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Charlie Haden Liberation Music Orchestra- Not in our name
(Verve)
www.universalmusic.com
Intimate and introspective setting for the return of the great Liberation Music orchestra by Haden and Bley
Nata nel 1968 da una idea di Charlie Haden con l’arrangiatrice Carla Bley trona oggi nel nome dello stesso rigore e senso di giustizia sociale, morale e civica che volle già allora rappresentare con il suo jazz rauco e dalle tinte folk, popolari.
Tutto bene sul versante dei contenuti, quindi. Niente di nuovo sotto il sole sul versante musicale, invece. La musica originale, anche a buona ragione bisogna ammettere, ripercorre i temi della prima Liberation orchestra con toni intimi, a volte cameristici, e una propensione per l’introspezione e spicca per coesione pur non aggiungendo niente di nuovo alla carriera d’autori di Charlie e Carla. Quando, invece, Haden e la Bley scelgono musiche di altri autori vagano in molte direzioni, attingendo dal David Bowie di “this is not America” fino al “largo” della sinfonia del nuovo mondo di Dvorak o alla chiusura cameristica con l’adagio di Samuel Barber.
“Not in our home” mantiene un tono agrodolce quieto e bluesistico nel suo insieme lì dove, a un ascolto più attento, pare si sia calcato la mano sul ripescaggio di certo moduli del primo disco della Liberation Music Orchestra. Onore a Haden ed alla Bley per aver riunito una formazione di musicisti così motivati e per il coraggio di continuare a crederci. Fra i solisti eccellono Curtis Fowlkes al trombone, Michael Rodriguez alla tromba, Miguel Zenon al sax alto ( in “troughout” di Bill Frisell) mentre la chitarra classica di Steve Cardenas conferisce un valore folklorico all’intera raccolta.
Di certo le cose del mondo non spingono la Bley ad arrangiamenti spumeggianti né Haden a tema frizzanti!, una lunga e soddisfacente carriera fa, però, la sua parte, nel bene e nel male, nel mestiere e nello stile, nel rigore e nella routine e influenza l’andamento dell’intero album.
Ottimo, in definitiva, aver ripescato il nome e il logo della gloriosa orchestra e chissà che quest’album non risvegli nei più giovani la voglia di scoprire cosa fu quel mitico ensemble, che resta, però, ineguagliabile.
Ernesto de Pascale
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