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USA Report, 2004.
July 27th - August 9th
“Goodbye America, how are you /say, don’t you know that i’m your native son ?
i’m on a train they called The City of New Orleans/ and i’ll be gone 500 miles when the day has gone” (Arlo Guthrie)
Limo courtesy by mr. Gregg Levethan
Niente grandi città per questo viaggio in America, estate 2004 ma luoghi diversi fra loro per abitudini, latitudini e abitanti. Prima Gregg Levethan a Pound Ridge, dove lo stato di New York si incunea in quello del Connecticut, visita dovuta e voluta con tante storie da aggiornare ma anche molti vinili da ascoltare Gregg dopo alcune stagioni lontano dalle sue radici è tornato prepotentemente sulle “scene “ poi giù in Florida, a Jacksonville per l’esattezza, per l’atteso concerto di Lyle Lovett (Jacksonville era l’unica “coincidenza” possibile fra le possibilità pratiche della mia compagna Laura, una fans scatenata!, e mie di vederlo finalmente dal vivo) e poi ancora più a Sud, fino a Orlando, più precisamente Celebration, una curiosa esperienza in una non di meno curiosa comunità che più avanti descrivo più precisamente, per poi volare di nuovo a New York, prendere una macchina a noleggio e guidare a Nord dello stato stesso, direzione Albany, alla volta di Phoenicia, 25 miglia da Kingston, 12 da Woodstock per andare a trovare Marshall Chess e conoscere il resto della sua famiglia, passare 3 giorni nella foresta delle Catskill Mountains, pianificare l’album di Dropaflo, un sogno nato un anno fa e oggi realtà.
Ma cominciamo con qualche Crab Stone cotto da Gregg e qualche granchio fritto al suono di Clarence Carter e Jackie Wilson !
Gregg @ the controll
...mi hanno svegliato i cervi... che posso aggiungere? sul sito dei cani cho chow (www.chochow.com) trovi uno dei due cani di Gregg e una delle due sue bimbe, Isabel, con il loro vincitore di qualche premio famoso... ...devo dire che il posto è illuminante, almeno per chi ci passa poco tempo come me...tutto parte da un altro punto e poi ci sono molte migliaia di chilometri fra me e il resto dei problemi, il che, non è poco...
Per il giorno dopo è stata programmata una gita a Cold Springs, sul fiume Hudson, non tanto per andare a visitare il museo della famiglia Tiffany che qui costruì una suntuosa villa con finalità anfitrioniche che un incendio distrusse nel 1933, ma quanto per “scovare “ un nuovo negozio di dischi usati, appena aperto nella ridente e minuscola località turistica dove, lungo la strada principale si susseguono vari negozi di antiques. La caccia produce un lauto bottino (vedi altrove lista dischi, cd, dvd, libri) e sulla strada del ritorno ci fermiamo a Caremoor, pochi chilometri da Stamford,Ct, dove si svolge un celebre festival estivo di musica classica consultabile al sito www.caremoor.org. Ma il tempo è tiranno perchè domani ci attende la Florida! e il concerto attesissimo di Lyle Lovett…
Giardini di Caremoor
Jacksonville: sto camminando una città fantasma: proprio come nei film di una volta la gente del Sud arriva da lontano con i propri motor home per un evento questa sera il concerto di Lyle Lovett per poi scomparire ma poi, intorno, uno sconcertante senso di vuoto.
Qui intorno a me non c’è proprio nulla se non palazzi futuribili. La stazione di un greyhound, è l’unico segno di un passato low fares.
I giornali locali commentano gli sforzi fatti dagli amministratori locali per ridare vita al centro di Jacksonville ma se questi sono i risultati non hanno fatto molto. Un taxi alle 23 è una chimera, per chiamare devi entrare in un albergo. Bella, per carità!; ma triste…
Jacksonville Skyline
che viaggio fino a questo posto del cazzo per amore della musica… ieri sera quasi facevo a schiaffi con uno tipo ”tipo joepascale” (un noto pugile dixie degli anni cinquanta) perchè gli sono passato davanti per fare le foto a Lyle...ne ho fatte 7 spero che almeno 1 sia buona...
