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Le avventure di un bambino di sessantatrè anni
(Hey! Sono Brian!)
Ballando, ballando
Balliamo tutta la notte
Balliamo tutta la notte
1.30...2.30
Ballando il mio amore
Come possiamo ancora ballare
Dopo tutti questi anni
Come possiamo ancora ridere dopo tutte queste lacrime?
Come possiamo essere ancora amici
Dopo aver sbattuto quelle porte
Come possiamo essere ancora vivi
Dopo tutte queste battaglie?
Hey, tutti
Oh, aiutateci a far si che questa sia la sensazione giusta
Come possiamo ancora oscillare
Dopo tutte quelle volte
Come possiamo ancora rotolare
E ancora scrivere versi?
Come possiamo ancora fare musica
Dopo Mtv
Come riusciamo ancora a mettere in moto le cose
E vedere cosa può succedere
Hey, tutti
...
Come potremmo raccontare la differenza
Tra bene e male
La confusione ha regnato così a lungo
Ma ora abbiamo trovato la nostra canzone.
(How could We still be dancing, Brian Wilson e Joe Thomas con Elton John 2004)
Quella del 22 luglio 2005 è una data che mi rimarrà per sempre in mente. Per la prima volta sono stato vicino a un genio. Un genio della musica che conferma ancora una volta come nonostante tutto, grazie ad alcuni, il Rock diventerà insieme alla musica “popolare” del novecento la musica classica del futuro. Se c'è una cosa che al Rock è in genere sempre mancata è proprio lo spessore di cultura "alta" e però divertente. Composizioni musicalmente importanti che al contempo ti fanno oscillare il fondoschiena. Una rivoluzione. Tranquilli, è solo questione di tempo, di anni che passano accidenti. Però è bello che passino se servono a far entrare sempre di più ciò che ami nel tessuto sociale e culturale dei giorni a venire. Ve lo hanno detto che la vita è piena di contraddizioni? Io ieri sera mi sono trovato a poca distanza da un bambino di sessantatrè anni di Hawtorne, zona South Bay,California. E' il genio di cui dicevo prima: Brian Wilson, compositore, cantante, strumentista, arrangiatore e produttore, se basta. Ha lavorato per molto tempo in famiglia (i Beach Boys erano composti da tre fratelli, un cugino e un vicino di casa), ha fatto grande musica e per tanti anni ha dovuto allontanarsi dalla vita degli altri per cercare di raccapezzare la sua. Nel 1988 con un album prodotto dal suo analista tornò alla grande. Il mondo non lo aveva dimenticato, i protagonisti delle limonate interminabili degli anni '60 erano tutti lì pronti a dirgli "ciao, era ora che tornassi! Abbiamo un sacco di cose da raccontarti, e tu? Che ci dici?" e lui: "Non raccontatemi niente, facciamo in modo di continuare a limonare come non ci fossimo mai fermati che a raccontare penso io".
A parte il romanticismo stiamo parlando di un signore che negli anni '60 ha realizzato le cose più belle con sole otto piste audio a disposizione per registrare almeno trenta fonti diverse e soprattutto non poterne cancellare una senza perderne altre sette o otto. Questo significa non solo essere un grande compositore ma, nel caso, essere perfettamente in grado di capire e comunicare a chi lavora con te cosa vuoi e come. Arrangiatore nato e istintuale in quegli anni ha tracciato una strada musicale importante usando strumenti nuovi (almeno per il Rock) e inserendo per primo variazioni di tempo e accordi in canzoni di successo per far sì che non fossero solo musica da ballo ma si stimolasse anche un ascolto attento. Il 22 luglio, appunto, si è esibito con la sua band alla Cavea dell'Auditorium di Roma dopo aver suonato due giorni prima a Ravenna. Non mi dilungo su questioni tecniche, vorrei solo cercare di raccontare le mie e, se ho capito bene, le sensazioni del pubblico presente, anzi presentissimo. Ho cominciato a sentirmi leggermente elettrico verso le sei del pomeriggio. Arrivato sul posto mi sono immediatamente infilato nello studio-acquario che Raisat ha all'Auditorium perchè sapevo che Big Ernesto (ciao Depa) probabilmente sarebbe riuscito a carpire quei quindici minuti di intervista al Sommo il quale si è materializzato verso le otto disponibile ma diffidente, insomma ancora freddo. Freddezza e diffidenza che hanno iniziato a venire meno a cominciare dall'intervista (che se il 29 non avete visto su Raisat potrete comunque vedere in replica estiva) per trasformarsi in disponibilità al contatto nel corso della serata che sul palco lo ha visto divertito e divertente e soprattutto in gran voce e con una band ragguardevole. Il pubblico di quarantenni e più, con ampia partecipazione anche di giovani e di quelli che non potevano non esserci, ha fatto in modo di far capire subito all'artista che anche da noi si limona esattamente come prima.
