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MINIERE DI CARBONE E CHIARI DI LUNA
Steve Earle - Le rose della colpa
Meridiano Zero, 2005
www.steveearle.com
www.meridianozero.it
Hai per le mani un recente lavoro del grande songwriter Steve Earle, quel Doghouses roses uscito la prima volta nel 2001 e adesso in traduzione italiana per Meridiano Zero. Stavolta puoi sentire la sua voce senza l’accompagnamento di una support crew, segui la sua voce nuda e cruda modulare le storie degli undici racconti contenuti nel libro.Alla fine riconoscerai scenari e personaggi come anche fascino e grinta delle sue canzoni migliori. Se spesso le canzoni di Steve Earle hanno le caratteristiche di racconti brevi, i suoi racconti sembrano canzoni. Non c’è dubbio che sia la stessa anima a guidare il musicista di sempre e l’odierno narratore, nonostante che è stato osservato lo scrittore sembri rimanere indietro per mancanza di una forte guida narrativa.Ma ciò che conta, casomai, è proprio l’autenticità della narrazione e la sua fedeltà alle situazioni.
Steve Earle è una delle maggiori voci del panorama folk-rock statunitense, voce capace di testimoniare il suo paese da un’angolazione differente esemplificandone contraddizioni e debolezze. Ha fatto scalpore nel 2002 il suo album ‘Jerusalem’ per il brano ‘Johnny walker’s blues’, dedicato all’americano combattente per i talebani in Afghanistan. Come dire che dai suoi esordi fino a oggi Steve Earle non ha mai mancato la sua fama di contestatore, di outsider in perenne viaggio su confini pericolosi non ultimo agli inizi degli anni ’90 il suo periodo più cupo a causa della dipendenza dall’eroina, lui in carcere e le sue chitarre al monte dei pegni.In effetti, gran parte de Le rose della colpa sembra basarsi sull’esistenza di Earle, di poco alterata e nella miglior tradizione dei songwriters compagni d’elezione per Springsteen e Dylan. Questi racconti ti narrano di un’America dislocata fra Texas, California del sud, Nashville e dintorni,un’America popolata di emarginati e musicisti, vagabondi e tossici,autostoppisti e contrabbandieri, anime bellissime e perdenti;quasi ogni personaggio si trova lontano da casa sua, anche se questo significa vivere in una parte differente della città rispetto a quella dove si è nati. È l’America piena di controsensi in bilico fra sbagli giudiziari e onorabilità borghese, l’America dei grandi spazi- intercapedine fra le città platinate dei tabloid. L’America ascoltata da Steve Earle che la rappresenta così come è, senza consolazioni alcune e che non consola affatto. Ti puoi solo immaginare una voce roca che parla con echi rock e blues dal backstage, mentre gli accenni country sono tutti racchiusi nel bellissimo ‘Billy the Kid’, affresco a tutto tondo di Nashville e della sua atmosfera attraverso vita e morte di un promettente singer.Fra miniere di carbone e chiari di luna si muove un’umanità che rischia tutto, personaggi sotterranei che si muovono rapidi ma vedono “il mondo intorno a loro come al rallentatore”.
Elisabetta Beneforti
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