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The Creekdippers - Political Manifest
Glitterhouse 2004
www.creekdipper.com
A pochi mesi dall’uscita di quel gioiellino che era Mystic Theather, Mark Olson e i suoi The Creekdippers tornano sul mercato con un disco dai marcati tratti politici che suona come un atto di accusa contro la politica di George W.Bush. Political Manifest, questo il titolo del disco, può essere definito il capofila di una serie di iniziative che gli artisti americani hanno messo in piedi per combattere la politica del loro attuale presidente in vista anche delle prossime elezioni presidenziali. Registrato in Febbraio presso gli Joshua Tree Studio, in California, Political Manifest raccoglie undici canzoni per un totale di 31 minuti e 53 di ascolto, si tratta di brani fortemente legati alla tradizione della protesta americana dei sixties ma allo stesso tempo pennellati dall’approccio “eclettico” di Olson e soci. Talkin blues, folk ballad, country blues, rock acustici questi sono gli sfondi su cui si muove l’invettiva dei Creekdippers che non sfocia mai nella polemica fine a se stessa ma si fa portatrice di problematiche di rilevanza sociale a cui cerca disperatamente di trovare una soluzione un'inversione di rotta. Le voci di Mark Olson e Victoria Williams amalgamate ad un sound pulito colorato da splendide sfumature strumentali in cui convivono dulcimer, flauto e dobro, si immergono a capo fitto nelle storie dell’America di questi giorni. E’ il caso del talkin’ blues di Where is my babe boy, che in cui un padre piange il figlio che ha perso in guerra o ancora Senator Byrd Speach e The End of the Highway, fino a giungere ad un finale gospel con la corale Coming Coming che per certi versi si apre come un barlume di speranza. L’accusa non scema mai anzi man mano che il disco prosegue diventa sempre più dura come nella crepuscolare George Bush Industriale e nell’ironica e dissacrante Portrait of Sick America.
Salvatore Esposito
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