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Interpol – Interpol
(Matador / Soft Limit)
www.interpolnyc.com

The Interpol were the leaders of the post-punk style. Now they are at a turning point, many discs are better than this one and they need to do something new.

Sono passati 8 anni, e sembrano davvero tanti, da quando nel 2002 gli Interpol esordirono con Turn On The Bright Lights. Chi scrive al momento non ne sospettava nemmeno l’esistenza, ma quell’album è stato il punto di svolta per un’intera progenie di gruppi. Gli Interpol rappresentavano la punta di diamante di un movimento che in questi anni è cresciuto a dismisura, al punto da rasentare ormai la monotonia: il revival del post-punk, o la nuova new wave a seconda di come si vogliano caratterizzare i “padri fondatori”; i vari Joy Division, New Order, Siouxie and the Banshees, Echo and the Bunnymen, Sparks, Cure… Nel 2004 e nel 2007, con i due album precedenti a questo, gli Interpol sfiorarono il successo di massa, con singoli di lusso come Evil o Slow Hands. Oggi, nel 2010, il gruppo newyorchese appare già ingrigito, triturato da un mercato che non permette tre anni di pausa a meno di eventuali capolavori, affiancato da figliocci come i Franz Ferdinand, superato dai Killers, battuto nel proprio stesso campo dai decadenti Editors, i veri re del genere. Costretto a tornare all’origine, con un disco omonimo alla band, come i gruppetti di sbarbatelli alla prima uscita.
Interpol, l’album, inizia a dire il vero bene: la prima traccia, dall’apotropaico titolo Success, porta dentro al disco con un buon giro di basso e un crescendo emotivo. Purtroppo già dal pezzo seguente, Memory Serves, si ascolta qualcosa di troppo simile. Le successive Summer Well e Lights sono impostate nella stessa maniera, canzoni rarefatte in partenza, un vago senso di tristezza, un ritornello su toni più alti e coinvolgenti, fine a sfumare. Il singolo Barricade è stato praticamente snobbato dalle classifiche e ascoltandolo si capisce il perché: canzone con poca anima, si affida a un riffettino banale e al solito crescendo centrale, fatto di cori nemmeno troppo orecchiabili o particolarmente coinvolgenti. Meglio la sesta traccia, Always Malaise, iper malinconica, ma melodicamente molto interessante. Addirittura irritanti sono invece i due brani successivi, Safe Without con queste due parole ripetute all’esasperazione e Try It On. Concludono il disco l’irrilevante All Of The Ways e The Undoing, passabile, soprattutto per le parti cantate in spagnolo, un espediente veramente nello spirito della New Wave.
In sostanza gli Interpol più che a un punto di partenza, come si potrebbe intuire dal titolo dell’album, sono arrivati al capolinea di una fase della loro carriera. Non a caso il bassista Carlos Dengles ha abbandonato il gruppo dopo la realizzazione di questo disco. Non più in grado di portare novità al genere da loro stessi inaugurato, gli Interpol hanno perso una bandiera, starà a loro evolversi in qualcosa di diverso o cercare di riconquistarla rischiando l’oblio.

Matteo Vannacci

Success
Memory Serves
Summer Well
Lights
Barricade
Always Malaise (The Man I Am)
Safe Without
Try It On
All Of The Ways
The Undoing

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