Bill Payne Bill Payne
(Hot Tomato rec)
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Giunge dopo anni di rimandi il primo attesissimo album solista di Bill Payne dei Little Feat che dimostra più che mai come sia lui, da sempre, la bilancia armonica di quella che resta una delle più grandi band rock dei settanta ancora in attività.
Payne, che nei Little Feat metteva in pari le smanie blues di Lowell George e quelle più rock cantautorali dell’altro chitarrista della formazione, Paul Barrere, non aveva mai avuto modo di essere così esplicito come oggi si può finalmente permettere.
Soltanto nel disco “Time Loves a Hero “, l’ultimo con il chitarrista/leader/cantante della band, prematuramente scomparso nel 1979, aveva fatto sentire la sua voce, quella del dissenso, stanco di anni passati a inseguire i sogni di Lowell, chiuso in una nicchia che non lo avrebbe portato da nessuna parte.
Payne, un musicista che oltre al bel lavoro con i Feat ha colorato con le sue tastiere alcuni dei migliori album del rock west coast dei settanta e ha continuato con importanti collaborazioni ci stupisce oggi con un disco dai toni cinematografici, 13 strumentali che rimandano a grandi spazi, visioni serene e a centottanta gradi del suo mondo sonoro. Spiccano gli episodi pianistici come “Your beautiful Smile “ e quei momenti più intensi che portano a chiedersi come mai Payne non abbia ancora firmato qualche importante colonna sonora di Hollywood in tutti questi anni.
La musica scorre libera e i brani si inanellano l’uno nell’altro, ogni tanto torna alla mente Aaron Copland, poi Chick Corea, Joe Zawinul ma sono solo nomi che devono servire a far immaginare. A stupire, poi, ci penserà Bill Payne.
Ernesto de Pascale