Ci metto un pò a capire che la vera città è altrove. Mi trovo allora sperso in un Hilton che offre tutti i servizi possibili immaginabili e penso alle cronache di guerra dall’Iraq dove si racconta che i giornalisti occidentali se ne stanno nei loro lussuosi hotel e trascrivono i report copia e incolla dal web o ciò che i loro scagnozzi gli raccontano. Qui, fortunatamente, le cose sono altre e mi devo solo limitare a un pò di noia. Fa niente. Lovett ripagherà tutto questo alla grande.
A essere sinceri qualche cosa di interessante per la mia curiosità accade anche qui: si svolge infatti una grande riunione di due giorni di mi pare di capire massoneria di colore locale che, sbirciando fra i fogli del quartetto che fa colazione al nostro fianco, deve essersi riunita qui per decidere a quale dei due candidati presidenziali votare.
Qui si dice che Kerry non abbia detto molto ai neri se non le solite cose che si dicono ai neri e che cioè la loro posizione sociale verrà riscattata, che il loro ruolo sociale è oggi più centrale che mai nell’economia dell’America e altro ancora. Bush, dal canto suo, come prima mossa si è scelto un ufficio stampa di colore, Dan King e poi, mica bischero, a parlare con il NAACP ci ha mandato quello.
Questa sera sono qui riuniti tutti in pompa magna, abiti da sera come solo i neri sanno e possono permettersi, permanenti, scarpe lucide, onorificenze e voce alta, con le donnone grasse e belle che mangiano con le mani il pollo e poi si rimettono a posto la permanente.
Non so come potrà andare a finire ma ho solo capito che dopo che ci saremo tolti G.W.B. di torno saremo più o meno al punto di prima perchè il presidente degli Stati Uniti d’America è prima di tutto “ ladies and gentlemen the President of The United States of America “ che prima di badare a ciò che gli dicono gli alleati deve badare ai suoi di alleati.
Resto così in attesa e non mi meraviglio quando il New York Times pochi giorni dopo titola che i neri della Florida probabilmente toglieranno il voto a Bush che non ha mantenuto le promesse sulle immigrazioni. Con la ferma convinzione che tutto si giocherà all’ultimo minuto anche a causa degli accadimenti internazionali mi incammino verso il Florida theatre per il concerto di Lyle Lovett.
Lyle Lovett
...stamane alle sei ho fatto sogni pazzeschi: cadevo dal terzo piano, mi si bruciavano tutti i cd, restavo solo e mi perdevo in Florida...etc; credo che Celebration sia un posto senza negri, tanto per farti capire...sul TIME dei primi di luglio c'era invece un bell'articolo sul presidente Jefferson che scrisse la costituzione americana, ben altra cosa rispetto a Celebration. Qui, a questo Hilton, ieri ci deve essere stata una riunione della massoneria (che qui è ufficializzata) nera con più di 200 signori anziani neri bellissimi tutti in abito da sera e medaglia.
Credo di aver capito che hanno deciso di sostenere Kerry...non tanto perché è migliore di Bush ma perché ODIANO Bush... a Jacksonville la McDonald ha vinto una causa con una compagnia cinematografica indipendente che ha prodotto un documentario sui mali di McDonald che si chiama "oversize me"...tanto per farti capire come andiamo...
Celebration Avenue
Quando nel tardo 1964 Walt Disney inaugurò il Walt Disney World di Orlando in Florida si impose come l’operatore finanziario più lungimirante della zona paludosa che circondava una città fino ad allora dormitorio per le centinaia di migliaia di emigrati messicani venuti a cercar fortuna in America raccogliendo le famose arance della Florida.
Disney World si risolse, e continua ancor oggi su quella scia come la gallina dalle uova d’oro della corporation, nel nome di quella land of hope and glory che gli americani amano celebrare ogni meno che non si dica.
Disney, o forse è meglio dire i tipi della Disney, visto che Walter morì il 14 dicembre 1966 a soli 65 anni, vide bene avanti acquistando tutti i 27.500 acri a disposizione senza badare al risparmio visto che i 160 acri acquistati a Los Angeles, e tramutati in Disneyland, si erano dimostrati insufficienti per gli scopi prefissati e che il costo dei lotti locali una zozza palude ben lontana da qualsiasi risorsa commerciale era poco più di un tozzo di pane.
