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Henry Kaiser & Wadada Leo Smith: Yo Miles! Sky garden
(cuneiform records)
www.cuneiformsrecords.com



Avventurarsi nel complesso arsenale sonoro davisiano è operazione complicata che pochi hanno voluto tentare dopo la scomparsa del grande musicista nero. Henry Kaiser, sperimentatore, sobillatore eclettico e chitarrista raffinatamente rumorista – lo ricordiamo in missione in Madagascar anni fa assieme a David Lindley – questa volta fa sul serio in questo “Yo Miles!Sky garden“ e, assieme al trombettista Leo Smith affronta a testa alta i grandi anni “elettrici “ di Davis (1969-1975). Kaiser e Smith vanno perciò a doversi confrontare con gente del calibro di Zawinul, Mc Laughlin, Jarrett, Shorter, Liebman, Michael Henderson – il bassista spilungone che suonava grande roba funky – e altri ancora. Ma i due non si scoraggiano e mettono insieme un cast di primissimo ordine. Vale la pena citarli : il bassista Michael Manring che ricordiamo in un paio di bei dischi da solo negli ottanta, il talentuoso Steve Smith alla batteria, due santaniani di lusso, Tom Coster e Karl Peraza rispettivamente tastiere e percussioni, Mike Keneally, già con Frank Zappa alla chitarra, Greg Osby al sax alto per proseguire la bella tradizione di altoisti che Davis portò avanti negli ultimi anni con Kenny Garrett, John Tchicai al tenore e al soprano che dovrebbe ( forse ) essere il Dave Liebman del disco e per ospiti Zakir Hussein alle tabla e il Rova Saxophone quartet. Insomma, siamo davanti a un gruppo straordinario che suona Miles con una disinvoltura che difficilmente c’era sul palco quando Davis girava il mondo con i suoi gruppi, tutto preso da un gioco di tensioni che qui è ben spartito tra le singole personalità che affrontano i temi con grande senso della responsabilità e rispettando quel concetto di “ vuoto “ che Miles così tanto amava e propugnava dai sessanta in poi. Leo Smith suona la tromba proprio come Miles o in stile similissimo ma qui tutto è “Jack Johnson“ (si comincia con “it’s about that time“), “Bitches Brew“ e altro ancora. Nel corso dei due cd la musica diventa poi così bene assorbita dall’ ensemble che tutto passa in secondo piano, e resta l’idea musicale di Miles Davis. Un artista al quale in futuro dovremmo ritornare mille volte ancora per capire quanto avanti fosse e quanto poco abbiamo capito di lui. Un genio e basta.

Ernesto de Pascale

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