Weezer signs with Epitaph Records naming their album after Lost TV Serie succesful character Hugo "Hurley" Reyes. Being more rock than the previous "Raditude" serving a straight-ahead slab of power-pop.
La prima volta che ascoltai gli Weezer rimasi un po' perplesso. Era un tempo in cui ai cercatori di musica venivano concesse ben poche possibilità di scoprire cose nuove. Ci si aggrappava alla radio rimanendo sintonizzati su certe trasmissioni notturne un po' più coraggiose di altre o ci si ritrovava nelle camere di amici a frugare tra mensole piene di cassette, cd e pittoreschi vinili. L'album d'esordio del gruppo di Rivers Cuomo era chiassoso, sporco, assurdo, quasi grottesco, ma gli ascolti ripetuti della cassettina del "Blue Album" sul walkmen erano riusciti col tempo a trasmettermi qualcosa, farmi entrare in sintonia con il loro mondo, percepire intenzioni e melodie classiche sotto quello sciabordare di chitarre distorte. Di lì a poco, complice il video di "Buddy Holly" distribuito in modo sospettosamente viziato da MTV e supportato pure dal cd di istallazione della "nuova" versione multimediale di Windows, gli Weezer si ritagliarono un posto speciale in un prevedibile e troppo serioso mondo grunge diviso tra Pearl Jam e Nirvana.
Con il successivo "Pinkerton" andò ancora meglio. La band di Los Angeles, sicura del successo dell'"esordio blu", si spinse perfino oltre, in una rivisitazione in chiave moderna di Madame Butterfly su cui il promettente liricista Cuomo ricalcava le proprie vicende sentimentali, diventando portavoce di un'intera generazione di geek e dando vita in modo accidentale alla cultura emo. Il successo di critica e fan si trasforma però in un fallimento commerciale, innescando una serie di tentativi di risalita a partire dal ritorno sulle scene della band nei primi anni 2000
La produzione da allora si fa più prolifica, ma ogni nuovo album degli Weezer viene accolto parimenti con aspettativa e diffidenza da fan che auspicano un'insperata redenzione della band ormai avvezza a bordate hipster da shit-parade all'inseguimento di Justin Timberlake e Lady Ga Ga, nuovi modelli di approvazione e successo. Gli Weezer decidono di tentare quindi un nuovo ritorno all'"indipendenza", spogliandosi perfino del proprio nome sulla copertina lasciando il posto a... "Hurley"!
Accantonata l'utopia di un ritorno alle suggestioni dei primi due album, messo da parte il sospetto che non vi sia nulla di spontaneo nella scelta di legare l'immagine del progetto al faccione del più popolare personaggio di Lost, "Hurley" rimane un album con un'identità precisa, un'apprezzata disintossicazione da auto-tune e un maggiore sforzo creativo sulle liriche.
"Hurley" apre con la trascinante "Memories", un vero e proprio inno da stadio potente e liberatorio da cantare a squarciagola sparando lo stereo a tutto volume.
L'album prosegue egregiamente con l'accattivante "Ruling Me", a metà strada tra una graffiante versione di "Obladì-Obladà" e una "Why Bother" rianeggiata da Jeff Lynne. L'apertura di "Trainwreks" fa gridare al miracolo, con un perfetto equilibrio tra melodie alla Weezer e la ricerca di un nuovo sound a innescare una "Island in the Sun 2010" mancata. Il sospetto che la nuova ammiraglia della band si riveli in realtà un po' una mezza chiatta comincia ad affiorare con "Unspoken", un brano da cameretta un po' troppo ingenuotto che gode però di un accattivante arrangiamento per archi e flauto traverso.
Ampiamente criticato il brano "Where's my sex?", nato dall'errata pronuncia della figlia di Rivers della parola "Calzino" ("Ma dove avrò cacciato il mio sesso?"), che con il suo energico e puntuale accompagnamento elettrico alla Elastica e un testo totalmente stralunato e fantasioso mi suona invece più genuino e convincente di ogni altra traccia dell'album.
"Run away" sembra estratta per sbaglio dall'armadio delle demo tape di Cuomo. Si affida ad un testo dal sapore romantico quanto insipido e un muro di soffusi cori alla Electric Light Orchestra. La suntuosa "Hang On" potrebbe essere la strada per il nuovo sound, se non fosse per le allarmanti bordate verso un dozzinale corporate-punk.
"Smart Girls" è il tentativo di Rivers di suonare come "un ragazzo suburbano dal nome biblico" nel suo interrogarsi sulla provenienza repentina di bellissime ragazze intraprendenti dopo anni in cui non riusciva a battere chiodo. 15 anni fa una canzone del genere sarebbe stata una caustica "I'm tired of Sex".
"Brave New Words" è un brano a mio avviso incomprensibile ed estraneo all'identità delle band. Probabilmente sarebbe calzata meglio a Tom Petty. L'album si chiude con la Zeppeliana "Time Flies", pregevole ballata acustica in finto lo-fi sulle stesse coordinate del brano di apertura.
Come recente consuetudine per molti ex indie passati a maggiore successo, le tracce più gustose sono affidate alle bonus tracks della versione deluxe. "All my friends are insects" e "Viva la Vida" valgono di più di qualsiasi "Heart song" e "The Girl Got Hot" registrate negli album precedenti, mentre "I Want To Be Something" è ESATTAMENTE quello che ogni fan della vecchia guardia si aspetterebbe per tornare a godere di un album di rilievo. Il brano rende ancora più contrariati nel constatare come le potenzialità di Cuomo come compositore siano rimaste intatte, dando la conferma di come spesso siano immersioni troppo cerebrali e prolungate in candeggi di patinate rifiniture a rovinare canzoni potenzialmente valide. E' il caso di "Represent", lezioso richiamo alla tifoseria stelle e strisce realizzato per la squadra di calcio statiunitense: gli spettri di "Fame" e "Spiderman" uniscono le forze per competere con "Waka Waka".
Nel complesso "Hurley" è un album onesto ma forse un po' troppo furbetto e patinato, distante dal capolavoro sognato dai fan. Nel video di "Pork and Beans" Rivers catalogava in modo preciso il numero dei suoi bizzarri esperimenti mediatici. Riusciranno i nostri eroi a farci ricredere con il prossimo tentativo? Un nuovo album in studio è già pronto ad uscire nel 2011 dopo una lussuosa ristampa di Pinkerton, una raccolta di inediti e il terzo volume degli archivi da cameretta di Rivers Cuomo "Alone". Insomma: avremo di che discutere e ascoltare.
Mark Zonda
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