Mentre Disneyland rappresentava l’ossessione di Walt con il passato, con Disney World il patrono intendeva celebrare il futuro. Decise così di chiamare il nuovo parco EPCOT, “Experimental Prototype Community for Tomorrow“.
Il centro di EPCOT doveva essere strutturato come un parco di divertimenti non dissimile da quello di Hollywood ma intorno ad esso si sarebbe dovuta sviluppare una utopistica città del futuro, dove tutto, dalle condizioni meteorologiche all’alloggiamento degli impiegati, sarebbe dovuto essere controllato da EPCOT. Walt nella sua ultima vacanza con la famiglia decise addirittura di approfondire temi come la costruzione di città modello e si portò appresso un volume su come si organizza una università. Confessò alla moglie che riponeva molte aspettative in questa, al momento ideale, comunità.
Con la sua scomparsa e l’andare del tempo il Walt Disney World si preoccupò soprattutto di confermare il primato di principale Leisure Park d’America, ampliando negli ottanta il suo raggio d’azione a joint ventures con la Universal Pictures e la MGM e rinnovandosi con il cambiare delle esigenze e dei target.
Il parco offrì lavoro a migliaia di persone imponendo il pendolarismo di massa ma di certo rese Orlando una città diversa da ciò che era, imponendola come alternativa a Miami nel turismo per la terza età. Una zona di essa, Winter Park, venne bonificata da un solo benefattore, per essere trasformata in una piccola Sunset Boulevard.
Al Walt Disney World di Orlando apparentemente niente del progetto della primordiale “Experimental Prototype Community For Tomorrow“ era mai stato riproposto fino a quando nel 1994 nella zona più a sud dei 27.500 acri della Disney nasce Celebration, una città che si propone di offrire un nuovo urbanesimo a numero chiuso, gated community contro il logorio della vita moderna.
Celebration si sviluppa a forma di mezza luna fra laghetti, campi da golf e foreste tropicali in miniatura a mezzo miglio dalla vetusta 912, una antica strada di collegamento fra la moderna A 4 che attraversa da est a ovest la Florida e finisce a Tampa e la mitica A 1 che risale la costa est su fino al nord; sui bordi di essa è cresciuta e proliferata la Florida dell’Outlet, dello sconto, del Motel a 30 dollari, dei Wallgreen, degli House Depot, dei centri commerciali in genere, quel commercio che per ogni dollaro guadagnato dalla Disney ne guadagna due solo seguendo in “scia“.
È quindi un sollievo entrare in Celebration e lasciarsi dietro un’ America di seconda mano che ha deturpato alcune delle swamp più selvaggie del Sud in nome del turismo a tutti i costi. Nella piccola città tutto è perfetto: le 1600 case di proprietà saranno completate solo il prossimo anno e le attività commerciali sono poche e calibrate agli abitanti: prevalgono gli inglesi, mi pare di capire, e molti anziani hanno spostato il baricentro della propria vita qui. Famiglie con bimbi e amanti delle vacanze rilassanti e rassicuranti hanno trovato posto a Celebration, un ospedale attrezzatissimo è descritto con orgoglio, l’università della Florida ha aperto qui una sede distaccata, addirittura lo scontrino fiscale dell’ufficio postale locale recita “Friendly Celebration “; i palazzi alle porte della comunità offrono ancora stanze a questa o quella azienda che cerca il rilancio nel sud. Essi, a guardarli bene, non sono dissimili da quelli del nuovo centro direzionale di Firenze Novoli, anzi, sono uguali.
Architettura urbana familiare a Celebration
A Celebration - mi spiegano quando acquisti una casa puoi scegliere solo fra otto modelli e in certe zone la scelta si restringe a un modello e basta. Per motivi che ancora mi sfuggono la distanza massima fra gli immobili non può superare i nove metri. Come metro di paragone pensate che nello stato di New York la legge delle “wetlands” (terre bagnate) recita che per costruire una casa, approvatone il progetto, si deve essere proprietari almeno di un ettaro di terreno.
