattutto ad elevare i testi, a toccarla con i timpani è un piacere, e migliora con gli anni. Il primo vero assaggio dell'abilità con la sua Lowden è arrivato col ritmo deciso di So Ben Mi Ca Bon Tempo di Orazio Vecchi, compositore modenese del 1550. Si, siamo a Canterbury, e stiamo battendo il piede al Marlowe su un corposo arrangiamento per chitarra e percussioni di una musica di un italiano del tardo-rinascimento – o se vogliamo, “una sorta di Fiona Apple del VI Secolo”, come specifica Thompson.
“Hanno raggiunto l'apoteosi quando sono partite le note di Blackleg Miner, un canto dei minatori di Northumberland. L'esplosione di note-percussioni-voce accompagnate dalle immagini di foto d'epoca di minatori, ha fatto saltare sulle poltrone l'intero pubblico.”
E stessa reazione ha provocato il rock and roll di Wine Spo-Dee-O-Dee (davvero grintosa la Dobkin), preceduto da Java Jive, Julie London (emozionante la calda voce della Owen in Cry Me a River) e Hank Williams con Lonesome Whistle Blow . La memoria musicale del pubblico, il piacere e il divertimento degli spettatori nel riconoscere le canzoni e, anche per i musicisti, di ricordarli nel proprio vissuto raggiungeva il suo picco nel momento dedicato agli anni 60, evidente punto di condivisione musicale di tutte le generazioni rappresentate in quel momento, con The Who, Beatles, e soprattutto The Kinks (“See My Friends” è uno dei pezzi su cui si regge lo spettacolo). Grande ironia viene fatta dal gruppo sulla qualità della musica degli anni 70, con gli Abba con “Money”, a ricordare come mai i musicisti si svegliano presto tutte le mattine, e 80. I temi dell'amore, del lavoro, della morte, del dolore, de continuavano ad essere protagonisti della proposta del trio attraverso un caleidoscopio di lingue e di stili musicali che si fondevano a quelli personali dei musicisti proprio grazie alla loro soprendente versatilità e abilità interpretativa. Eccezionale la conclusione in tre parti: Maneater di Nelly Furtado in versione rock moderno, suonata sull'immagine di una sfera da discoteca che rimanda all'originale, e che lentamente si trasforma in un coro di musica medievale da chiesa in latino, che ripete il tema del ritornello; in francese, antica perfino per il fantasma di Geoffrey Chaucer, Ja Nuls Hom Pris di Re Riccardo I The Lionheart, e infine, un'apprezzata I Wanna Hold your Hand dei Beatles, davvero immancabile se di popular music si vuol parlare. Tutto rigorosamente tra i 3 e i 5 minuti a pezzo, ovviamente.
Alessandro Toffoli
tutte le recensioni
Home - Il Popolo del Blues
NEWSLETTER
|
. |