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The Stooges The Stooges / Fun House
(Rhino/WEA)
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Gli Stooges di Iggy Pop, Ron Asheton, Dave Alexander e Scott Asheton non entreranno mai nella storia canonica del rock, pur avendo ispirato centinaia di gruppi che senza album come Fun House non sarebbero neanche stati concepiti. Troppo pericolosi all’epoca, e troppo apertamente nichilisti, i quattro di Detroit incarnarono come nessun altro il suono alienato della periferia industriale americana dove i divertimenti erano pochi e tutti illegali diventando una macchina impazzita che aspettava solo di trovare un muro su cui schiantarsi. La cosa avvenne puntuale dopo il disastroso tour relativo a Raw Power, e ci sarebbe voluto qualche tempo prima che David Bowie salvasse Iggy Pop dalle cattive abitudini e dal rischio di finire nel dimenticatoio. Dopo avrebbero tutti preso vie diverse, i fratelli Asheton si mossero per un po’ nel sottosuolo del rock anni ’70 e Alexander si ubriacò a morte nel ’75, mentre Iggy diventò una star minore grazie ad una lunga serie di album pubblicati a proprio nome, alcuni dei capolavori, altri decisamente meno. Poi, nel 2003, l’annuncio: gli Stooges si riformano per tre quarti della formazione originale e si imbarcano in un tour che permetterà ai tanti fan nati dopo il loro scioglimento di vedere in azione la Storia. Una riunione che ha generato molta curiosità (anche se per forza di cose gli Stooges del nuovo millennio sono una versione pastorizzata del temibile quartetto che girò l’America d’inizio Seventies), e che finalmente ha portato alla ristampa dei primi due album. Sono rimasterizzazioni molto attese, considerato che le edizioni precedenti risalgono agli anni ’80 e mettono in mostra un mix piatto, tipico delle prime stampe su cd. The Stooges, l’album di debutto, possiede 1969, I Wanna Be Your Dog e No Fun, tre classici che gettano le basi chitarre fuzz portate a livelli di distorsione allora inimmaginabili, la voce annoiata ed isterica di Iggy, una sezione ritmica martellante e ossessiva che troveranno sfogo in Fun House, uno dei grandi album rock del ventesimo secolo. In Fun House, il trucco del produttore Don Gallucci fu quello di capire che il gruppo non aveva bisogno di sovraincisioni ed artifici di studio, bastava metterlo in sala d’incisione e registrare take su take dal vivo finché non si catturava l’energia giusta. Energia nucleare, a giudicare dal riff circolare e insistente di Loose, dall’urlo di guerra che infiamma TV Eye, dal blues depravato di Dirt e dal caos infernale che esplode nella conclusiva LA Blues, col sax di Steven Mackay chiamato a dilaniare una struttura che tendeva già da sola a dissolversi mediante fiammate maligne. Oltre ai due album originali, che da soli varrebbero l’acquisto, le ristampe contengono alcuni pezzi bonus che faranno gola agli storici, senza però essere particolarmente eccitanti. Ascoltando il secondo cd allegato a The Stooges scopriamo che John Cale non aveva capito bene ciò che aveva per le mani, infatti i suoi primi mix di 1969, No Fun, Little Doll e I Wanna Be Your Dog comprimono troppo gli armonici, risultando inadeguati al risultato che Iggy voleva ottenere, mentre Fun House contiene una piccola parte delle tante incisioni prodotte durante la sua registrazione, già edite in quella follia per collezionisti intitolata The Fun House Sessions.
Bernardo Cioci
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