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Un’invisibile moltitudine
Intervista a Nanni Balestrini
di Elisabetta Beneforti
www.nannibalestrini.it
EB È stato da poco ripubblicato da DeriveApprodi il tuo romanzo “Gli invisibili”, uscito la prima volta per Bompiani nel 1987. Trovo che ci sia un certo significato nel leggere e rileggere questo libro oggi, vorrei dire in un certo senso la sua attualità…
NB Ancora oggi tutti i protagonisti di quegli anni ‘70, le centinaia di migliaia di giovani del movimento, rimangono nell’ombra, in quell’oscurità su cui c’è l’etichetta di ‘terrorismo’,i cosiddetti ‘anni di piombo’. Certamente in quegli anni sono successe cose terribili, come gli episodi di terrorismo ,ma per chi ha vissuto in quel periodo questa non è stata la cifra determinante e definitiva di quella stagione. E’ stato un periodo di grande desiderio di trasformazione e questo desiderio è diventato anche realtà, visto che è stato completamente ribaltato e trasformato il modo di vivere degli anni precedenti.Ecco dunque che la caratteristica principale è stato questo rapido, intenso e gioioso momento, in cui una grande massa di giovani si inventava un nuovo modo di vivere. Così facendo cancellava le vecchie usanze e i vecchi rapporti, come i rapporti di famiglia, i rapporti fra i sessi, i rapporti di lavoro, e poi di insegnamento e di studio…tutti quanti venivano scardinati e reinventati o perlomeno c’era un tentativo di ribaltare lo stato di cose vigente. Allora c’è stata questa grande frenesia, la grande euforia di quegli anni era veramente forte e palpabile...anche se poi è stata perseguitata e aggredita attraverso un terrorismo che ha generato altro terrorismo. Questo è come vedo io il quadro, in netto contrasto con la versione ufficiale della storiografia.
EB Vedi “Gli invisibili” più come un romanzo storico o generazionale?
NB Penso che sia un po’ entrambe le cose. La generazione di cui si parla nel romanzo sono in realtà due generazioni, perché fra il ’68 e il ’76 ci sono state in sostanza due generazioni che hanno scritto alcune importanti pagine di storia… Ecco io ho cercato di far diventare queste pagine le pagine di un romanzo. Penso che si possa dire romanzo storico nel senso che vuole fare la storia dal punto di vista di questa generazione. Questo libro è raccontato da una voce, la voce di un protagonista che non ha nome perché è un personaggio collettivo. Quello che lui è, i suoi comportamenti e le sue azioni sono appartenuti a un gran numero di giovani in quegli anni e lui cerca di interpretarli, di rappresentarli. Il romanzo non vuole essere la storia di un individuo particolare, con una sua personalità e psicologia, quanto quella di un personaggio che rappresenta la maggioranza di quelli che hanno costituito il movimento degli anni ’70. Per la stesura ho attinto chiaramente a molte voci, dal momento che non sono io che parlo, io che tra l’altro appartengo a una generazione precedente…..ho partecipato e ho visto molto di quello che allora è accaduto, ma soprattutto ho sentito e conosciuto tante storie, come quella del Sergio della dedica.La sua è una delle storie più rappresentative e per questo gli ho dedicato il romanzo come riconoscenza della collaborazione che mi ha dato.
EB Chi pensi siano gli invisibili oggi nel terzo millennio?
EB Gli invisibili nel terzo millennio sono ancora tantissimi, possiamo dire che non sono più qualcosa che girava intorno ad un unico progetto, ad un’unica idea… quella che ha fatto di quegli anni ’70 degli anni straordinari. C’è sempre una parte della gente che viene esclusa, che viene spinta ai margini, oppure quando a imporre una propria presenza riesce anche a essere sulla scena perché rappresenta un mondo nuovo. Gli invisibili di oggi sono quelli che si trovano ancora in una certa condizione, specialmente i giovani, i precari, gli immigrati. Cioè tutti coloro che sono tagliati fuori, che sono anche la fetta più grande qui in Italia come pure in tutti i paesi d’Europa. Gli invisibili sono quelli tagliati fuori da una situazione che sempre più va ad essere costituita da un blocco di privilegiati che si contrappone ad una grande maggioranza di ignorati per cui invisibili.
