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Jimi Hendrix live at Woodstock, 1969, full concert
(Universal)
2 dvd, different angles



Stunning performance remastered in full force. What a joy!

Come è noto, Jimi Marshall Hendrix arrivò a Woodstock sottovalutando in pieno la portata dell’evento, per molti altri d’altronde fu così!, ed è proprio per questo motivo che molte delle performance di quel week end d’agosto 1969 sono passate alla storia, perché non caricate di significati aggiunti né di aspettative. Per Jimi, Woodstock, Upstate NewYork, non lontano da dove in quei giorni d’estate viveva, fu solo un altro concerto, altro contante da mettersi in tasca o – meglio – da far incassare ai suoi non onesti soci del momento. Tutte le variabili possibili immaginabili in cui si imbatte (la difficoltà di trasporti, l’attesa fino al mattino dopo l’ultimo giorno, la nuova formazione messa insieme, varie ed eventuali) resero lo show straordinario oltre ai motivi mass mediologici dati a Woodstock in genere negli anni a venire.
Questo dvd n’è la prova.
E’ proprio nella sequenza finale, il bis di “Hey Joe”, con la gente che defluisce lenta e stanca, in mezzo alla desolazione del dopo festival, che Woodstock e l’esibizione di Hendrix in particolare, ri acquisiscono, in qualche modo, il senso della normalità, del quotidiano. Nel dvd le migliori immagini sono inframmezzate da “tagli” d’altre camere non perfettamente allineate né fotograficamente perfette ma, proprio per questo, più che mai cinema veritè.
Il gruppo, circondato sul palco da centinaia di rifugiati, oltre che da giornalisti ed addetti ai lavori in grado di sopravvivere all’evento, suona avvolto da questa specie di protezione umana, da questa umanità accomunata dall’evento che gli è passato – ormai, nel bene e nel male – addosso. Nessun glamour, nessun isterismo.
A questo proposito si guardino bene “Here my train a - comin’” e “Spanish castle magic” nel primo dei due dvd: le riprese in bianco e nero, realizzate con un “muletto” (forse un primordiale video camera, dal lato destro del palco guardando quello dal punto di vista pubblico) restituiscono al palco un sapore meno che mai enfatico, con buona pace dell’inno americano che nel film definitivo rivestì un ruolo antagonista e ironico che nell’intera performance di Jimi non si ravvede proprio mai.
Dell’intera band quelli che sembrano più in command sono Jimi e lo scatenatissimo Mitch Mitchell; tutti gli altri, alcuni graziati di trovarsi lì- persone giuste al posto giusto forse per la prima e ultima nella vita- cercano di comprendere su che pianeta si trovi quell’alieno di colore (nero come alcuni di loro) che loro cercano di assecondare e che è proprio lì, a due passi da loro.
Non lo capirono i musicisti che lo accompagnarono, non lo capì il pubblico, né i presenti né gli assenti. Il concerto di Woodstock, proprio perché non la migliore esibizione di Jimi Hendrix, ci porta perciò oggi più che mai a pensare che quell’uomo più volte nei decenni indicato come alieno per mancanza d’altro aggettivo, alieno lo era davvero.

Ernesto de Pascale

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