. | SPECIAL John Barleycorn Must Die
Nati a ridosso dell’estate dell’amore, Traffic (Jim Capaldi, Chris Wood, Dave Mason e il giovanissimo e super talentato Stevie Winwood) avevano deciso di mettere ordine nelle loro idee musicali nelle verdi campagne del Berkeshire presso il cottage di Aston Tirrold, e metter giù le fondamenta di qualcosa di solido che, lasciandosi dietro il beat prendesse il volo per altri lidi. Il progetto musicale era sulla carta e nella scrittura fortissimo: generò capolavori come l’iniziale Perly Queen, Dear Mr Fantasy, Forty Thousand Men, No Face No Name No Number, Feelin’ Allright e altre gemme ma non poteva però durare a lungo visto l‘indole dei giovani musicisti in forza al gruppo. In poche stagioni e 3 dischi, Traffic - sull’onda dei dissensi fra Mason e Winwood - si sciolsero senza nessun futuro e molti interrogativi mentre il giovane Stevie veniva tirato per la giacchetta da offerte, leggi Blind Faith, che non sarebbero durate. Nel Settembre 1969, chiusa l’esperienza piuttosto arida e breve con la band formata insieme a Clapton, Baker e al bassista Rick Grech, Winwood, il cui migliore interlocutore era rimasto nel frattempo Chris Blackwell suo primo manager e discografico della rampante Island, viene convinto a tentare la strada solista e affidato al “trattamento creativo in follia” (parole di Ian Hunter a questo giornalista) di Guy Stevens, già Dj, A&R e socio di Blackwell. Stevens diventa fin da subito una delle chiavi di quello che sarà uno dei grandi capolavori del 1970. Guy, tipo non convenzionale, con poche idee ma chiare, era solito perseguire le sue con fede cieca (appunto!), esercitando sugli altri, grazie a una estrema confidenza in se stesso e nel suo personale credo, un potere psicologico pazzesco. Winwood, in fin dei conti un ragazzo appena poco più che vent’enne, nella mente di Blackwell è ancora un giovanotto facile da influenzare. Gli eventi si dimostreranno però totalmente diversi. Le sedute di registrazione del nuovo album cominciano nell’Ottobre 1969 presso gli studi Morgan di Londra con un titolo di lavorazione quanto mai ubiquo, Mad Shadows. Quando però Stevens cercò di istigare Stevie a misurarsi con “Great Balls of Fire” di Jerry Lee Lewis fu subito chiaro al giovane artista che la produzione stava prendendo la piega sbagliata. Desideroso di misurarsi con persone al “proprio livello” Winwood contattò senza esitazione Jim che iniziò a fornire all’autore le prime liriche per il nuovo disco. Ma la vera svolta avvenne con il ritorno di Chris Wood dal tour statunitense di Dr John. Traffic erano a quel punto effettivamente rinati. Wood portò con se il tradizionale che avrebbe dato il titolo all’album, acquisito attraverso una registrazione dei Watersons. Winwood e Capaldi rimasero così colpiti dal brano - la cui origine risale al sedicesimo secolo - che decisero insieme che quel brano avrebbe dato il titolo al nuovo album A Novembre Stevie stese la prima versione di John Barleycorn, ben diversa da quella definitiva con Steve e Chris Wood a dargli man forte. Fra gli extra appaiono gli originali "I Just Want You to Know" e “Sittin' Here Thinkin' of my Love". L’album ebbe una battuta d’arresto per permettere a Winowood e Wood di partecipare alle serate della abortita Ginger Baker’s Airforce al Birmingham Town Hall e alla Royal Albert Hall (15 Gennaio 1970) da cui il doppio live a nome della band di Baker, nata per monetizzare il nome Blind Faith e l’idea del supergruppo. Un bella dose di sovraincisioni furono necessarie per raggiungere l’effetto voluto da Winwood in John Barleycorn Must Die. Cantante, chitarrista, pianista e tastierista eccelso, in una intervista dell’epoca il giovane Steve confessò di aver trasformato un progetto solista in uno di gruppo affinché la musica potesse raggiungere territori mai toccati prima”, riuscendoci!. Una curiosità: Il secondo album dei Mott doveva originariamente intitolarsi Sticky Fingers ma gli Stones bruciarono il titolo alla band fin dall’inizio delle session di Brown Sugar, la prima canzone registrata per quell’album. I Mott non mandarono mai giù il ladrocionio. Per i completisti: i dischi dei Traffic e dei Mott pur seguendo un preciso ordine catalogico non vennero pubblicati seguendo quello stesso; mentre i due album nel mezzo sono ILPS 9117 Spooky Tooth: The Last Puff e ILPS 9118 Cat Stevens: Mona Bone Jakon ed escono contemporaneamente all’album dei Traffic, l’altrettanto seminale Free: Fire and Water ILPS 9120 viene pubblicato ben un mese prima (giugno 1970) a dimostrazione che tutti i prodotti citati venivano messi in un processo di pubblicazione dalla forte identità aziendale. L’America accolse l’album più velocemente della sua terra d’origine spedendolo al quinto posto in classifica dove vi rimase per ben 38 settimane e raggiungendo il disco d’oro nella settimana natalizia del 1970 John Barleycorn Must Die, descritto da una copertina apparentemente innocua rappresentante una tela da imballaggio su sfondo ruvido, ebbe il compito esimio di aprire un varco per traghettare in casa Island records il rock artistico, concettuale, sfaccettato e pieno di anima di una band, Traffic, che sulla carta non esisteva più verso lidi non distanti dall’influente svolta folk rock dei Fairport Convention compiuta con Lieg & Lief, blasonato ellepi di solo sette mesi precedente a John Barleycorn. Due album senza tempo. Ernesto de Pascale
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