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INTERVIEW

Incontro con George Martin

Pregi di vivere bella città di Michelangelo. Scoprire così che Sir George Martin è ospite speciale di un super esclusivo club che ha sede in uno dei più prestigiosi palazzi della Firenze medicea e non saperlo nemmeno se non fosse per l‘attenta e solerte premura di chi riconosce ancora al mestiere del giornalista musicale un suo ruolo.


Eccomi così faccia a faccia con una icona del nostro tempo, l‘uomo che letteralmente inventato il termine produzione nella musica pop, con buona pace di molti.

«I Beatles? La prima volta che lo ho sentiti ero tutt’altro che entusiasta. La mia stessa segretaria li considerava “rubbish”, spazzatura. Dissi di no al loro manager Brian Epstein che aveva chiesto un appuntamento con me. Accusò il colpo, ma non si perse d'animo è insistette fino a che non concessi loro un’ora negli studi di Abbey Road. Le canzoni erano abbastanza elementari (la migliore era Love me Do, e One After 909 era accettabile), ma loro avevano tanto charme e carisma da vendere. Così decisi di rischiare e feci un contratto che per loro non era poi così vantaggioso». 

Lei ha usato molta tecnologia negli album che ha prodotto. Cosa pensa della tecnologia di oggi?

 «Che deve essere un mezzo, ma non il fine della vita o di una creazione artistica. Vedo i miei nipoti che sono sempre davanti a uno schermo, e la possibilità attuali di applicazioni sono molto alte. Ma senza un’idea, un pensiero forte, la tecnologia non basta da sola».
Eppure in studio di registrazione ne ha sempre fatto uso...
«Frequento gli studi dagli anni ’50, e tante volte usavamo mezzi artigianali per lavorare, a partire dalle forbici che servivano per tagliare i nastri. D'altra parte anche nei film di 007 per i quali ho scritto le musiche, James Bond si butta nel vuoto pur non facendolo realmente e questo grazie alla tecnologia. Alla base di tutto però ci deve essere un progetto che funzioni, e questo valeva ieri come vale oggi».

 Proprio in questi giorni è stato lanciato un videogioco con i Beatles..
«C’era mio figlio John in America che stava curando la promozione e che ha curato la parte musicale del gioco, ne ho parlato con lui proprio ieri e ci siamo anche consulatti con Paul pochi giorni fa».

 Cosa ascolta adesso George Martin?

 «Principalmente preferisco la musica classica, dato che il mio udito non è più quello di una volta. E questo nonostante faccia parte dalla Rock’n’roll Hall of Fame, quindi qualcuno forse non sarà contento...».

 A questo proposito, la «Pepperland Suite» dal film di animazione «Yellow Submarine» con i Beatles è un vero e proprio brano classico. Lo compose in precedenza o seguendo le immagini?

 «Rispetto ai periodi classici di lavorazione dei film avevamo pochissimo tempo (un anno) e un budget limitato. Il regista mi aveva fornito alcuni fotogrammi e la sceneggiatura, mentre di solito si lavora guardando le immagini per sincronizzare le note. Era assolutamente sicuro che sarebbe stato difficile completare sia il film sia la musica. Mi misi al lavoro e nonostante le difficoltà, tutto è andato nel verso giusto. Così come nel caso delle 15 colonne sonore che ho scritto
Il suo album «In My Life», uscito qualche anno fa, sembra quasi un autoritratto...
«Giungi a un punto nella vita che pensi “questo sarà (forse) il mio ultimo lavoro. Volevo quindi fare un album davvero mio, con brani dei Beatles, senza costrizioni e con artisti che stimavo, i miei ‘friends and heroes’ (amici ed eroi). Ricordo Robin Williams che ha voluto con sé l'eccezionale musicista Bobby McFerrin, Goldie Hawn che aveva interpretato sempre film leggeri e che io considero una cantante eccezionale al pari di Dolly Parton se non superiore, Sean Connery che ha recitato In My Life. L'unica cosa che volevo da tutti era l'esclusiva per questo lavoro, solo Celine Dion non l'ha fatto. Ma d'altra parte aveva venduto milioni di dischi contro le centomila circa di “In My Life”». 

Parliamo di Sgt. Pepper's, ci racconta un episodio?

«Ricordo il fatto di non poter sfruttare due brani eccezionali: “Strawberry Fields Forever” scritta da John e “Penny Lane” scritta da Paul per l‘album. Una combinazione irripetibile. Solo che il 45 giri che doveva poi lanciare l'album arrivò “solo” al secondo posto e le canzoni non furono considerate adatte a essere inserite nel disco. Ci fermò Engelbert Humperdink».

Vede ancora Paul e Ringo? 

«Ho cenato con loro due settimane fa. Vedo spesso anche Olivia Harrison e Yoko Ono. D’altra parte sono quasi 50 anni che siamo amici»

Mi può ricordare brevemente la figura dell‘uomo che le “rubò il posto negli ultimi giorni dei Beatles, Phil Spector ?

Fu uno dei momenti più imbarazzanti della mia carriera. Sicuramente più di quando Peter Sellers tentò di palpare Sofia Loren durante il take vocale “buono” di Good Graciousness Me. Io ero ancora un uomo EMI e il supervisore di tutto pur avendo a quel punto i Beatles la loro Apple record. Stare lì e non poter fare nulla e vedere distruggere quello che - in qualche modo anche io - avevamo creato mi lascò a lungo con l’amaro in  bocca. Infatti non ho mai fatto segreto a tutti e quattro che il loro materiale da solista pochissime volte è all’altezza di quello come gruppo.

Eppure lei produsse ancora Paul, come i Live And Let Die …

Forse una delle mie migliori produzioni insieme a Blow By Blow di Jeff Beck. Originariamente doveva cantarla Aaron Neville. Infatti, The Meters furono la band che suonò al party del lancio del disco

Un ultima domanda: cosa ci dobbiamo attendere dalla serie remaster dei Beatles ?

I Beatles come non li avete mai ascoltati e finalmente giustizia per alcune delle più belle canzoni del ventesimo secolo con, finalmente in primo piano, raffinatezze che l’analogico non ci dava modo di restituire. E ve lo dice uno che tornerebbe volentieri al vinile. 

Mi piace anche far sapere a tutti che nello stesso mese la Emi pubblicherà una serie di grandi concerti di musica classica, spesso prime esecuzioni, tutti registrati dal sottoscritto e rimasterizzati con lo stesso principio dei Beatles e da me scelti nel immenso catalogo dell’etichetta inglese, risalenti agli anni cinquanta.

Morirà la discografia ?

È già morta, la tengono solo in vita. Ma la musica non morirà mai, specialmente quella buona!

E mi allunga un cocktail Martini per brindare insieme.


Ernesto de Pascale

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