Quando nella biografia di un’artista nero leggete parole come “avventuroso”,” rischioso”, “selvaggi” iniziate a pensare che ci sono buone probabilità che state avendo a che fare con un ruffiano o un tipo simile. The Soul of John Black, il cui album d’esordio su Delta Groove si chiama Black John ( furbi, no ? !?!), ha l’attitudine del ruffiano infatti. Dice di ispirarsi ai pionieri del blues e del soul ma se lo sentite bene è il prodotto della Los Angeles nera odierna, i nipoti di Watt, gente che si è saputa intrufolare fra le pieghe del sistema.
John Black ha una lunga lista di crediti a proprio favore come passpartou e con quelli ti frega: una composizione (Jilli) nell’album Amndla di Miles Davis, otto anni a pogare con i FishBone e poi su e giù dal palco e fuori e dentro lo studio con Eminem, dr.Drè, Rosey, Joi, Nikka Costa (che non è più la bambina di On My Own ma una blueswoman con le palle!), Bruce Hornsby e Everlast. Da quest’ultimo JB ha preso l’attitudine trasversale di un linguaggio che esca dalle barriere dei generi, una scommessa che non era riuscito a vincere neanche con FishBone, nonostante il bene che l’esperienza insieme a Davis aveva seminato.
Co John Black, The Soul of Black John si mette sul piano di gente come Bobby Womack, Al Green, strizzando l‘occhio al Prince di 1999. A partire dall’incipit ricco di groove di Black John e Betty Jean attraverso Thinking about You fino alla più intensa Puch Into the Night, il musicista miscela soul e blues - soprattutto nelle sezioni strumentali - dimostrando che non solo Lenny Kravitz può vantarsi di certe radici.
Visto che l’etichetta che pubblica l’album è un marchio blues, anche quello non manca : la eco di Muddy Waters e John Lee Hooker nella seconda metà dei sessanta affiora qui e lì mentre un melisma agro alla Al Green raspa e graffia. Certi passaggi ricordano i dischi di Freddy Robinson su Enteprise, prodotti da Monk Higgins con i primi Crusaders a fare da Backin’ Band. Ancor di più appare il fantasma di Johnny”Guitar”Watson e questo non può che far gioire la ol’ skool del fune.
Questo per sottolineare come l’atmosfera generale di The Soul of Black John è e resta chiaramente hip per tutto il disco ( Ever Changin‘ Emotion, il backbeat di Forever che pare uscita da Dixie Chicken dei Little Feat prima di scivolare in un ritornello lussurioso) .
Molta mafia losangelina è stata chiamata a raccolta per queste canzoni, basta leggere bene: Alan Mc Dougal ( Black Crowes, Maroon 5, Macy Gray) alle tastiere, Oliver Charles(Ben Harper) alla batteria, Scott Seiver(inara George) alla batteria pure lui, BillY Botrell(produttore di Sheryl Crow e Shelby lynn) alla seconda chitarra, Shawn Davis(Beck) al basso.
Tutto e tutti servono a JB per costruire una nuova strada e alla fine dell‘album la sensazione è ampiamente di soddisfazione e piacere corporale oltre che sprirituale.In altre parole, si gode!
Senza voler prendersi la briga di annunciare il nuovo che avanza a tutti i costi ed evitando editti diciamo solo che è The Soul Of John Black è un album di Soul Classico per una nuova generazione e che il percorso è trapuntato da buone intenzioni. Vale la pena provarlo, insomma!
Silver Bellyno
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