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Danny Cohen – Dannyland
(Anti)


Danny Cohen è un tipo che sente delle voci risuonargli in testa. E’ chiaro sin dalle prime note di “ The Devil & Danny Cohen “ il brano d’apertura di “Dannyland “, in cui pare 2 strutture musicali si sovrappongano e facciano a cazzotti ma godendone un pò entrambi i cazzottatori…
Spiegazione empirica per introdurre un disco che Tom Waits ci ha consigliato apertamente e che a lui deve qualcosa visto che il baritonista Harry Carney, collaboratore di Tom più volte, ne è in parte il produttore. In “Danny land “ si deve attendere il terzo brano per ascoltare qualcosa con un capo ed una coda – “Motel Sex “, sembra un outtake di “ Some Girls “ degli Stones… - e poi lasciarsi accompagnare nel mondo sfaccettato di Danny- Per capire quel mondo immaginate uno specchio rotto che riflette in vostro volto mille volte, ogni volta con una sfumatura differente. Ecco il disco di Cohen che ha tante affinità con il Waits di “ Bone Machine “ e che ci auguriamo Tom adotti a pieno titolo adesso che si avvicina la pubblicazione del suo nuovo disco.
Nel suo piccolo mondo ( antico ) ricco di naivete e strumenti meccanici Cohen trova il tempo di dedicare una piccola canzone tutta sbilenca ma ricca di pathos a John Lennon ( “ Still Alive “ ) .
Di se stesso Danny dice nel brano “ Realm of Fantasy “: “ Le ore illuminate dal sole nella mia giornata sono torri d’avorio stipate di sogni ad occhi aperti, dove le ombre sono arazzi intrecciati; e la mia radio suona melodie eroiche. Io le sento quando vado a dormire “.
“Dannyland “ è un disco da tenersi stretto oggi dì. Contende sicuramente alla annuale competizione per il miglior disco di questi dodici mesi in corsa ma lo fa su una corsia parallela al mondo che noi viviamo. Lì, al nostro fianco, quasi impercettibilmente, scorre il mondo di Danny Cohen anzi, la sua terra, “Dannyland “. Questi 48 minuti paiono quindi una dimostrazione di come si vive laggiù, un depliant sonoro di un’ isola che non c’è o forse sì. In definitiva, un disco che piacerà ai viaggiatori di luoghi della mente.

Ernesto de Pascale




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