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The Green Man Festival 2011 La valle del Glasnusk Estate, i cui confini sono disegnati da una parte dal fiume Usk e dall’altra dalle Black Mountains, ha ospitato, come di consueto, l’ottava edizione del Green Man Festival, ormai il più noto ed acclamato tra i “medium size festival”. L’edizione 2011 ha confermato la sua serie positriva di sold out proprio durante la stagione in cui da più parti si era gridato alla crisi (Glastonbury 2011 con un 40% di biglietti invenduti ne era una prova) confermando, inoltre, quanto sottolineato dal Popolo del Blues nella recensione dell’edizione 2010: miglior organizzazione, nessuna voglia di strafare (limite massimo di 11mila biglietti) ma soprattutto l’intenzione di porsi quale stabile punto di riferimento nel mondo dell’alternative music, indie folk e psichedelica. Missione compiuta quindi? Non proprio. La forbice che vede da una parte, sul palco del main stage, la presenza rassicurante dei gruppi mainstream e dall’altra, al piccolo palco del green man pub, la presenza di giovani artisti alcuni dei quali senza alcun contratto, sembra aprirsi sempre di più, edizione dopo edizione, al punto tale che la fotografia del mondo musicale presentato al GMF appare sempre più sgranata e sempre meno compatta. Mai disperare però, nella valle di Brecon! Da segnalare gli Other Lives (PIAS Records), bel progetto di “chamber folk” che riesce, senza mai annoiare, a scivolare tra richiami ad Echo & Bunnyemen e le tensioni dei The National mai dimenticando, tuttavia, di provenire da una terra come l’Oklahoma. Meno affascinante nei richiami ma sicuramente più immediato e coinvolgente è stato invece il set di Wibidi (Strangetown Records) band di Cardiff capitanata da Rashid Omar aka Wibidee, una band dal suono furbo, compatto e dalla chiara matrice funky che ha fatto saltare più di una persona all’interno del Far Out Stage. Avreste mai ritenuto credibile una surf Band nata proprio nel bel mezzo del Galles? Provate ad ascoltare Y Niwl (Aderyn Papur), divertentissimo esperimento a metà tra il surf pop ed il garage punk , e vi ricrederete. Un’ora scarsa di show che ha scatenato tutti coloro presenti nell’area del Green Man Pub: un’esplosione di abiti rinascimentali, bizzarri copricapi e improponibili e coloratissime acconciature che si è ritrovata a ballare il surf come se le rive del fiume Usk fossero quelle del Pacifico! Bella la conferma arrivata dai The Leisure Society (Full Time Hobby) che hanno portato sul palco il loro show, un gioiello di equilibri paragonabile al meccanismo di qualche antico, rarissimo e pregiato orologio, o anche uno di quegli antichi carillon il cui meccanismo e la cui sincronia è capace di ipnotizzarti per ore e lasciarti lì con una espressione di gioia e di estasi stampata sul volto. La loro musica, quel loro folk pop con un impasto sonoro e vocale che è già un marchio di fabbrica, suona così suntuoso da far non credere si tratti di una band che ha appena messo fuori il loro secondo album. Giovani, frizzanti , entusiasti ed acclamati dal pubblico sono invece i Noah And The Whale (Mercury) che, ormai abituati a viaggiare senza la presenza di Laura Marling, vengono sempre di più guidati dal carisma e dal songwriting di Charlie Fink: giovani, attuali, bravi, svelti e suonano anche bene! Il loro live act, per forza di cose costretto nei tempi di un ‘esibizione da festival, ha ripercorso tutti i successi del gruppo riproponendoli come le vere star dell’edizione 2011 del GMF Nel 2009 eravamo rimasti affascinati da tanta energia ma ad essere sinceri lo show dei She Keeps Bees (Names Records) ci ha un po’ lasciato interdetti: l’essersi presentati con una Band li ha in qualche modo avvicinati di più al canone e li ha allontanati da quella asciutta ed urbana originalità che tanto ci aveva precedentemente colpiti e ci ha fatto rimpiangere lo show reso in duo. Era di sicuro la più attesa e forse anche la più corteggiata dalle case discografiche più importanti e Ellen & The Escapades (Branch Out Records) non si è fatta attendere e non ha deluso le aspettative. Di ritorno da un tour completamente andato sold out per promuovere il loro EP autoprodotto, non poteva esserci ritorno migliore se non al Green Man Festival: da tenere d’occhio! Più di un milione di contatti e di ascolti su MySpace e nessun contratto discografico all’attivo: ecco il biglietto da visita di Marcus Foster, giovane americano con nobili influenze a metà tra Van Morrison ed il primo Springsteen. Un momento particolare di attenzione va dato allo show dei Low Anthem (Bella Union): difficilmente di questi tempi è possibile assistere ad uno concerto così onirico, spettrale, arido, polveroso e metafisico. Quando la musica riesce a sospendersi dal suolo ed a restare ferma a mezz’aria. Quando la semplicità delle armonie è tale da divenire disarmante bellezza . Quando le atmosfere rurali americane diventano oniriche, assurgono ad estasi e diventano quasi religiose. Ecco cosa è oggi lo spettacolo offerto dai Low Anthem. Cavalcando l’onda di un cd che da ogni parte è osannato come il miglior lavoro del 2011, i Fleet Foxes hanno infiammato la valle del GMF ammaliando le folla con le note di un folk pop maturo che non scade nel “già sentito” ma che si poggia leggermente su di un velo di psichedelia sempre presente. Samuel Bean aka Iron & Wine ha infine concluso l’edizione 2011 del festival. Ed è stato un gran bel finire: questo signore sa come scrivere canzoni ma ha dimostrato di saperle anche presentare dal vivo con una band che in alcuni tratti sembrava stesse quasi per sconfinare in una gradevole e certo non leziosa deriva jam. Le canzoni degli Iron & Wine hanno la grandezza delle canzoni che hanno fatto la storia della musica, sono dotate di quel lirismo che dal vivo si trasforma in epicità e che ti fa capire ed apprezzare la differenza di caratura con quanti magari in quella stessa cornice hanno ancora il dono/limite dell’acerbo. Le loro note hanno così cullato gli spettatori nell’ultima delle tre serate del festival lasciandoli sereni, placidi nella magica visione notturna del parco illuminato dall’ultimo grande falò. Felici. Cosa dire infine? La musica muove ancora la gente e questo non può far altro che piacere e ben sperare nel futuro di noi tutti. La certezza che ne esce rafforzata dalla edizione 2011 del Green Man Festival è che il panorama della musica indie sta velocemente cambiando e con esso anche le sue direttrici principali. Gli alfieri di una musica che ha rinnovato e rinnova tuttora il panorama mondiale sono ormai gruppi da decine di migliaia di spettatori. Riuscirà tutto questo a non finire in un quieto, tiepido e sciapito mainstream? Di certo, di fronte alla massa di uomini donne e bambini che lentamente si incamminavano verso l’area campeggio dopo l’ultimo concerto del festival, il cuore si gonfia di speranza e la considerazione che su tutte ci muoveva e ci muove è che per certe cose non serve saperne poi tanto o addirittura “studiare”: per godere di cose come questa ci vuole quella che qualcuno chiamava attitudine. Fin quando ci sarà quella, ci saranno ancora serate come queste che vi stiamo raccontando. Tutto il resto vien da sé. Con la certezza che ancora una volta music will keep us together.
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