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Intervista a Tony Joe White

SPECIALE PETE BROWN

Pete Brown - Living Life Backwards
(Harvest/Emi)

Poet, musician, political activist, Jack Bruce’s right arm, Pete Brown, now in his late sixties, is still rocking and rolling. This is a reminder of an era which will never comes back, a time when he was the “voice” of a social ideal and the rapresentative of an alternative collective. It’s too late to stop now, he says, no doubt about it!

Poeta freakbeat, lucido visionario ma conosciuto al grande pubblico come paroliere dei Cream e braccio destro in special modo di Jack Bruce, che lo ha voluto al suo fianco fino ai nostri giorni, Pete Brown è un nome importante della scena alternativa inglese degli anni sessanta, ben da prima di affermarsi come paroliere prediletto del primo supergruppo britannico.
La familiarità negli anni dei Cream con Clapton, Bruce e Baker permise a Pete Brown di trovarsi un proprio spazio nel mercato discografico dei tardi anni sessanta – dopo averci provato per quasi dieci anni! - grazie soprattutto alla nascita dell’etichetta alternative/underground in casa EMI, la Harvest celebre in primis per i Pink Floyd, rifugio però di tanti altri talenti minori per popolarità ma non per qualità.
Brown, vocalmente una sorta di ombra di Bruce, anche per divisioni metriche, sull’onda di “White Room”; “Politician” e ben altro ( “Deserted cities of the heart”, “Rope Ladder for the Moon” , “Theme for an imaginary western “ per citare le prime) trova facilmente campo nel 1969, allo scioglimento del trio, e insieme al suo folle ensemble di stazza a Ladbroke Grove,” The Battered Ornaments “ incide un album in cui si incontrano improvvisazioni che permettono a Brown di sciorinare i suoi testi e impulsi rock/jazz alla Colosseum (con i quali collaborò grazie alla sua antica amicizia con Graham Bond).
Nasce l’album “A meal you can shake hands with in the dark“.
Per Pete questa formazione, “The Battered Ornaments” – in cui spicca un giovanissimo Chris Spedding alla chitarra e Dick Heckstall Smith dei Colosseum come ospite- non è la prima esperienza professionale di gruppo; infatti il poeta ià nel 1967 aveva guidato, con il giovane John McLaughlin e il contrabbasista Deny Thompson al fianco, la leggendaria The First Real Poetry Band, ma, in quel momento ome non mai, per The Battered Ornamets il futuro sembrava oltremodo brillante.



