. | INTERVIEW Intervista a Simone Felice The Duke & The King Simone Felice dei Felice Brothers, reduce del successo dell'acclamato “Younder Is The Clock” (ultimo album della band), ha fatto coppia con Robert “Chicken” Burke (collaboratore di George Clinton) per dar vita al nuovo progetto The Duke & The King. Il blues e il roots-rock della band dei suoi fratelli vengono qui lasciati da parte per esplorare un cantautorato intimo, personale, profondo, come Simone ha raccontato al Popolo del Blues. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente mentre, in macchina con Robert Burke, viaggiava tra una tappa e l'altra del loro tour inglese. Come è nato il tuo progetto solista, da quanto tempo ci stavi pensando? E' successo molto naturalmente. Abbiamo cominciato a registrare le prime canzoni, era inverno a New York. Faceva molto freddo, fuori c'era la neve. Abbiamo passato così tre mesi ma sono volati via in un secondo e alla fine avevamo un disco pronto. Adesso le stiamo cantando e suonando, gli stiamo dando forma insieme agli altri membri della band. E' bello poter viaggiare e suonarle dal vivo. Hai tratto ispirazione da qualcuna delle grandi coppie di autori del passato nella tua collaborazione con Chicken Burke? Assolutamente sì ! Naturalmente abbiamo tratto ispirazione da tanti tipi di musica. Il mio cantautore preferito è Neil Young, ma mi piacciono Simon & Garfunkel, i Beatles... Sai che in questo momento in macchina stiamo ascoltando i Beatles? Io e Robert li ascoltiamo sempre mentre siamo in viaggio. Poi mi piace Joni Mitchell, è la mia voce preferita. Il suo album Blue... “I wish I had a river I could skate away on”, mi capisci no? Certo, condividi quel feeling ogni tanto? Sì, mi sento spesso cosi. Triste ma anche bellissimo Hai citato Neil Young: Loose My Self, il brano più psichedelico del vostro album, mi ricorda Neil Young... Grazie, è un bel complimento. E' una canzone speciale. Nella società moderna tutti pensano sempre a loro stessi, “io, io, io”. Invece dobbiamo un po' “perdere noi stessi”, loose my self, non sempre pensare al nostro ego Paragonando The Duke & The King con i Felice Brothers penso che la direzione musicale sia più quella di un cantautorato intimo. Hai sempre avuto questa vena dentro di te e forse questa è l'occasione per esprimerla? Questa è un'ottima domanda.. sai, con i Brothers si trattava di una collaborazione nella quale io curavo molti dei testi, suonavo la batteria, cantavo...Questo progetto riguarda storie più intime e personali. Provo a dire la verità, provo ad essere onesto. Ci sto mettendo del tempo ad imparare quanto sia importante dire la verità, ma può rivelarsi una medicina per il tuo cuore e per la tua mente. If you ever get famous è una bellissima canzone. Penso che ci sia qualcosa di personale collegato al fatto di essere un artista e quindi vedere il successo da una particolare prospettiva. Mi racconti qualcosa in più su questo brano? E' proprio così. Ho scritto questo brano la scorsa estate ed è stato il primo che abbiamo registrato con The Duke & The King. L'ho scritto mentre i Felice Brothers stavano conoscendo la notorietà in tutto il mondo. E' come un mantra che ho voluto ripetere a me stesso: non lasciare che il successo corrompa il tuo cuore, non dimenticarti chi sei, da dove vieni, non dimenticare le persone che ti amavano prima che chiunque altro ti conoscesse. E' un mantra per me stesso, ma anche per altre persone. Un'altra canzone che mi piace molto è One More American Song , è la storia di un veterano dell'esercito americano. Ha a che fare con la politica o nasce solo dalla volontà di immaginare un personaggio? Un po' entrambe le cose, il protagonista è ispirato alla storia di un militare che ha combattuto in Iraq ed è tornato a casa con l'anima a pezzi, quindi per molti versi è una storia vera. In America oggi se vogliamo qualcosa lo prendiamo e basta. Ci sono ragazzi che vanno a combattere nel mezzo del deserto e si sentono dire dai loro governi che stanno andando a combattere per la libertà, ma tutto ciò per cui combattono è il petrolio, per rendere i paesi ricchi ancora più ricchi. E' per questo che ho scritto questa canzone, parla del fatto di essere un ragazzino americano innamorato del sogno americano , di crescere e di rendersi conto che l'American dream, in realtà, è cosparso di sangue. Un'altra domanda su una canzone specifica, Waterspider. Mi spieghi la storia? E' la storia di una eroina americana, Harriet Tubman. Il suo nome appare nel testo della canzone, “Harriet, didn't you hear? They never caught her”. Era una schiava nera del diciannovesimo secolo che riuscì a liberarsi e combattere contro la schiavitù, se cerchi qualcosa in più su di lei te ne innamorerai. C'è quindi un collegamento con una storia vera. In generale è una canzone per le grandi personalità, quelle che lottano per i diritti e per la libertà. Martin Luther King, Gandhi... anche John Lennon. E il testo dice “Waterspider/freedom fighter/they don't make them like you no more”. E' un modo di dire che si usa in Inghilterra quando qualcosa di buono, di grande qualità, non viene fatto più, lo puoi usare anche per le scarpe, per i vestiti o per le macchine, è slang. E' quindi come un pianto in cui ci si chiede: dove sono finiti quelli come John Lennon e Gandhi? In questo momento abbiamo bisogno di loro.
Giulia Nuti |
. |
. |