A Celebration la vita scorre lenta e felice (ma ho visto i proprietari chiudere la porta di casa a chiave…) e vige un formalismo un pò da recita di fine anno. A qualcuno ogni tanto gli scappa di sbracarsi un pò di più e viene subito guardato male.
Coloro i quali hanno fatto un investimento finanziario qui nei tardi anni novanta hanno oggi quasi triplicato il valore e le compre - vendite si susseguono veloci, pianificate spesso privatamente, cercando sistematicamente di evitare i grandi nomi del real estate che tentano di comprare per rivendere a valore quintuplicato.
Certo è che vedersi mettere in piedi una casa di otto o più stanze con porticato in stile “Via col vento “, con tre servizi, camino, doppio garage e altri optional piace a tutti coloro i quali sono cresciuti con il sogno americano negli occhi. Niente a che vedere con lo spirito dei pionieri però, della casa che legno dopo legno, mattone dopo mattone parla di te, anche se gli sforzi di personificare gli immobili sono evidenti.
Ma evidente più di ogni altra cosa che la scommessa della “ Experimental Prototype Community for Tomorrow “ è andata persa. Perchè la gente ha messo qui in atto nonostante le indicazioni e alcune limitazioni che fanno quasi sorridere la propria vita di sempre, il proprio gioco quotidiano, cercando, dopotutto, di fare salve le proprie istanze personali, magari viaggiando su una macchinina elettrica invece che in bicicletta ma senza sostanziali modifiche di vita.
Un canale locale della televisione è un “ canale dedicato ” a Celebration, poco più di quello che potrete trovare in un qualsiasi Hilton Hotel. Oggi comunicano che c’è bisogno di sangue all’ospedale di Celebration. La funzione sociale sembra espletata ma fuori casa dei signori con un t shirt che recita “manteinance team “ tagliano l’erba intorno casa e per un attimo ho il presentimento che siano spie governative.
Il centro della cittadina assomiglia tanto a quello di una città di mare italiana, un pò più simile a Marina di Pietrasanta che a Forte dei Marmi e ci si chiede come certe attività commerciali possano sopravvivere, tanto più che là fuori c’è proprio tutto a metà prezzo.
Si arriverà al ticket per entrare a Celebration?
Interno casa di Celebration
Questa sera rientrando a casa, abitiamo in Celebration Avenue, mi sono messo ad ascoltare il concerto della natura: rane, anatre e altri abitanti del mondo circostante cantavano per me mentre contavo le stelle che i razzi avrebbero presto raggiunto dal centro spaziale di Cape Canaveral. Dopo qualche minuto di questa meraviglia, sarà perchè l’abitudine di molti anni di studio di registrazione mi porta ad analizzare le fonti sonore ho cominciato a notare una certa ripetitività costante e cadenzata dell’orchestra proveniente dal bosco dirimpetto all’abitazione. Che perfezione canora le rane, che voce senza inflessioni, che percezione aura esatta, come se tutti gli animaletti restassero fermi e impettiti per cantare per me,e un brivido ha percorso la mia schiena e la drammatica domanda. Non sarà mica una registrazione ?
Celebration, Aspettando Charley
Mi hanno detto che dopo di me a Celebration è passato l’Uragano Charley. Il servizio metereologico di Celebration lo aveva annunciato fra le 20. e le 21 di sera e lui puntualmente si è presentato. La città ha retto bene così come il suo piano immobiliare per i prossimi anni se ne prevede uno così fra almeno 43 anni ! e il giorno dopo hanno solo dovuto sostituire qualche quercia piantata qui per bellezza ma non proprio sicura di aver messo radici nelle usanze locali.
Per un attimo ho pensato che visto il tempismo e la perfetta operatività locale anche Charley fosse una sindrome della mia schizofrenia oggi che tutto qui mi sembra un pò The Truman Show. Poi ho acceso il telegiornale e ho capito che Charley aveva fatto sul serio.
Allora ho spento l’elettrodomestico e ho recitato una preghierina allo zio Walt.