EB In questo romanzo colpisce molto la scrittura, quel dettato che poi ti contraddistingue sia nella prosa che nella poesia. La tua è una scrittura di ricerca, sperimentale, una scrittura potremmo definire ‘scardinante’, imprescindibile per raccontare la storia degli invisibili. Che tipo di ricerca hai condotto in questo libro?
NB E’ molto più semplice e meno astruso di quanto possa sembrare o di quanto spesso superficialmente venga letto. Una scrittura senza punti e senza virgole sembra una cosa molto strana e bizzarra. Ho voluto riprodurre sulla pagina una voce parlante, vale a dire il linguaggio orale. Il personaggio di questo libro non sta scrivendo ma sta parlando, sta raccontando una storia e la racconta parlando.Ora il problema è quello del passaggio dal parlato allo scritto, che sono due cose completamente diverse. Parliamo in un modo e scriviamo in un altro…appunto scrivendo usiamo la sintassi che è costruita sui punti e sulle virgole per essere chiaramente visibile. Io ho cercato di inventare, non di mettere nello scritto il parlato, non semplicemente trasporlo. Chiunque voglia provare a fare questo vedrà che è impraticabile, che viene fuori qualcosa di illeggibile. Ho cercato di inventare qualcosa che da scritto faccia pensare alla lingua parlata, così ho costruito questo flusso di parole continuo e per questo non ho messo i punti e le virgole. A un certo punto, leggendo “Gli invisibili”, si dovrebbe entrare come in qualcosa che passa attraverso l’orecchio e non attraverso l’occhio.
EB …Come se fosse una registrazione della voce del personaggio?
NB Non proprio. Se tu provi a registrare e poi a trascrivere vedi che non rende perché quando parliamo utilizziamo qualcosa che passa attraverso il suono, cioè utilizziamo le pause, le inflessioni, alziamo e abbassiamo la voce. Facciamo dunque quanto non è trasponibile nella scrittura e per cui bisogna inventare qualcosa di diverso , quello appunto che ho cercato di fare ne “Gli invisibili”. Leggendo si ha un’idea di qualcuno che parla, ecco è una finzione…
EB La tua vita è punteggiata da tantissime esperienze poetiche, esperienze di scrittura che spesso si sono amalgamate e contaminate con altri linguaggi, dall’arte alla tecnologia. Oggi, guardando a ritroso tutte queste esperienze, a che punto senti sia arrivata la tua scrittura?
NB Quello che mi interessa molto oggi è un certo tipo di scrittura, per la quale scelgo la definizione di ‘operapoesia’. Si tratta di uno spettacolo fatto di parole che si svolge su una scena davanti a un pubblico e che ha altre componenti oltre alla parola. Così c’è anche la musica, ci sono elementi di arti visive, elementi teatrali, elementi tecnologici di vario tipo. Questo è un percorso intrapreso da molti poeti in questo momento. Credo che sia uno sviluppo interessante sia della parola che come forma di spettacolo e credo che incontri interesse. Ho già fatto alcune cose in questa direzione come un' “operapoesia” che si chiama “Elettra” e ho altri progetti in cui convergono molte esperienze in diversi settori, di tutti i miei ultimi tempi… “Elettra” è cominciata nel 2000 e poi via via si è arricchita, ha avuto luogo con diversi spettacoli che piano piano si sono sviluppati. C’è un’evoluzione continua di queste forme che ne fa cose che sono continuamente in movimento, che non sono fisse, chiuse una volta per sempre.
EB Insomma un work in progress… in questo momento a quale progetto stai lavorando?
NB Proprio adesso sto preparando una mostra fatta di alcune installazioni, quadri e opere visive che avrà luogo nei primi mesi dell’anno prossimo a Milano. Poi naturalmente lavoro anche ad altri progetti, come un’operapoesia che dovrebbe essere “Arianna”, penso pronta per la primavera dell’anno prossimo.
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