First album for the leader of the Killers, he tries to be original and far from the style of his own band but the result is really disappointing.
Il debutto da solista di Brandon Flowers era molto atteso dai numerosi fan del frontman dei Killers, rock band statunitense ormai definitivamente affermata. In questi casi si fa sempre difficoltà a distinguere tra il gruppo e il cantante, il complesso infatti non si è mai sciolto e lo stesso Flowers ha dichiarato di essersi dedicato a questo progetto a causa della grande quantità di canzoni che teneva da troppo tempo nel cassetto. Era quindi molta la curiosità per un album solista che rischiava di essere una copia dei Killers senza la band al seguito oppure qualcosa di più interessante, in grado di consacrare una nuova stella.
Se non altro Flowers ci ha provato, a essere originale si intende. Il problema è che le canzoni sono mediamente brutte.
Alla ricerca di una propria originalità il giovane cantante (ha 29 anni ed è sulla breccia già dal 2004) si è affidato a un trio di produttori che avrebbe dovuto rappresentare una garanzia: Stuart Price, produttore dell’ultimo elettronico e acclamato album dei Killers, Daniel Lanois (giusto qualche capolavoro come The Joshua Tree, o Time Out Of Mind) e Brendan O’Brien, il nome dietro lo Springsteen più recente. Infine, nel tentativo di dare all’album una vena intimista e malinconica, Flowers si è affidato ai ricordi della sua città natale, una Las Vegas eternamente sospesa tra il deserto e il peccato.
Il risultato purtroppo, viste le attese, è deludente. Flamingo è una raccolta di canzoni da casinò per serate di cantanti imbolsiti, appena venate da qualche arrangiamento fuori luogo e da una terrificante batteria che fa venire in mente le peggiori basi musicali delle pianole da pianobar. L’effetto è paradossale, nel tentativo di presentarsi fuori dallo stereotipo della rock star, Brandon Flowers assomiglia piuttosto a qualche stella offuscata del pop in cerca di riflettori nel Nevada. Potrebbe pure andare bene, se avesse 65 anni e 20 chili di troppo.
Cosa si salva? Il singolo, Crossfire, sul quale si sente l’apporto di O’Brien che resuscita da un oblio immeritato un qualche accompagnamento musicale finalmente in sintonia con il solista, e Only The Young, che potrebbe essere una canzone dei Killers, nemmeno tra le migliori per altro.
L’impressione è che per non fare qualche torto alla sua band, Flowers abbia cercato di far emergere la propria voce, privandosi delle magniloquenti basi musicali e dei cori che hanno reso celebri i Killers. La cosa avrebbe potuto avere un senso maggiore se coraggiosamente si fosse avventurato in un disco acustico, o semiacustico. L’effetto invece è quasi sempre quello di un artista che canta su basi preregistrate, gran brutta cosa.
Matteo Vannacci
|
Welcome to Fabulous Las Vegas
Only The Young
Hard Enough
Jilted Lovers & Broken Hearts
Playing With Fire
Was it Something I Said?
Magdalena
Crossfire
On The Floor
Swallow It
|