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Eco dall’era del progressive

Molto, molto prima che Kurt Cobain rendesse celebre con i suoi Nirvana l’alternative rock degli anni Novanta, un'altra band, stesso nome e caratteristiche opposte, aveva già inserito negli annali del rock il suo piccolo capitolo di storia. Siamo nei tardi anni Sessanta quando Patrick Campbell-Lyons, irlandese d’origine e con una pregressa, credibile esperienza con i Second Thought sulle scene del Rythm&Blues londinese, e George Alex Spyropoulos, greco ma di stanza in Inghilterra, si incontrano in un caffè e danno origine al nucleo dei Nirvana. Gli sforzi per conquistare il proprio spazio nell’evolvente scena musicale inglese serviranno a poco. I Nirvana non vedono mai realizzata l’ambizione di diventare un gruppo da classifica, legando il loro nome ad un fenomeno per soli appassionati. L’opera di ristampa del loro catalogo da parte della Universal rende oggi giustizia all’impegno della band, minore sì a confronto con i giganti loro contemporanei, ma non certo priva di considerazione.

The Story of Simon Simopath (1967)

Il primo capitolo discografico della band è anche uno dei primi e meno noti esempi di concept album della storia. Nonostante questo, non è l’essere legato ad un filo narrativo a conferire spessore all’album. La trama è la storia fantascientifica e infantile del giovane Simon, che estraneo al resto del mondo sogna di volare lontano in cerca d’ amore. Le tracce, all’atto pratico, sono collegate fra loro solo dal forzato nesso concettuale, e non c’è niente che assicuri una solida omogeneità al lavoro. Ma fallito il tentativo di mettere insieme un concept album, resta comunque la buona musica. The Story of Simon Simopath è il frutto del desiderio di mixare insieme psichedelia, pop, neonato progressive e arrangiamenti orchestrali, dando luogo a brani legati alla forma canzone e al linguaggio del pop ma con interessanti intuizioni melodiche e un utilizzo della strumentazione che impiega archi e arrangiamenti classicheggianti ( e qui si avverte l’eco di ciò che più o meno in contemporanea facevano i Moody Blues di Day of Future Passed). La formazione è ufficialmente a due ma si estende per la realizzazione dell’album a un gruppo di sei, e dà in “Pentecoste Hotel” la migliore prova di sé.


All Of Us (1968)

Il tentativo di scalare le classifiche questa volta si concretizza con la trentaquattresima posizione in classifica e il successo europeo di “Rainbow Chaser” , primo singolo lanciato dopo The Story of Simon Simopath. Ad esso seguono “Girl in the park” e “All of us”, che con “Tiny Goddess”(uno dei loro primi singoli) e alcune nuove tracce vanno a comporre il secondo lp della band. Con All Of Us siamo di nuovo di fronte alla combinazione di canzoni pop e arrangiamenti orchestrali, con il primo dei due aspetti che si mette in evidenza più che in passato. “Girl in the park”, Tiny Goddess”, Miami Masquerade” sono brani che per la struttura e l’andamento rimandano ai Beatles. Le sonorità psichedeliche e le influenze prog ( “The Show must go on” , “You can try it”) non restano indietro, anzi, trovano una loro più precisa definizione, ma hanno difficoltà ad inserirsi in un album dove quattro delle dodici tracce sono canzoni complete, singoli da classifica. Questo è forse l’unico freno che impedisce all’album di decollare come entità complessiva, pur non andando certo ad intaccarne i buoni contenuti.


Dedicated to Markos III (recorded in 1969)

Il terzo album vede sfumare definitivamente le speranze della band di affermarsi sulla scena musicale inglese. Come tanto a favore aveva giocato il fatto che Chris Blackwell avesse offerto loro un contratto quando tutti dicevano di no, ora il suo abbandono e rifiuto di pubblicare l’album per la Island lascia il gruppo smarrito e senza riferimenti. Campbell-Lyons e Spyropoulos raccolgono qualche soldo da Markos III (lo zio greco di Alex…?) e portano a termine il progetto da soli. Ma la Metromedia, etichetta americana con cui avevano arrangiato un contratto, fallisce alle soglie del lancio inglese dell’album, concesso in licenza alla Pye. Alex torna in Grecia, Patrick diventa talent scout e produttore per la Vertigo (etichetta madre del prog inglese) e riassembla nel tempo una formazione con cui porterà avanti, con altre uscite discografiche, lo spirito dei Nirvana. L’album, questa volta più melodico, con una consistente parte di canzoni e dove gli arrangiamenti strumentali sono più in evidenza dei contenuti, resta nella sua stampa originale solo un bene prezioso per i collezionisti. La Universal lo ha ristampato in versione originale, senza bonus tracks, restituendo ad esso quella parte di storia che la definitiva rottura del nucleo originario dei Nirvana a suo tempo ha interrotto qui.


Giulia Nuti

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