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Brian Wilson – Smile
(Nonesuch)



Sentire dischi come questo ti riempie davvero il cuore di gioia. Ormai veniva quasi da rinunciarci, dopo oltre trentasette anni dal giorno in cui è stato cominciato il progetto, e invece Smile è finalmente arrivato. Cominciato nella lontana estate del 1966 da Brian Wilson come giusto seguito per il capolavoro dei Beach Boys Pet Sounds, nonostante la valida collaborazione con Van Dyke Parks l’album non è mai giunto fino alla pubblicazione ed è rimasto in sospeso tutto questo tempo come uno dei più attesi della storia della musica. Per degli anni Smile è rimasto solo un progetto utopistico, a detta dello stesso Wilson che non ha mai dato eclatanti dimostrazioni di volerlo recuperare o portare a termine, mentre il mondo intorno già cominciava a fiutare, con la pubblicazione nell’album dei Beach Boys 20-20 di alcuni dei brani registrati per Smile, la portata del materiale che si nascondeva dietro questo progetto mai finito. Poi, nel 2003, la svolta. Gli autori di Smile sono tornati in studio e hanno cominciato a lavorare nuovamente al disco, nello stesso studio (Studio One a Sunset Sound a Hollywood) in cui in parte lavorarono allora, ricercando la stessa strumentazione e materiale da studio vintage di allora. Smile è un balzo indietro nel tempo pazzesco. Si respira un’aria che sa dell’atmosfera di trent’anni fa. L’album era stato pensato con la voglia di trovare un concorrente valido e veramente americano alla musica inglese dell’epoca. Ed è, e sarebbe stato allora, semplicemente un capolavoro. E’ curioso aver pensato per tanto tempo che l’album migliore dei Beach Boys (e di Brian Wilson) fosse Pet Sounds e trovarsi ora davanti questo incredibile incastro di voci, arrangiamenti, timbri. A quanto pare non si sa mai quando arriva il giorno del capolavoro della propria vita, forse può volerci una vita intera per poi sorprenderti felicemente alle spalle come Smile. Se qualcos’altro oltre la musica c’è da dire di quest’album, è che è senz’altro un disco da comprare e da avere, perché è arrivato per ultimo, ma è andato direttamente ad infilarsi ai cardini della discografia di Brian Wilson.

Giulia Nuti



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