Heady and reflective atmospeheric audio setting for the talented Portland’s singer/songwriter at his 5th album. The best so far.
Personalissimo cantautore, reduce da una bella elegia audio al mondo andato della radiofonia di una volta, M Ward ha la cifra adulta di quello che ne ha viste tante e le vuol raccontare tutte (“Magic trick“) e allo stesso tempo l’innocenza giovanile di chi vuol ridefinire stati e confini della musica (ci prova con il genere Surf nella strumentale “Neptune ‘s Net“) nel suo nuovo, quinto album, “Post War“.
Dotato di una bella testa pensante e deduciamo di una autorevolezza non comune Matt Ward, che solo pochi mesi fa assemblò un bel tributo a John Fahey (il cui spettro compare distinto nella conclusiva “Afterward rag”), con questo album unisce arcano, profano nelle ampie braccia del genere Americana puntando a un generale effetto intimista anche lì dove la musica più si riscalda (“Right in The hed“).
Il giovane artista di Portland, Oregon, in“ Rollercoater” vorrebbe essere Joseph Spence mentre in “To Go Home “ si propone come alter ego maschile di Neko Case. Tutto in una sorprendente unità stilistica che indica la maturità del giovane, coadiuvato qui e lì da Jim James di My Morning Racket che aiuta Ward ad ampliare gli orizzonti per un risultato decisamente raffinato che non perde mai però di vista la semplicità.
Ward vince la sua scommessa con l’originalità grazie a una scrittura minimale ben inserita nel contesto attuale dell’alternative country come in “Requiem“, un brano che potrebbe provenire da qualsiasi epoca ma scritto da Ward, in il solo Matt, accompagnandosi alla chitarra e cantando, affida la ritmica non a uno ma a ben due batteristi per un risultato sorprendentemente amalgamato considerata l’assenza del basso. A dimostrazione che anche nel cantautorato la sperimentazione paga se solo si hanno le idee chiare. Con “Post War” M Ward conferma il suo stato di grazia di testa pensante.
Ernesto de Pascale
|
Track list
|