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ANTEPRIMA
Big Star In Space
(Ryko)
Big Star are back !!! with a infectious collection of great songs! Their best album in 30 Years
Tornano insieme in studio Alex Chilton e Jody Stephens, due terzi degli originali Big Star, accompagnati da Jon Auer e Ken Stringfellow di The Poises (Jon suona, incidentalmente, anche nei R.E.M.). i nuovi Big Star, sulla strada già da qualche anno, sono addirittura migliori dei Big Star di “Radio City” (1974) se non dell’impareggiabile disco d’esordio(1972).
E’ incredibile pensare che questi due ragazzi a cavallo fra i sessanta e i settanta potessero suonare in una città come Memphis questa musica e questa riflessione è una delle chiavi che all’occhio della critica ha sempre reso grande i Big Star originari.
E’ altresì vero che una affermare che “In Space” sia meglio dei tre dischi che la band incise nei primi settanta potrà sembrare un’ eresia ma oggettivamente avvalorata dalla forza e dall’ardore di Auer e Stringfellow che moltissimo danno al progetto, sia come interpreti che ed è questa l’importante novità come autori. Ne esce fuori un disco davvero fresco e differente da tutto il solito (basti ascoltare “aria largo” per capire che i quattro sono davvero ”in space”!) i cui riferimenti ultimi sono il beat dei sessanta, The Byrds, The Beatles, Flamin’Groovies, Moby Grape, Raspberries, The Rascals e quel meraviglioso mondo coloratissimo di gruppi che scoprivano nuove sonorità sulla propria pelle.
I Big Star, in qualche modo veri padri del Power Pop hanno perciò, trenta anni dopo, hanno rigenerato e ridato valore, con la propria presenza sulle scene, a un genere che rischiava di morire se non fosse stato per benemeriti come Dwight Twilley o The Christians, mentre si attende da qui a pochi mesi il ritorno di Peter Case, una volta leader dei Plimsouls, un’altra di quelle piccole grandi band che molto devono alla band di Chilton e Stephens.
Per i memphisiani Chilton e Stephens incontrare Auer e Stringfellow, è stata una vera fortuna, i due sono dei veri talenti. Ecco allora “in Space”, un album senza un cedimento, sempre teso ma allo stesso tempo fresco e ricco di groove (si ascolti la conclusiva “makeover”), 39 minuti e 19 secondi in cui passato e presente si fondono in un bel crescendo (“best chance we’ve ever had” ad un passo da “Taxman”), in cui le voci dei quattro fanno la parte del leone (“Lady Sweet”), dove le dodici corde infiorettano una con l’altra contrappunti che danno un gran piacere all’ascoltatore, per un risultato che predilige l’essenziale.
In definitiva: un gran bel disco e se non conoscete ancora i Big Star, non prendetevela. Basterà, infatti, essere fan dei Beatles che le belle canzoni di “ In Space” faranno il resto. Diventerete seguaci ed estimatori del gruppo in pochi attimi.
Ernesto de Pascale
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