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VV.AA. - On dirait Nino
(Universal)
www.nino-ferrer.com



From various artit of the french scene, here's the tribute for a great performer and composer forgotten by Italy, his birthplace.

L'hommage pour Nino Ferrer est une occasion de nous rappeller grandes chansons e sourtout un artiste qui à nous quitté trop tôt.


Quando arrivò in Italia la notizia del suicidio di Nino Ferrer, nome d'arte di Agostino Ferrari, era un caldo pomeriggio d'agosto del 1998. La giornata meno adatta per cambiare i palinsesti televisivi e per sconvolgere le pagine dei giornali: il sacro periodo di vacanza totale non poteva essere disturbato per approfondire, come era doveroso, la figura di questo personaggio dalla vita musicale intensa e dall'esistenza avventurosa. A partire dalla prima infanzia: nato nel 1934 a Genova da padre italiano, un ingegnere, e da madre francese, trascorse l'infanzia in Nuova Caledonia, dove suo padre era impiegato in una miniera di nichel. Nel 1939, mentre si trovava in Francia con sua madre, venne costretto dagli eventi bellici a tornare nel capoluogo ligure dove restò per tutto il periodo della guerra. Quindi dopo il ritorno del padre, la famiglia si trasferì a Parigi nel 1947, dove Nino compì gli studi superiori e universitari nella prestigiosa Università della Sorbonne, laureandosi in lettere e filosofia. Una vita sempre in bilico tra Francia e Italia e una grande passione per l'arte che lasciò presto da parte per la musica. Iniziò verso la fine degli anni Cinquanta come bassista jazz per Richard Bennett, Bill Coleman e Nancy Halloway, girando con il suo complesso tutti i locali notturni della capitale francese e incidendo una decina di 45 giri nel 1959 per una piccola etichetta. Scoperto e affinato un suo timbro di voce del tutto particolare, dalle tonalità roche, fondò presto un suo gruppo di rhythm'n'blues incidendo con esso un primo 33 giri che contiene già due suoi brani, destinati a diventare dei classici: Le port de salut e La polka des mandibules. Il suo grande successo italiano è alla fine degli anni '60 con la televisione che lo vede accanto a Pippo Baudo (la sigla di Settevoci Donna Rosa), Nino Taranto (insieme interpretano il classico napoletano Agata) e una debuttante Raffaella Carrà. La giovanissima Mina interpretò Un anno d'amore, e di lui si ricordano brani come di successo come La pelle nera, Il telefono, Viva la campagna, Il baccalà.
Oggi la Francia, uno dei suoi due paesi, ma sicuramente quello dove la sua arte alla fine è stata maggiormente apprezzata e ricordata, e dove fu nominato nominò Cavaliere delle Arti e delle Lettere nel 1986, ottenendo poi la cittadinanza nel 1989, vede nascere un tributo discografico alle sue canzoni. On dirait Nino, che parafrasa un verso della canzone Le sud, contiene 15 tracce, di cui 13 in francese, una in italiano e una inglese. Ci sono quasi tutti i grandi successi dell'artista (tra le eccezioni Les cornichons, ovvero Il baccalà oggi sigla del programma tv Le Iene) affidati a musicisti della nuova scena francese o comunque francofona, un ambito che difficilmente varca le Alpi verso sud. Questo album è quindi l'occasione buona per tastare il polso di una tradizione musicale che dopo Brassens, Brel, Ferré, Gainsbourg, non ci ha fornito personaggi di statura analoga. Le occasioni per apprezzare il lavoro svolto non mancano, a partire dal belga-fiammingo Arno, che si lancia in una graffiante Mirza mescolando il rithm'n'blues originario a un'atmosfera punk. C'è Fabio Viscogliosi da Lione, già Premio Ciampi nel 2003, che torna alle sue origini con Un anno d'amore (C'est irreparable) dando al brano una lettura quasi onirica. C'è l'ironia di J.P. Nataf e di -M- a cui sono affidate le prime due tracce Oh! Hè! Hein! Bon! e Je vend des robes (Viva la campagna) che riportano queste filastrocche-rap ante litteram in una sonorità dai toni psichedelici. Ci sono le donne, come La Grande Sophie, che dà di Je veux etre noir una versione più lenta, da preghiera, e Helena che trasforma Le téléfon in una melodia evanescente. C'è La Rua Madureira, una più essenziale, quasi da club jazzistico di Cali, e l'altra degli Autour de Lucie in stile bossa nova. Ma c'è soprattutto la grande arte di Ferrer, un artista che l'Italia dovrebbe ricordare più adeguatamente e che dalla stampa di questo album dovrebbe trarre una lezione.

Michele Manzotti

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