Per altre informazioni su Celebration e punti di vista e opinioni:
Pierluigi Cervellato su Domus n.854 del dic 2002 www.domus.it
Andrew Ross: Celebration, la città perfetta.L’Utopia urbanistca finanziata dalla Disney (ed.Arcanapop, pp 411, euro 17, 2001)
Ricco bottino oggi a downtown Orlando nella zona di North Orange avenue all'altezza dell'uscita 64 a dell'interstate 4. Si trova li' infatti Rock
& Roll Heaven che è una vera mecca e i cui prezzi ancora resistono all' incremento esponenziale del mercato dell'usato e del RARO. Ho trovato un Jimmy Reed su Bluesway ("Soulin'” BLS 6009) addittura sigillato a 25 $ (20
EURO). Questo è un lp che usualmente si trova in condizioni VG+ a 40 dollari altrove...e cosi' via.
Orlando, Rock&Roll Heaven (consigliatissimo dal Popolo del Blues!)
Alla guida della nostra Dodge Stratos ci siamo diretti a Winter Park. la Hollywood di Olrlando. Ci sono vari negozi e molti anziani.
Qui la cultura vacilla. Si spiega la globalizzazione con un libro sul calcio italiano ma non ci siamo… Certo è anche vero che i messicani aumentano e che i negri vivono in quelle che Muddy Waters ci ha raccontato nei suoi disc hi essere One Room Country Shack. Basta prendere la 192 e arrivare nella piccola Kissimee per capire...
Il rovescio della medaglia
Qui intorno, invece, lungo la 192, la “declassata”, è tutto un outlet, speriamo che non diventi cosi' anche il Mugello!... C'è di tutto; tutte le marche anche le più pregiate a poco, il che la dice lunga sul valore degli oggetti che compriamo e la loro qualità.
Welcome to the Chess’ World
Phoenicia, upstate New York.
Marshall Chess è un uomo primitivo.
Adesso che lascio la sua abitazione di Phonecia, 25 miglia da Kingston, nell’alto dello stato di New York, non lontano da Woodstock, proprio dentro le Catskill Mountains, e ripenso a ciò che ho visto e a ciò che mi ha raccontato, non posso esimermi da segnarmi sul mio taccuino queste parole.
Il sessantaquattrenne svengali è un pò come certi countryman giamaicani o certi bushman locali che abitano l' assolata isola del golfo del Messico (che peraltro Chess ama smisuratamente da ben prima delle session di “Black & blue “, l’album realizzato dai “suoi” Stones nell’isola) e, premesso che a casa sua si pasteggia a Champagne, la sua vita è quella di un eremita.
Dai!, lo so che non mi credete…eppure è la verità!
Non deve essere stato semplice passare dalla follia degli Stones a questo splendido rudere degli anni venti rimesso in sesto (il suo proprietario originario era il padrone delle ferrovie locali “L & N “, ricordate una canzone “…riding on an L & N train …”?) e alle sue abitudini un pò antiche.
Scopro così che se mentre da una parte Marshall scarica brani di hip hop per il suo Ipod da Itunes, dall’altra parte costruisce collanine di perle e pietre con scritte graffitate sopra del tipo “sex, drugs and rock & roll”.
At Chess' in Phoenicia
La sua casa è un mausoleo di modernariato americano e non: il letto coi bassorielievi scopro essere stato portato via dai tecnici degli Stones di passaggio dalla Turchia, il divano antico apparteneva a un cleb della caccia alla volpe di Plymouth, le casse Westlake erano quelle progettate per Stevie Wonder che la fidanzata regalò a Chess perchè non si intonavano con i colore della casa (che cazzo ne poteva sapere il non vedente Steve ? il giorno dopo la inseguì con il coltello) e poi teste di animali feroci, teschi di serpenti velenosi, una tromba, un amplificato bassman degli anni cinquanta originale, una foto autografa dei Beatles con tanto di data e dedica alla sorella di Marshall, abat-jour Tiffany rarissime, tappeti di pelli di ghepardo, amuleti amazzoni.
Sua moglie Robin è una tipica New York Girl cresciuta, strana ma molto simpatica, la figlia Jasmine vive nel suo trip e Jamar, con il quale lavoro a stretto contatoo per via del progetto DropaFlo quello più tranquillo. In questa famiglia che a volta mi ricorda per le sue follie la Famiglia Adams, Marshall è forse il più teenager di tutti. Si diverte come un pazzo e ascolta la musica cubana a volumi sismici.
