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Live in the studios
Howlin’ Wolf, The London Howlin’ Wolf Sessions
(Chess/Universal, 1971-2002)


Nel 1970 il produttore Norman Dayron si prende l’impegno di far volare oltre oceano, verso l’Inghilterra, il già malato veterano del blues Howlin’Wolf, una delle figure principali nella storia di questo genere musicale, per realizzare un album con alcuni dei più importanti musicisti rock inglesi del momento, tutti altamente influenzati dal blues di Chicago. Sulla carta niente di sicuro, un Eric Clapton incaricato di mettere insieme la band per le “London Sessions”, un Howlin’ Wolf ostile verso i musicisti europei dal canto loro intimoriti dal guru del blues, un primo giorno agli Olympic Studios dove niente funziona come previsto. Ma una volta rotto il ghiaccio, quando i musicisti cominciano a comunicare fra di loro e ognuno porta in studio il proprio contributo, le cose cominciano a funzionare, e il resto è solo la storia di uno degli album di maggior successo della Chess Records. Alla sezione ritmica ci sono Bill Wyman e Charlie Watts dei Rolling Stones , che hanno la possibilità di suonare insieme ad uno dei loro idoli, alla chitarra c’è Eric Clapton. Ringo Starr capita furtivamente in studio per registrare un take di “I ain’t superstition” , Steve Winwood sovraincide a session conclusa le tastiere. E Howlin’Wolf, nonostante le condizioni di salute non ottimali, sfodera con decisione tutta la sua capacità interpretativa e autorevolezza. Ristampato già nel 1974, a tre anni dalla pubblicazione, con tre tracce aggiuntive, oggi nella nuova edizione con un cd bonus offre la possibilità di cogliere a pieno lo spirito delle session londinesi, ovvero quello semplice e dimenticato della musica suonata dal vivo, che coglie lo spirito del momento. Take alternativi escludono alcune delle sovraincisioni successive, false partenze lasciano intravedere quanto di umano c’è nel margine di errore, stralci di dialogo lasciano spiare dietro le quinte ( e meglio ancora lo fa il libretto, dove attraverso le parole di Dyron si raccontano i retroscena delle registrazioni). Niente da aggiungere se non ascoltare e lasciar rivivere la testimonianza, ora più documentata che mai, di un piccolo pezzo di storia.

Giulia Nuti

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