Il primo volume in assoluto a occuparsi in maniera enciclopedica di tutte le canzoni scritte dai Genesis comprese quelle solo abbozzate o rimaste inedite e quelle di altri coverizzate sul palco nei loro medley è anche una miniera di aneddoti e chicche per gli appassionati di questa celebre band. Quasi nessuno infatti sapeva, ad esempio, che una volta scritta “Afterglow”, Tony Banks temeva il paragone con lo standard americano “Have Yourself A Merry Little Christmas” (provate a canticchiare più veloce l’attacco della strofa del brano contenuto in “Wind & Wuthering”). O ancora che Phil Collins, nell’attacco vocale di “Mama”, si ispirò a “Be Bop A Lula”. Quasi ogni singola canzone descritta nel libro di Mario Giammetti la fonte in assoluto più titolata sui Genesis, oggetto principale delle sue accuratissime pubblicazioni dal 1987 a oggi porta con se una storia e un dettaglio particolare, oltre all’analisi musicale non troppo tecnica ma chiara ed essenziale e ai dati raccolti con perizia assoluta sui posizionamenti in classifica dei brani e sulle relative presenze dal vivo nelle scalette dei vari tour. Se pensate che nel libro, senza contare gli inediti, ci sono ben 200 canzoni ufficiali, la portata mastodontica di questo volume e il duro lavoro di ricerca non consentono paragoni con le altre pubblicazioni “globali” sui Genesis. Ma le qualità di “Musical Box” non finiscono qui: le 32 pagine centrali a colori presentano una raccolta di foto eterogenee, tra scatti promozionali più noti e immagini dal vivo viste molto raramente. Si tratta di una panoramica esauriente in cui, accanto alle foto più familiari compaiono anche momenti di palco immortalati dai fan fotografi che solitamente non compaiono nelle biografie più patinate. L’inserto si apre con la coccarda viola dedicata al gruppo nel periodo Aylesbury (1971) e si chiude con il più noto scatto promo del 1972 davanti ai grattacieli di New York. Nel mezzo anche un Phil Collins e un Mike Rutherford d’annata ritratti singolarmente addirittura su “For Men’s Only” nel 1977. Ma torniamo al valore informativo del libro, prioritario nella scelta di un ordine rigorosamente alfabetico nell’analisi delle canzoni che quindi, per una volta, mette accanto i Genesis dell’altro ieri, di ieri e di oggi, evitando le solite diatribe tra i fan del gruppo pre o post Gabriel o addirittura pre o post Ray Wilson. Anzi, è proprio la lettura completa da “Abacab” a “Your Own Special Way” che rivela una realtà spesso volutamente negata: non tutti i brani del periodo Collins sono commerciali e non tutti quelli scritti con Gabriel nel gruppo sono davvero immortali. E’ vero, nello stile e soprattutto nella velocità di scrittura, ci sono molte differenze tra i vari periodi, ma è innegabile che i Genesis si siano mantenuti negli anni su un livello creativo sempre piuttosto alto. Nel volume di Giammetti ogni lettera dell’alfabeto è preceduta da un brevissimo paragrafo ispirato a un termine particolare che ha quella lettera proprio come iniziale e che si lega a filo doppio con la carriera della band inglese: ad esempio D come “Drummer”, F come “Flower Mask” (dalla maschera indossata da Gabriel durante “Supper’s Ready”), B come “Banks” o E come “England” (ovvero la quintessenza della loro crescita scolastica e, dopo, dello sviluppo di un sound unico). Completano il libro una discografia corredata da singoli, Ep e partecipazioni (sempre di gruppo), e una videografia che comprende anche i vecchi cari Vhs sui quali in tanti abbiamo costruito le nostre prime collezioni. Rimane un’ultima curiosità, squisitamente statistica: non esiste una canzone dei Genesis che inizi con la lettera Z: che ci sia ancora tempo?
Francesco Gazzara
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