Marshall & Ernesto go with the flow
Woodstock: per celebrare i 35 anni del più celebre festival musicale degli anni sessanta oggi a Woodstock si sostiene la nuova musica e presso il Bearsville Theatre i migliori artisti del New England si esibiscono sotto l’occhio vigile degli eroi della kermesse che si tenne dal 14 al 16 Agosto 1969 presso la proprietà di Max Yasgur.
Ritchie Havens, Country Joe, John Sebastian, Garth Hudson di The Band, il gruppo di Bob Dylan, Melanie e altri di quelli si intrattengono con i componenti delle nuove band con quella dimestichezza e quella confidenza che permise al festival di allora di non tramutarsi in una parata di egocentrici.
Woodstock era e rimane molto più di quei tre giorni e del suo milione di ospiti; era e rimane il centro di un movimento artistico nato nell’ottocento dedito alla scultura, al mosaico del vetro e soprattutto alla pittura con uno stile chiamato Hudson River Valley Painting, dal nome dell’ ampio fiume che scende fino a Manhattan i cui landscapes mozzafiato ispirarono molti acquerellisti.
La musica era e, oggi non di meno, resta parte dell’aria che si respira a Woodstock, “un’aria unica e speciale“, come cantavano le parole della canzone che la cantautrice canadese Joni Mitchell scrisse e che divenne inno del festival. Ma quello del 1969 non fu il primo nè l’ultimo di una lunga serie di eventi che oggi si ripetono e che, invece di raccogliere nomi altisonanti, chiama raccolta l’attenzione di tutta la scena underground della costa est.
Il merito del rinnovamento è da ascriversi alla lungimiranza di Albert Grossman, manager di Bob Dylan, che nel millenovecentosettanta per riassettare l’area ancora scossa dall’invasione di troppi giovani munì la zona di teatri, ristoranti, alberghi e impiantò proprio lì una delle,oggi, ultime gloriose stazioni radio indipendenti d’America, WDST, la cui voce è ancora eco delle celebrazioni e punto riferimento per la buona scena musicale emergente.
Maggiolino e porta WDST
C’è molta tranquillità e civiltà a Woodstock oggidì: nella piazzetta principale hippies di una volta e della nuova leva s’incontrano, nota di folklore pacifico, ma sono soprattutto le librerie come “the Golden Notebook” con la più completa sezione dedicata alla storia artistica delle Catskills Mountains, l’area boschiva di cui Woodstock fa parte, polmone verde nel New York State, a destare attenzione ed ad attrarre gli studiosi e i turisti.
Alcuni di questi visitatori oggidì danno l’impressione di non sapere cosa stanno cercando e tentano di seguire le tracce invisibili di un percorso che l’America celebra con rispetto e passione, ma senza tante più domande, mentre i più si affaccendano nelle cose artigianali della attività quotidiana poichè Woodstock è la patria di un artigianato ancora alto e maturo dove vince il buon gusto e che vale la pena indagare e scoprire.
Dalle radio delle macchine che attraversano lentamente la piccola cittadina echeggia adesso una vecchia canzone che WDST sta suonando spesso in questi giorni e il cui testo ci ricorda che un artista non si guarda indietro; si intitola “ She Belongs to Me “. E’ una canzone scritta e cantata da Bob Dylan, colui che nella piccola comunità dello stato di New York ci arrivò molto prima di quella tre giorni di pace, amore e musica e molto prima se ne andò.
L’unico, guarda caso, che a Woodstock in quel weekend dell’agosto 1969 non ci mise neppure piede ma del quale tutti, oggi qui riuniti, parlano usando i verbi al tempo presente a dimostrazione che lo spirito di anticonformismo di quella estate aleggiava in questa gente già da un pò e non è ancora andato perduto.
The Catskill Mountains Area
Viaggio da Phoenicia, che pare una stazione di posta non dissimile da Point Reyes in California, a Kingston, la più grande delle citta' in questa area.
