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Quello che pubblichiamo in esclusiva per i Popolo del Blues in occasione dell’uscita dell’atteso nuovo album dei R.E.M. “Around The Sun” (Warner Brothers) è un documento eccezionale, uno dei primi articoli originali scritti sul gruppo di Athens, Georgia. Infarcito di rare dichiarazioni e originariamente apparso su Mucchio Selvaggio n.82 del Novembre 1984, l’articolo è firmato da Ernesto de Pascale.
PARLANO I R.E.M. - Regia di C. Ernesto de Pascale
Non capita tutti i giorni di poter costruire un’intervista alla rovescia, in cui le risposte vengono prima delle domande e ad un gruppo di musicisti non si chiede se non ciò ch'essi hanno già rivelato. Prendetelo come un racconto intimo, uno psicodramma che le 'questions' servono soltanto a scandire meglio e non certo a 'scatenare'. Con loro si può. Perché sono i R.E.M. Precisi, sicuri delle proprie idee, chiari e circostanziati nelle loro esposizioni, terribilmente motivati nelle loro scelte e con il piglio di chi ha ancora una voglia matta di imparare dalla vita. 200.000 copie vendute dell'album d'esordio sono d'altra parte un bel biglietto da visita. Non stupisce per niente che si siano creati tante simpatie e che siano riusciti a dare alle stampe subito il loro secondo LP. -bello e diretto al cuore di tutti -con solo 30.000 dollari. Dimostrazione evidente che gli 'apparati' e le grosse produzioni non possono tutto.
Ma la sfida è stata lanciata con modi urbani e garbati, mediando quel tanto (molto poco, in realtà) che serviva con il 'record business' e più con l'aria d'una combriccola di educati universitari che di prepotenti 'rock stars'. Anche se loro sono i R.E.M., la grande speranza americana del rock 'dagli occhi azzurri’.
Partiamo dall’ inizio...
“Veniamo da Athens, in Georgia, un pò fuori Atlanta. A dire il vero, molte città come Athens, nel Sud, non hanno gruppi particolarmente interessanti ma, per fortuna, Athens c è, ed è sempre stata, diversa.
La differenza, forse, dipende dal fatto che c'è un 'college' di arte che è uno dei migliori del Sud. Molte bande sono uscite da lì, ad esempio i B-52’s ed i Pylon.
lo -è il chitarrista Peter Buck a parlare -ho sempre amato la musica ed ho lavorato in un negozio di dischi ma, a differenza di molti, non ho mai formato un gruppo, perché ho sempre pensato che per formare un gruppo bisogna essere dotati internamente. Penso comunque che fosse il momento giusto per provarci quando Michael (Stipe, cantante) mi parlò dei suoi progetti. Però eravamo ancora impreparati, nonostante che Mike (Mills, bassista) e Bill (Berry, batterista) avendo suonato già in marching bands al liceo, conoscessero il proprio strumento.
Non fu particolarmente facile, ma lavorammo più sodo di chiunque altro per riuscirci. Cercammo di crearci un circuito dove poter suonare, un circuito dove nessuno avesse mai suonato prima, tipo le 'pizza houses'. Non erano momenti particolarmente facili ma ci divertivamo molto. Dovevamo viaggiare, dormire sui pavimenti di appartamenti di cui non conoscevamo neanche i proprietari e bevevamo birra 24 ore al giorno... Se fossimo stati pagati per ciò che ci impegnammo a fare in quegli ultimi anni, non sarebbero bastati tutti i soldi di questa terra per compensarci. Ci ha salvato solo il divertimento che riuscivamo a procurarci.”
Ma come spiegano i R.E.M. il loro successo? La parola a Stipe: “Durante gli ultimi anni le stazioni radio si sono rese conto di come stesse vertiginosamente calando l'ascolto radiofonico e allora hanno attraversato una situazione di vero panico. Proprio non sapevano che mandare. Allora cominciarono ad assumere tutti questi ragazzi che, pare incredibile, neanche sapevano quel che stava accadendo. Dissero loro: “SUONATE NUOVA MUSICA !!” - E loro: “Cosa è la nuova musica?” In poche parole, non sapevano cos'era sta nuova musica. Sentendo i nostri pezzi, giunsero a questa conclusione: “Suonano chitarre, hanno un 'Iook' differente dal solito, o.k., cominciamo a mandarli.” Fu tutto un poco strano; voglio dire trovarci in mezzo fra i 'Def Leppard' e gli 'Eurythmics'; significava, anche per noi, lo ammettiamo, non capire che cosa stesse succedendo, ma, a parte il resto, era molto interessante perché avevamo la possibilità di entrare nel grande 'business', anche se dalla porta di servizio e in un periodo di grande confusione. Potevamo guardarci intorno senza troppe preoccupazioni, perché tutto quello che succedeva era, per noi, solo qualcosa in più.”
“Ci sono milioni di modi di raccontare storie -commenta Stipe -e ci sono diversi modi di far funzionare canzoni: si può arrivare al fine anche cercando di attrarre attenzione sui testi, focalizzandone II significato. Ma io tento di essere meno lineare e più imprevedibile che sia, così che l'ascoltatore possa averne una sensazione, un coinvolgimento emotivo e completo.
