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Walter Becker - Circus Money
(5 over 12/Ada/Audioglobe)
www.walterbecker.com

Circus Money is no Cheap Money

Pensate a quanto di meno naturale ci possa essere nella canzone internazionale che ha affidato per decenni il proprio successo al rapporto a doppia chiusura stagna con i colossi dell’industria.
Pensate quindi a una canzone un po’ asettica, perfetta all‘estremo parossismo di una quantizzazione in 122esimi, suonata da strumentisti di prima categoria che siano l’esatto opposto dell’esordiente sbilenco e un po’ malandante che con le sue pecche è fiero alfiere di una originalità per altro ancora celata e in fieri.
Pensate poi a quei musicisti: inesorabili cowboy moderni dagli occhi di ghiaccio, muscisti che costano il triplo di un qualsiasi altro turnista per una session di tre ore, dotati di strumentazioni fantascientifiche. E quindi pensate a produttori che pianificano i dischi a tavolini, a interminabili sedute di missaggio che vanno avanti per settimane - ogni canzone di un album una settimana! - in studi che assomigliano a stazioni spaziali.
L’immagine che vi si staglia dinanzi è quello di un mondo fatto di sogni di plastica dove gli A & R, i press office, i promotion men e tutti gli executive seminano inesorabilmente un terreno che presto darà indietro risultati in dollari verdi e sonanti che studi legali recupereranno dalle vendite o da merchindising inimmaginabili per la media natura umana.
L’artista in questione, intanto, dalla reclusa e inaccessibile dimora di Malibou o ancor meglio di Mahui nelle Hawai guarda lontano, mentre loro lavorano, oltre l’oceano, da dietro lenti a specchio in cui si riflette il suo immane egocentrismo.

Detta così la prospettiva nel presentare e recensire Circus Money, secondo album solista di Walter Becker - una 40ennale carriera come metà del duo Pop Metafisico Steely Dan, band con uno status symbol più vicino a quello di nomi altisonanti quali Duke Elligton o Gershwin che al gotha del rock - può apparire davvero misera e magra.
Visto però che il recensore vi ha svelato l’autore della operina asettica e distaccata dall’orgoglioso pulsare dei bassifondi, molti di voi - di certo i fan di Walter Becker & Donald Fagen - avranno già capito che un nome, e quale nome !, può fare la differenza, trasformando un’ apparente innocua collezione di 14 melense e melliflue canzoni dall’andamento spesso reggaeggiante, in una festa della scrittura Pop contemporanea, considerando il termine pop come corrispettivo di popolare, quindi direttamente allocato al pubblico fruitore.

In altre parole Circus Money è un signor album frutto del lavoro silenzioso e intenso di uno dei più enigmatici personaggi della musica americana, un geometra del suono, un architetto della metafora, un Giotto della Porchetta sonora.
Becker si distacca da tutto il resto che la muzak per ascensori ammortizzati hanno prodotto negli ultimi anni e molto più, perché le sue tematiche sono da trattato di psichiatria, da torturata anima paranoica dagli obliqui processi labirintiaci.
Walter Becker vittima della società o delle circostanze ? Dell’airplay o delle radio satellitari ? Genio al lavoro ? Artista erotico, sclerotico, neurotico ?
All’ascoltatore l’ardua sentenza.
A quello stesso, attento e solerte nel segnarsi passaggi arditi e scalate solitarie verso il K2 del Pop Heaven, Becker dedica un assolo di clarinetto basso in God’s Eye View, sequenza che non potrà non portare la gioia della sorpresa per l’inattesa e sottile chance stilistica che delinea la coda di un brano apparentemente normale al limite della consuetudine. Oppure lo scaltro finale, segnale di un ritorno a breve tempo con nuove canzoni con il fido Fagen, di Three Picture Deal, esaltante apoteosi di quella Hollywood Babylon cantata dai due già in Gaucho nel 1980, in cui recita: “ Adesso ( so) che un uomo come me non dovrebbe mai essere nei luoghi a cui non appartiene/ ma so che questa gente ha bisogno di una colonna sonora/ so che hanno bisogno di una canzone”.
E’ la chiosa, il gran finale di un disco diverso, apparentemente pop - come accennavamo prima - in cui Becker e il suo socio di turno, il bassista e produttore Lerry Klein descrivono una società parallela, che scorre fuori i vetri fumeè delle loro Lamborghini in edizione limitata.
Che sia la nascita di una nuova coppia?. O forse quella di un nuovo triunvirato?

Ernesto de Pascale

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