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The Manhattan Transfer - Vibrate
Telarc



Da ascoltatori affezionati dei Manhattan Transfer ci attendevamo da tempo un nuovo album in studio del quartetto. L'ultimo in ordine di tempo era dedicato a Louis Armstrong (Spirit of St.Louis, 2000) ma nonostante la consolidata bravura della formazione era sembrata un'esercitazione accademica nei binari della gradevolezza. Mancava in sostanza un'atmosfera magica (musicalmente parlando) così come in Tonin' (1995) e Swing (1997). L'ascolto dei questi album e di quello citato prima era d'altra parte condizionato da ciò che i Manhattan Trasfer ci avevano regalato in tempi ormai lontani, specialmente in Vocalese (1985) e nel coraggioso e pluripremiato The Offbeat of Avenues (1992). Con questo stato d'animo ci siamo avvicinati a Vibrate, il secondo prodotto stampato dalla Telarc dopo il live It Couldn't Be Hotter. Va detto subito che le voci devono forzatamente scendere a patto con il tempo che passa, ma finalmente ritroviamo una selezione di pezzi diversi dallo swing che ha imperato negli ultimi anni della produzione del gruppo. The New JuJu Man (Tutu) e Doodlin' ci riportano a vecchi fasti grazie alle liriche di Jon Hendricks, così come The Twelth dallo splendido arrangiamento. Una caratteristica di tanti momenti del disco, grazie anche al lavoro del fidato Yaron Gershovsky: Vibrate e lo standard Embraceable You sono arricchite dal quartetto d'archi, tante percussioni a suono determinato fanno bella First Ascent. Ma affascinano anche alcuni brani totalmente diversi fra loro come le versioni di Modinha (Corte of Sound) perla poco conosciuta di Vinicius e Jobim e Feel Flows dei Beach Boys. Non sappiamo se è merito dell'etichetta, ma ci sembra questa la strada giusta per i Manhattan Transfer del duemila per continuare a godere della loro professionalità bilanciando la scelta giusta di repertorio con la ricerca che li ha contraddistinti nei momenti migliori.

Michele Manzotti


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