With a 10 songs collection stripped down to the bone, Whitmore shows his true to life’s attitude
Con quattro album all’attivo e influenze disparate che vanno da Ralph Stanley a Ray Charles, dai Public Enemy, a Doc Watson e Leadbelly, William Elliott Whitmore con il nuovo Animals in the dark percorre l’ultimo tratto della strada dorata per la devozione illimitata. La vita a Montrose, Iowa non è delle più semplici. Nevica anche per 7 mesi l’anno nella contea di Lee e l’unico posto per tenere caldo il cuore è vicino a un camino magari copn un vecchio banjo in mano, a ritir su da qualche polveroso bagaglio storie apparentemente dimenticate, chissà se vere, ma certamente credibili.
La sua ultima tournee con Murder by Death e J. Roddy Walston and the Business hanno generato in William Elliott Withmore certi turbamenti che Animals in The Dark ben riproduce, segno di una mai doma vitalità, quella che tende ancora oggi a riconnettere all’hardcore contemporaneo al punk, al rock pur mantenendo entrambi i piedi nel blues acustico america dell’inizio de ventesimo secolo.
Animals In The Dark è un pugno in faccia alle sicurezza dell’alt. country e del genere americana. Fin dal primo rullare di tamburi della introduttiva Mutiny Whitmore struscia la sua voce cartavetrata sulla patina sporca degli accordi. Dalla dura e disperata Who Stole The Soul al conclusivo gospel quasi solo vocale di A Good Day To Die, Whitmore l’artista del Iowa licenzia un grande album che in solo dieci brani - per lo più musicalmente ridotti all’osso - fortifica l’idea che nella musica d’autore odierna ci sia spazio ancora per grandi canzoni e grandi interpreti se è l’anima e la passione ad avere la meglio.
Silver Bellyno
|
|