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Santana - All That i am
ANTEPRIMA
Santana - All That i am
(Sony/Bmg)
www.santana.com
More contributions from the stars of R&B for his hittest album since “Supernatural”. Picante!
In “All that i am” Santana ripete la formula vincente di “Supernatural” : decine di ospiti per accontentare un pubblico vasto e penetrare più a fondo tra le maglie di un nuovo mercato a cui, a tutti gli effetti, non appartiene. Chi conosce Santana, prima ancora hce la sua musica, sa però che Carlos è un signor opportunista e che il suo ego, nascosto dietro messaggio amore - spiritualità, è inappagabile.
Le intenzioni restano le migliori: la fusione del suo personale latin - rock e dei suoi inconfondibili intossicanti grooves con il genere hip hop potrebbe davvero creare un nuovo sotto insieme musicale nel futuro. Peccato, piuttosto, che non si vedano all’orizzonte chitarristi con il suo tocco!.
Per portare, però, avanti la progettualità, ed è questo che dispiace, Carlos si ritaglia un ruolo da comprimario, dando un calcio al suo miglior passato, in nome della canzone da classifica.
Qui di top ten ce ne sono molte: “i’m feeling you” cantata da Michelle Branch, voce spumeggiante che infonde serenità, una scoperta di Santana e dell’anziano Clive Davis, il discografico a cui il ragazzo di Mission Street, San Francisco, deve tutto. In “Just Feel Better” Steven Tyler di Aereosmith infonde passione mentre “Brown Skin Girl” con Bo Dice è espressamente pensata per il mercato dei video e funziona alla perfezione. Si lavora con maggiore attenzione e finezza in “Twisted”, un mezzo tempo in cui svetta la bella voce soul di Anthony Hamilton mentre nella precedente “Con Santana“ appare Toure Kunda, astro della musica africana. La sua partecipazione, per motivi a noi non conosciuti, non appare sulla copertina.
“All that i am” sarà un disco che riscuoterà vasto successo. CI sono le hit e la spinta è giusta, è un ritorno di forma. Prima di risuonare il disco passate però in rassegna il libretto: vi accorgerete che Carlos di 13 brani ne firma solo cinque. Guardate bene e vi accorgerete che quei cinque sono quelli senza gli ospiti: “Hermes” brano d’apertura del disco che rinverdisce i fasti degli anni settanta, ”El Fuego”, la citata “Con Santana”, “Trinity”, intensissima, in cui svetta la lap steel guitar del giovane Robert Randolph capace di interpretare le istanze musicale di Carlos alla perfezione e la conclusiva “Da Tu Amor”, caldissima conclusione.
Viene da pensare che Carlos Santana abbia venduto la chitarra al diavolo pur di restare incollato alle classifiche!. E che pur di svettare alto nelle top ten, debba sottostare alla dura e rigorosa legge dei pezzi “forti” a tutti i costi, brani scritti con la mano e l’arte del sarto che vende a tutto il mondo dal proprio atelier industriale.
Provate a riversare i cinque brani su citati uno dietro l’altro su un cd e avrete un album dal suono completamente differente, un Carlos più vicino agli anni settanta che al contemporary latin Ryhtm & Blues cui oramai secondo l’industria discografica - appartiene di diritto come padre spirituale.
Ecco scoperto l’arcano che vi offriamo come spunto di riflessione.
Incredibile a dirsi ma “All that i am“ è perciò (quasi) due dischi in uno e nessuno dei due brutto.
Il titolo del disco, “All that i am“, pare allora prendere un significato diverso: Carlos come direbbe Zavattini è ciò che può prima di essere ciò che è e agli occhi del suo pubblico l’idea della famiglia unita dalla musica, dove tutto sembra e niente è, funziona fino a che qualcuno non va a scoprire gli altarini (dove è finito il fratello, per anni suo braccio destro?).
Tutto bene, quindi, se prenderete “All that i am” per ciò che vuol far sembrare. E’ bene però essere consapevoli che un disco destinato a un successo sfacciato è il risultato di lunghe e dolorosi compromessi.
Ernesto de Pascale
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