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The dictionary of Soul : Sam Cooke live at the Copa
(ABKCO/Universal)


Facciamo un salto indietro al 1962 : J.F.Kennedy era ancora vivo, l’America era in piena guerra fredda, Bob Dylan era una casualità del folk in netta riscossa nazionale, Elvis imperversava al cinema mentre il nostro fiore all’occhiello era Federico Fellini nell’era del boom economico post miracolistico che guardava al mondo delle Nazioni Unite. I primi razzi sfrecciavano sopra le nostre teste e i marziani avevano un post nel prime time televisivo. Che epoca ! E che musica in quei giornI! Sam Cooke era il massimo per la musica nera in via di completa accettazione dal pubblico bianco teenager; Sam era il 1962.Cooke era meglio di chiunque altro, ed erano proprio gli altri a pensarla così.. Ascoltate la ristampa del suo “Live at the Copa”(Universal), uno dei più importanti dischi dal vivo della storia della musica. Questo è un disco pervaso da una freschezza e da una positività difficilmente riscontrabile altrove. Cooke canta con l’anima canzoni popolari ( quindi veramente “pop”), folk songs come “if i had hammer” ed “Hey,man”,e, primo fra i primi, lancia Bob Dylan e la sua “Blowin’in the wind” presso un pubblico così lontano da quello dei folk clubs che il nostro menestrello di Duluth ancora frequentava in quel 1962. Cooke è naturale nella sua esposizione musicale e supernaturale nella espressione vocale, quel “melisma” che lo ha fatto grande è al massimo della sua espressività e le parole si dilatano e si ristringono come mai era stato fino a quel giorno possibile per rendere tangibile l’emozione. L’orchestra, con un giovane Bobby Womack nei ranghi, suona con swing e l’autorevole richiamo orchestrale della big band alle spalle del nostro spedisce Sam Cooke dritto nell’Olimpo come in “Twistin’the night away” inno ai tempi in corso. C’è speranza, fiducia, voglia di scoperta, positività, stile, classe innata oltre ai meriti e alle doti artistiche di Sam. “Sam Cooke live at the Copa” è uno di quei dischi che si tende a dimenticare e la serie di ristampe Universal non potevano essere più appropriate. Con “ Live at the Apollo” di James Brown, l’esibizione di Monterey di Otis Redding e il “live at the Fillmore West” di Aretha Franklin , questo è il top della musica immortale secolare del novecento interpretata da un nero raccolta in un disco dal vivo. E il termine usato da Redding qualche anno dopo per spiegare il “melisma” –“the dictionary of soul” – non può essere più che appropriato per formalizzare questa spettacolare e storica prova di Sam Cooke.

Ernesto de Pascale

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