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Mark Lanegan band – Bubblegum
(Beggars Banquet/Self)
www.marklanegan.com


Il cantante degli Screaming trees e di Queen of the Stone Age recita il de profundis e vomita tutta la sua dissociatezza in un album che va subito sparato nella top ten dell’anno.
“ Bubblegum “ è tutt’altro che un disco da masticare e sputare; ora che Tom Waits non rappresenta più le masse che consuma i pochi soldi che ha al Carrefour, Lanegan è diventato il loro santo protettore.
In questo album il quarantenne artista reinventa il blues e fa uno sberleffo a tutti quelli che pensavano di aver sentito tutto nel genere “americana “. Usa tutti i suoni a disposizione Mark purché riescano a sostenere la narrazione e la sua voce ruvida, abrasiva, cruda che inciampa su pochi accordi e si trascina affascinante attraverso il 15 brani di “Bubblegum”, il suo miglior album ad oggi.
Grande storyteller, uomo agitato da problematiche profonde, sconvolto da una esistenza che lui ha potuto solo complicare, Lanegan – il ricordo è la sua figura curva sul microfono completamente all’oscuro – pare aver trovato un po’ di pace.
Qualche anno fa in un disco di cover, “ i’ll take care of you “ ( Sub Pop, 1999 ) ci indicò i predecessori, i perdenti che lo avevano ispirato – da Fred Neil a Buck Owens – adesso con “Bubble Gum “ la fotografia su questa società degli outlet che lui pare di capeggiare è messa meglio a fuoco e l’album pare dirci che anche queste persone hanno diritto a un qualche riconoscimento. Riconoscimento invero gramo perché qui si sente l’urlo di chi si fa il culo 18 ore al giorno – il tutto attraverso la profonda sensibilità dell’artista – e trova in Lanegan il giusto ambasciatore.
In “Bubblegum” svetta l’iniziale blues di “when your number isn’t up”, “metaamphetamine blues” il cui titolo da solo farebbe la gioia di Neil Young, “ One Hundred Years “, spettrale e autorevole che paga un lontano tributo ai migliori Wall of Voodoo di Stan Ridgeway, forse il brano più raffinato, il quasi gospel da predicatori allo sbando di “Strange Religion” con gli ex Guns & Roses Izzy Strandlin e Duff mcKagan, il punk di “Sidways in reverse “, “like little willie john “ che comincia in un modo e finisce in un altro, “Morning Glory Wine “ un bel crescendo sporco e malato, ballata personale e profonda.
Atteso in Europa per confermare il suo stato di grazia Lanegan ci rassicura intanto sulle sue condizioni – più volte si era pensato di averlo perso per sempre – e ci regala questo piccolo, completo, capolavoro di personalità e spessore.

Ernesto de Pascale



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