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Medeski, Martin & Wood: End of the World Party (just in case)
(Blue Note/emi)
www.mmw.net



Medeski, Martin & Wood ci invitano al loro ipotetica festa dell’apocalisse (ma solo ed esclusivamente “sempre che…”!) offrendoci musiche originali che rappresentano- a loro indiscutibile gusto – il massimo di ciò che si potrebbe ascoltare per “celebrare“. Così, sulla base dei loro oramai celebri ritmi funky e bogaloo, di cui sono diventati maestri, il trio newyorchese cuoce e fa bollire un disco chese fatto girare nei vostri lettori più volte vi farà andare davvero fuori di testa. John Medescki è sempre più “mental” dietro le sue tastiere vintage che usa in maniera spregiudicata e non convenzionale, mentre Billy Martin e Chriss Wood sono diventati la sezione ritmica che tutti vorremo avere.
Già al secondo brano , quello che dà il titolo all’album, è chiaro che i tre fanno sul serio. Quando poi in “reflector” entra in gioco la chitarra di Marc Ribot – che non abbiamo mai ascoltato così satura e sporca – si può solo esultare del risultato. Si susseguono così senza soluzione di continuità ritmi contaminati centroamericani, voce africane e l’intero campionario di imprevedibili invenzioni che i nostri possono offrirci dopo anni e anni di esperienza dal vivo.
Anche in “End of the World Party (just in case)“ quello che fa davvero la differenza è il mood generale. I tre sono davvero encomiabili per lo sforzo che fanno a non sedere sugli allori, su un genere che solo loro possono suonare con così tanta chiarezza e focalità. Soprattutto John Medeski, sempre iper creativo, si lascia alle spalle qua e là i pianoforti per manipolare il mellotron come nessuno aveva mai fatto prima e usa l’effettistica in maniera coraggiosa ma sempre finalizzata al risultato generale (“New Planet“, “Bloody Oil“). Continua perciò il grande viaggio dei tre esploratori che oggi danno davvero l’impressione di essere più sicuri che mai di loro, esotici ed eleganti ma anche reali e virulenti allo stesso tempo. E’ un terreno difficile quello su cui hanno deciso di giocare la propria partita Medeski, Martin & Wood e ci piacciono proprio per questo. Quella dissociazione che potrebbe affiorare ogni tanto – lì dove girano pagina improvvisamente o dove affrontano ad alta velocità una curva a gomito – la dimentichi subito ascoltando “end of the world party (Just in case)“ perché, inevitabilmente ed invariabilmente, il brano successivo è ancora più bello ed affascinante del precedente (si ascolti bene il passaggio di stili fra "Mami Gato" e "Shine It“) e perché il gioco delle parti diventa una piacevole mosca cieca.
Schiavi del ritmo, assuefatti a ciò che loro stessi creano Medeski, Martin & Wood danno ancora la volta l’impressione che è ogni singolo attimo della loro fusione musicale a generare il successivo. Una sensazione sempre più rara questa che in qualche modo motiva ancor di più l’ascolto di un disco del genere. Deve essere un piacere lavorare in studio con i tre e per loro suonare è davvero un piacere, è chiarissimo. Concentratissimi i tre portano avanti un progetto che, se pur abbracciato dai tipi seguaci delle cosiddette Jam band, affonda le proprie radici altrove, in quel minestrone notturno di onde radio che nelle notti newyorchesi sia accavallava nei tardi anni settanta. Per qualcuno è un viaggio nella memoria così come la viviamo noi ogni giorno, distorta, accavallata, ricreata, cancellata, rimodellata. Per gli altri una grande scoperta del passato prossimo di tanta musica americana.
E se non bastasse tutto ciò, poco prima di chiudere la festa i tre licenziano “ Sasa” vera sigla dell’evento a cui ci hanno invitato. Ma, naturalmente, sempre e solo “nel caso che…“ proprio come parte dei loro eccezionali concerti dove è il momento, l’attimo fuggente, il protagonista principale. E non di meno in questo album, deputato senza dubbio a far parte dei migliori dell’anno per il recensore.

Ernesto de Pascale

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