Daughter of late Seventies’ California Sunshine tries to make it on her own
Dopo l’esordio qualche anno fa con la sua band, “Lode”, Inara, figlia dell’immenso Lowell di littlefeatiana memoria torna con un tenue e delicato album solista frutto della collaborazione con Michael Andrews, autore delle musiche di “Donnie Darko”, uscito in america nel 2005 e solo oggi proposto al pubblico europeo. A parte un paio di brani accelerati (“Genius”, “Pull Things” dalla falsa partenza) che la 32 enne George interpreta bene ma che non sono chiaramente sulle sue corde nonostante l’ufficio stampa si sbracci nel paragonarla ad Aimee Man, Bjork e Emiliana Torrini, è sulle ballate che Inara dà il meglio di se stesso, vadano esse verso il pop contemporaneo, il melodico o il cantautorato classico californiano in genere. Peccato che aleggi una atmosfera da “belli, giovani e carini” che fa tanto “Singles” e poco “Sex & The City” come in “Good to me” e “White lights”. Tutte canzoni corrette, anzi, troppo corrette. Svetta non è un caso “A Day”, con la partecipazione del padrino della ragazza, tal Jackson Browne, che raddrizza tutto, le lievi “Fools Work” e “Turn Off/On”, la cover molto da Hollywood Happy Hour di “Fools in love” incisa dal suo autore, l’inglese Joe Jackson, nello stesso anno in cui il papà Lowell si trombava Rickie Lee Jones in cambio di “Easy Money” una canzone che ha fatto da sola mezza carriera della Jones. Storie da una Lost Hollywood che Inara George deve aver solo aver sentito dire. Meglio così, forse. Erano altri tempi, ci volevano altri coglioni. A sentirla cantare non ci pare che una così le avrebbe potuto reggere la pompa, siamo seri.
Ernesto de Pascale
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Track list
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