. |
My Morning Jacket Z
(Ato)
www.mymorningjacket.com
www.allairestudio.com
Ascetic fourth album by America’s americana next big thing. Sad, mysterious, dance music
Ora o mai più per i My Morning Jacket che con “Z” si giocano le loro migliori carte in un disco dinamico ed emotivo che ricorda, per la storia che lo accompagna sin dalla gestazione, e che lo rende già leggendario ancor prima del primo ascolto, ”The Deserter’s songs” dei Mercury Rev.
Con quella formazione che proprio al quarto album sfondò, My Morning Jacket spartisce, infatti, molte analogie, dalle epiche sonorità fino ai luoghi in cui i rispettivi ultimi dischi sono stati concepiti, le Woodstock Mountains, Upstate New York, lo straordinario All Aire Studio.
“Z” è un disco di rock dai toni arcani e dai mille sapori: vi appare e scompare The Band, una fusione gotica di rock (i sette minuti di chitarre di “Lay low”), country, folk, soul( “knot comes loose”), gli antichi carousel vaudeville a tempo di valzer(“into the woods”).
My Morning non cela l’orgoglio di appartenere a un nuovo sound of south che la banda del Kentucky interpreta con una freschezza poche volte ascoltata (rinforzata da due importanti cambi nella formazione, proprio come accade ai Mercury Rev prima del quarto disco).
Il quintetto infonde solennità anche a quei passaggi in cui il cantante Jim Jaimes urla il suo verbo come forsennato predicatore dal suo pulpito a quanti chiedono una nuova fede, una nuova compassione(“Gideon” con echi di Who’s Next, Simple Minds, U2. Più difficile a dirsi che a riconoscere già al primo ascolto!).
L’insieme è un magico ed inspiegabile amalgama che sarebbe piaciuto tanto ai produttori di una volta: a Phil Spector per la smerigliata cura, a Jack Nitzche per l’elegiaco stato d’animo, a Guy Stevens per il groove rock.
Non è un caso, infatti, che il gruppo, per la prima volta in quattro dischi si sia affidato a un produttore di comprovata fiducia, stima e abilità, John Lockie, uomo ben più anziano di loro, il quale, lontano dalle logiche del gruppo ha solo aggiunto, senza niente togliere
Per la formazione di Louisville che così spesso si è sentita lontana da tutti, lontana dal mondo, dalla globalità, dal successo, “Z” è l’album che potrebbe finalmente convincerci che il loro mondo a parte è migliore del nostro.
Lasciatevi trasportare nel loro mondo. Non vorrete tornare più indietro.
Ernesto de Pascale
tutte le recensioni
Home - Il Popolo del Blues
NEWSLETTER
|
. |