Mi sono rotto del rock & roll intellettuale. Noi cerchiamo solo di scrivere cose che abbiano più riferimenti possibili e tutte direttamente dal cuore.”
E il successo? “200.000 copie di “Murmur” non sono male -è Stipe a parlare -ma non vorrei passare tutta la vita a rincorrere II 'botto' di un buon album d'esordio come è successo alle 'Go-Go's'.
C'erano delle ragazzine ieri sera a Detroit che mi hanno detto che somigliavo a Peter Frampton e, se devo essere sincero, la mia prima reazione è stata quella di sputar loro in faccia. Ma le ho solamente guardate male, perché , in fondo, si trattava solo di ragazze un poco rudi ! Devi capire che a volte sei stanco di rispondere alle domande, e troppe volte le domande sono sempre le stesse.”
Ma come riescono a comporre il proprio materiale, che tecnica di lavoro usa la band di Athens?
“Usualmente ci riuniamo e cominciamo a fare casino fino a che capita un suono che può in qualcosa ricordare una canzone; è una cosa di gruppo che rispecchia le nostre caratteristiche individuali e che ci piace mantenere così, diciamo incontaminata, perché , pur essendo caratteristica di ognuno di noi, è, soprattutto, caratteristica del gruppo intero”.
E il lato professionale, gli obblighi contrattuali? “In questo business ci sono un sacco di pressioni noiose e stressanti, ma nessuna di queste ci preoccupa. La nostra inclinazione è quella di stare più stretti l'uno all'altro e preoccuparci tutti insieme dei problemi e mai singolarmente. E vero, a volte si diventa matti a fare così, ma, se sei forte, devi combattere questa gente che non sa distinguere un disco da una ciambella col buco.
Questo è il motivo per cui non vogliamo mai fare un ideale seconda parte del disco precedente, mai un 'Murmur part 2', ne tanto meno un 'Reckoning Prt 2'. E se il primo nostro disco era un lavoro coerente nel suo insieme, con 10 canzoni interconnesse fra loro, i nostri nuovi dischi non hanno altre connessioni fra loro. Sono così come li sentite, Il titolo 'reckoning' vuole, infatti, spiegare proprio questo: tanta gente aspetta il secondo disco per vedere se tu hai avuto qualche 'dritta' giusta. Se non l'hai avuta, lo sai cosa ti dicono: “E allora che cazzo ce ne frega dei R.E.M !” Ecco perché vogliamo diversificarci in ogni disco.
l critici leggono i nostri testi come più pare loro, ma avete mai provato a estrapolare i testi dalla musica? Vi siete mai resi conto di quanto siano ridicoli da soli? E come se guardassi la tv perennemente senza audio, avresti una idea del tutto diversa di ciò che capita. Ed allora -continua Stipe perché i critici non cercano di guadagnarselo davvero il loro stipendio?
Noi ci diamo veramente dentro e possiamo dire che quella “Little America” che descriviamo, è la stessa di tante strade sterrate attraversate da un piccolo Van con i R.E.M. dentro che si sbattono per arrivare nella vostra città, con la testa che lentamente se ne va per i fatti propri. lo non posso avere una decisa presa di posizione sullo stato attuale delle cose perché ho solo 24 anni -è Stipe che parla-. ma posso dirti che siamo tutti confusi e alla ricerca di qualcosa, così come lo erano i giovani 10, 15 e più anni fa”
“Ci ha aiutato la radio e neanche loro sapevano che facevano. Forse solo i ragazzi delle 'college radio' sapevano dove andava la nuova musica che stavamo suonando perché era. ed ancora è, la NOSTRA musica. Mi ricordo che da bambino le prime cose che mi colpirono furono le 'battle of the bands'; la prima che vidi era tra i Beatles e le Supremes e io avevo paura a votare per l'uno o per le altre, avevo paura di far affondare una delle due bands nel baratro.”
Ma questa è nostalgia ! “Sento che gli anni sessanta -è ancora Stipe a parlare -mi appartengono anche se io non appartengo a quel periodo. Tutti dobbiamo qualcosa a quel periodo, questione di elezione ed affinità. Ed allora accetto tutti coloro che mi accusano di copiare i Velvet Underground perché, nonostante si spieghino con termini errati, accettano questo grande condizionamento dei sessanta. Noi non abbiamo mai copiato singole canzoni dei Velvets, però ne abbiamo suonate molte in concerto; è naturale, almeno credo, che qualcuno ammiri qualcun altro. Se tutto ti va per il verso giusto puoi prendere queste influenze e portarle avanti, A volte, sentendo i dischi dei Velvets, mi chiedo come facessero a creare certe sonorità; è qualcosa di mentale che non riesco a spiegare. Probabilmente tutto sta nel fatto che loro non erano così timidi così come lo siamo noi. La timidezza è stato ciò che non ha permesso a “Murmur” di fare un ulteriore salto qualitativo: eravamo paralizzati dalle nostre stesse volontà e dalla voglia di esprimerle. con 'Reckoning' ci siamo lasciati andare di più e neanche questa volta ci siamo riusciti completamente”
Insomma, il rock come una scuola di libertà, una palestra per l'allenamento morale.
Ernesto de Pascale
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