Invitato nel luglio 1969 ad aprire il celebre concerto dei Rolling Stones ad Hyde Park (quello che lanciò e consacrò i King Crimson e a cui parteciparono anche The Third Ear Band), il gruppo pensò bene di dare però il benservito proprio a Brown pochi giorni prima dell’importante evento, perdendo così la forza promotrice della band e il testimonial di una credibilità underground improponibile dagli altri, per altro meno conosciuti di Pete e ben più giovani.
Brown, da bravo fricchettone, non si crucciò più di tanto dello sgarbo e formò i immediatamente una nuova band, “Piblokto”, un gruppo molto più agguerrito del precedente, che con il proprio primo singolo “Living Life Backwards”“ dimostrò subito di avere nel giovanissimo chitarrista scozzese Jim Mullen un cavallo di razza.
Lasciatosi dietro le spalle la Blackhill agency (che gestiva tutte le band del giro alternative nel quartiere hippy di LadBroke Grove) e ingaggiato dalla Bronze di Gerry Bron, un bravo agente che gestiva già i sempre più acclamati Colosseum e gli appena nati Juicy Lucy, “Piblokto” si mise all’opera per un album d’esordio davvero bello.
Il gruppo non sfondò in patria ma convinse invece pienamente i francesi e incontrò i consensi di quel pubblico, per altro ben abituato alla qualità, che riconobbe in Brown un vero poeta della beat generation. Insieme ai Soft Machine , ai Caravan e agli East of Eden, che ebbero addirittura un numero uno in quella nazione, Pete Brown’s Piblokto divennero eroi all’ombra dell’arco di trionfo.
In meno di un anno vennero pubblicati due album (“things may come and things may go, but the art school dance goes on forever“ nell’aprile 1970 e “Thousand of a raft” nell’ottobre 1970) ma la band ebbe anche il tempo di inframezzare i due dischi da uno straordinario singolo, “Can’t Get Off the Plane “alternato alla non meno intensa “Broken Magic“ sul lato B.
Presto i musicisti che affiancavano Pete Brown dettero però forfait, abbagliati da nuovi ingaggi: il batterista Rob Tait e il tastierista Dave Thompson emigrarono nella nascente band di Rhythm & Blues Vinegar Joe, guidata dai talentuosi vocalist Elkie Brooks e Robert Palmer, mentre Jim Mullen entrò a far parte della nuova formazione dell’organista Brian Auger, una band nata sulle ceneri dei celebri Trinity scioltisi dopo la dipartita di Julie Driscoll di cui si parlva benissimo prima ancora che questa avesse suonato una sola nota, Oblivion Express.
Per Pete brown ‘s Piblokto ci fu tempo per un ultimo singolo con i vari sostituti già ai loro posti ma la pur interessante “Flying hero sandwich” servì solo a sancire la fine del rapporto contrattuale con la Emi/Harvest.
Era il Novembre 1970.
Il gruppo, demotivato dai molti cambiamenti e da una veloce evoluzione in atto sulle scene internazionale, riuscì a sopravvivere ancora anno ancora e si sciolse senza troppo clamore dopo un ultimo concerto a Montpellier in Francia nell’ottobre 1971.
Pete Brown non si guardò molto a lungo indietro e non ebbe tempo né voglia di rimpiangere i pur bravi Piblokto.
Già nel gennaio 1971 aveva lavorato alacremente con Bruce per completare “Out of the Storm“, un disco che presenta almeno due capolavori immortali del repertorio della coppia Bruce/Brown, “You turned the tables on me“ e “Folk Song” , mentre dalla successiva tournee europea – quella che si concluse anticipatamente a Milano nel novembre 1971 con la letterale defenestrazione di Graham Bond – Pete trasse spunto per la sua futura avventura, proprio insieme all’ormai stralunato organista britannico.
Bond & Brown insieme non andarono molto lontano: incisero un disco, “Two heads are better than one“, ed un extended play con tre brani.
I due e la loro band si misurarono anche con una colonna sonora rimasta inedita fino alla ristampa su cd di “two heads are better than one”(a opera della tedesca Repertorire, nel 1992) e suonarono spesso nei grandi festival tedeschi e francesi, mentre sporadiche furono le esibizioni inglesi: tutti gli show vennero, comunque, funestati dalla abitudini sempre più folli di Bond, oramai devoto alla magia nera e bianca.
Mentre il matrimonio di Bond con la bella Diane, moglie e faccia del gruppo, si andava dissolvendo, Brown si allontanò progressivamente anche da questa occasione persa e non si stupì più di tanto quando, nella primavera 1974, gli venne comunicato che Graham Bond era morto, forse suicida, sotto le rotaie della metropolitana londinese.
Per Pete Brown la ruota non si sarebbe mai fermata: avrebbe inciso nel 1973 per la Deram, nel 1977 di nuovo per la Harvest, e poi ancora nel 1983 (Disc-Int ), 1987(Decal), 1991 (Aura) continuando la carriera di paroliere al fianco di Jack Bruce.
Intervistato a proposito della compilazione “Living Life Backwards” curata per la rinata Harvest da Mark Powell così si è espresso: “penso che l’album dei Piblokto abbia resistito all’usura del tempo – ci disse in esclusiva poco prima di essere insignito con un meritatissimo premio alla carriera sul palco del Premio Ciampi, a Livorno nel dicembre 2005 – e riascoltando il materiale della band ho trovato spunti ancora interessanti. Erano tempi frizzanti, si respirava aria di libertà. Ancora oggi riesco a suonare sul palco “Thousand on a raft” ma le cose sono terribilmente diverse. Molte menti lucide non ci sono più e noi che siamo rimasti in azione non possiamo fermarci. È troppo tardi per tornare indietro!. C’è una missione che non è stata ancora completamente portata a termine e si sintetizza in due parole: libertà e felicità”.

Ernesto de Pascale

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