A good anthology of Joe Boyd's early production, strictly related to his book whith the same title. To listen after having read the very interesting pages about an important period for developing of rock music

Non si può parlare di questo disco senza ricordare la recensione del libro che porta lo stesso nome e che il nostro sito ha pubblicato in anteprima italiana (maggio 2006) e l'intervista del mese successivo. Questo disco è una sorta di appendice, ma al tempo stesso non possiamo non segnalare la sua presenza anche perché i brani compresi in questa antologia non solo fanno parte della storia artistica di Boyd ma di quella del rock, del folk-rock e della musica acustica. Inoltre sono brani di artisti che molti lettori del Popolo del Blues conoscono bene. “Fare musica negli anni '60” è il sottotitolo del libro e del Cd che è accompagnato da un booklet tanto curato graficamente quanto con i contenuti curati dallo stesso Boyd. Quindi per ogni brano (e anche per ogni album da cui è stato tratto) c'è una sintetica quanto accurata spiegazione. E ci sono momenti di riflessione importanti di cui Boyd ci fa partecipi: come nel caso dei due brani di Nick Drake in cui parla di bei momenti di lavoro, o in quello i cui riuscì a bloccare Vashti Bunyan, che viveva da hippy, e farle incidere un intero album, o quando parla dei Pink Floyd con Syd Barret e gli anni dell'Ufo, club storico di Londra. E poi le scoperte come quelle di Sandy Denny con i Fairport e l'esperimento Fotheringay, e quella di Nico. Un disco con altri bei nomi e bei momenti musicali. Grazie, Joe.

Michele Manzotti