Ma prima di ciò Marshall ci porta a vedere gli studi Allaire, www.allairestudios.com, dove Norah Jones ha registrato il suo secondo album. È un castello di proprietà di un certo Williams, ventenne musicista sfigato nipote del vicepresidente
americano durante la "tenitura" di Franklin delano Roosveelt. Questi williams, ci dice il manager dello studio, gia' manager dei Bearsville studios, mitico luogo di Woodstock, erano degli industriali dell'Illinois, ricchi prima degli eventi politici che li coinvolsero, e questa villa con patio era il rifugio dell'intera famiglia. Piscine riscaldate, due ali di appartamenti con torretta, 4 campi da tennis, polizia privata con elicotteri sono solo una parte della facility. Poi si arriva agli studi e li' ci si sente male: una regia è attrezzata con il più moderno solidstate logic, l'altra con una super regia Neve. Caratteristica della prima sala è un’ immensa recording room con due camini secolari, parliamo di un maniero di più di 150 anni che per loro è veramente il trapassato remoto, alta come una chiesa gotica, tutta in legno e pietra. Alle spalle della regia una sala prove che guarda una vallata con laghi che forniscono acqua giù fino alla citta di NYC. La seconda sala ha caratteristiche ben diverse; la regia è dentro la recording room e non c'è divisione fra le due aree. Impressionano i 47 amplificatori (li ho contati) tutti risalenti almeno agli anni sessanta e le 76 chitarre (ho contato pure quelle) per le quali ho perso gli occhi. Una serie di valletti ti foraggiano di cibo, bevande (e altro, secondo me e il mio olfatto...). Ogni studio è attrezzato con una relativa cucina non dissimile da quella di un ristorante di lusso con relativo chef (anzi almeno due perché ci sono molte richieste - mi spiegano - di cibo vegetariano, macrobiotico, giapponese e altro). Agli Allaire conosco il produttore inglese John Lockie
(La's, Happy Mondays, Simple Minds) che sta registrando i "longways" band emergente newyorchese per la RCA/BMG e mi è subito chiaro che qui senza una major non lavori perchè i costi e la permanenza non puo' essere limitata a un solo giorno. Il manager mi spiega che quello che offrono è proprio la possibilita' di concentrasi, di non aver bisogno di null'altro (?!?), di restare sotto pressione. Lockie è molto determinato e tipicamente british nel suo fare, gli sento dire che per oggi hanno deciso di lavorare "presto" (sono le 12) visto che stanotte hanno finito alle 6 di mattina. il gruppo, mentre si prepara la sala, è in sala massaggi...di la' conosco invece l’apprezzato Craig Street, che ha recentemente realizzato il bel disco della Dirty Dozen Brass Band "Funeral for a Friend" (Ropadopa /Ryko). È un alto, allampanato, ragazzo mulatto e gira con decine di spartiti. Sta provando un brano con il gruppo che produce una cantante country di pelle nera, Amy(?) Mc Donald e praticamente trascrive tutte le parti che il gruppo arrangia spontaneamente suonando su carta da musica. 'Così' mi dice - siamo sicuri di ottimizzare il lavoro quando viene fuori una bella cosa". Si meraviglia che qualcuno lo conosca in Italia. Quando lasciamo lo studio fra le pianti antiche di questa collina, fra i daini e gli scoiattoli mi domando come abbia potuto Ozzy Osborne registrare in questa pace alcune delle sue ultime durissime canzoni...
One Room Country Shack
Hudson, N.Y.: centro del movimento arts and crafts anche detto hudson river valley art movement nato nel diciannovesimo secolo. Hudson, citta' di antiques e negozi di modernariato con tanta tanta roba fifties (ben tenuta, devo ammettere). Ma che prezzi !?! Roba da turisti....dischi in vinile un po' dovunque ma tenuti male e senza rispetto, peccato perchè ve ne erano alcuni davvero belli...dopo un panino al salame siamo tornati a Phoenicia...
Drive me back home!
Il viaggio in America volge al termine, questo è un piccolo rendiconto, una piccola aggiunta all’esperienza quotidiana. Il giorno 8 agosto sarà lungo 36 ore perchè al ritorno in Italia si riparte per il Subiaco Rock Festival…
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