Avrete capito che tutti non aspettavamo altro che le prime note di "I get around" seguita da "Don't worry baby" per scattare come molle e non fermarci più. L'atmosfera era quella che doveva essere: free and easy, insomma tutti a ballare con tutti cantando a squarciagola delle canzoni che vogliono farti tornare adolescente... La perdita dell'adolescenza, il non averla vissuta come si deve hanno spinto Brian Wilson nel baratro ma, a distanza di anni e dopo un percorso di cura, lo hanno portato a ritrovare la sua canzone. Personalmente mi ha fatto piacere ascoltarlo ma ancora di più vederlo mano mano rilassarsi e partecipare alla gioia che gli arrivava a vagonate dal pubblico che seppure non aveva esaurito i posti (cari) a disposizione ha fatto sembrare la Cavea traboccante di gente. E' evidente che in serate così se il gruppo è in forma il repertorio non è un problema infatti a metà concerto sono partiti con "Help Me Rhonda" (delirio) poi "California Girls", "Sloop John B" e per darci la botta anche "Would'nt it be nice" seguita da una lunga versione jazz (ma si!) di "Pet Sounds". Non sapevo più dove girarmi, avrei scalato le ripide pareti della Cavea se avessi potuto e quando ero un po più tranquillo rieccoci: il dottor Wilson prescrive dosi massicce di "Heroes and Villains" e "Good Vibrations" (nell'arrangiamento che trovate su "Smile", il disco più recensito negli ultimi trenta anni, peccato sia uscito soltanto adesso). E' fatta, il Sommo si avvia ai camerini ma ovviamente siamo tutti lì scodinzolanti, senza guinzagli e in attesa di altra pappa. Il dottor Wilson non ha mai amato le diete e se le ha fatte è perchè lo hanno costretto, ergo: "Johnny B.Goode" del suo mito Chuck Berry (lo ha detto lui) poi "Barbara Ann", "Surfin' U.S.A." e "Fun, Fun, Fun" per chiudere, ma lasciarci così...nononono, non si può mica. Manca lo "statement" la dichiarazione di intenti o il semplice saluto al pubblico ed entrambi (troppa grazia!) si concretizzano nel secondo bis composto da "Love and Mercy" (Amore e Misericordia) brano iniziale del disco che nel 1988 ci fece capire che la lunga battaglia per imparare a gestire se stesso e le innumerevoli diatribe legali stavano per finire e che era pronto a tornare alla musica. "Amore e misericordia sono ciò di che ti serve stanotte,Amore e misericordia stanotte per te e per i tuoi amici"...Usciti si torna alla realtà con le bombe in Egitto che come al solito spazzano via chi non c'entra perchè "è più facile" (“soft target” è la definizione). Momento di guano, fatemelo dire. Però ripenso ai sei o sette ragazzi che mentre entravamo nella Cavea, a cappella cantavano benissimo "Barbara Ann", all'autografo (un "Brian" scritto con calligrafia da bambino) che mi ha fatto sul booklet di "Smile" e alle oltre 120 foto che gli ho fatto e mi è subito chiaro quanto la bellezza e la gioia abbiano ancora spazio nonostante siano come fiori nella spazzatura di una bella discarica globalizzata…
Alessandro Mannozzi
A proposito...consiglio di lettura per pomeriggi di fine estate: "I just wasn't made for these times" di Charles L.Granata, Edizioni Unanimous-MQ publications vi racconta come sia nato l'album "Pet Sounds" dei Beach Boys e come si sia svolto il lavoro in studio. Interessante e completo lo trovate nella rete o nelle librerie specializzate. Ciao!
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