.


Joanna Newsom - the milk eyed mender
(drag city)
www.dragcity.com



Alla Drag City di Chicago nel reparto produzione della piccola ma rampante indie vi deve essere un A & R che ha un debole per le voci femminili inusuali e poco “ corrette “ sulla scia della più celebre Bjork o della meno famosa Nina Nastacia. Il setting dei chicagoani predilige però le piccole produzioni dai toni intimisti e la musica affidata ai musicisti e ai loro strumenti reali piuttosto che alle macchine.
Così, alla Drag City dopo la cantante - pianista - autrice Azita è la volta di Joanna Newsom, 22enne arpista al suo primo album, che presenta un repertorio assolutamente originale, una musica dai toni flebili, canzoni instabili, pencolanti da qualche lato ma affascinanti e uniche che licenziano un album davvero intrigante e suggestivo, meritevole di molti ascolti.
La rivista Mojo ha descritto la voce della Newsom come una via di mezzo fra Kate Bush e Karen Dalton, “ una ragazzina che si comporta come una donna adulta”, ma il paragone non è sufficiente per rendere l’idea. Con il beneplacito di Will Oldham e Devendra Banhart, Joanna ha una magia difficile da spiegare ed il paragone con Azita torna in ballo. Ma se la prima gioca la partita sul tavolo del jazz e della pop song “ stilosa ” e di alto regime, la Newsom è tutta un gioco di rimandi alle folk appalacchiane e a quelle melodie antiche che tanto sono oggi tornate alla ribalta.
In perfetta solitudine Joanna compone piccoli sketch che non si addicono a tutti; comporre con un’arpa è di per se cosa non facile e ci deve essere una certa funzionalità tra melodia, ritmo e armonia. Basti ascoltare i primi due brani “ Bridges and Ballons “ e “ Sprout and the Bean “ per capire che la Newsom si è cucita un vestito – ancora una volta il paragone con Azita torna a galla ! – che nessun altro potrebbe indossare così bene. Sì, perchè ci vuole un certo agio per esibirsi in queste piccole canzoni. E lì dove l’arpa non dovesse bastare Joanna si siede al pianoforte per presentarci brani altrettanto freschi ma dove di più impera il sapore antico delle cose semplici come in “ Inflammatory Writ “ e “ this side of the Blue ”, curiosi ma sicuramente meno interessanti dei brani interpretati con il suo primo strumento.
In generale la sensazione è di grande magia e il termine intrigante è sicuramente il più adatto. Resta da vedere quanto e come potrà svilupparsi la sua carriera e che direzione potrà intraprendere. Joanna Newsom è quindi un personaggio da tenere perciò d’ occhi e non perdere di vista. Per qualcuno potrebbe essere davvero uno dei dischi più belli del 2004. Perché no ? Ci rivediamo a fine anno, d’accordo ?

Ernesto de Pascale

tutte le recensioni

.
.

eXTReMe Tracker