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OBITUARY

Ricordo di Les Paul

La morte di Les Paul misura, con esattezza quasi cinica, il trascorrere del tempo in modo musicale. Forse ancor più delle celebrazioni, per la maggior parte fallite in partenza, per il 40esimo del festival di Woodstock che, insieme a quello dell’isola di Wight, ha messo le fondamenta per la creazione del mito del rock, il sogno di una società musicale dove il sesso, la droga e le opinioni fossero totalmente libere. Erano, quegl’anni, il periodo storico giusto per sognare qualcosa di nuovo, una svolta epocale che è poi andata sfumando com’è normale che avvenga. Les Paul e Leo Fender, come altri artisti in campi diversi, hanno avuto il talento di creare qualcosa che rimane al di là delle epoche. Un oggetto, una chitarra in questo caso, che ha fatto la storia di larga parte della musica popolare. E nonostante gli aggiornamenti, i modelli, le personalizzazioni, una Gibson Les Paul resta una Les Paul, meglio se costruita ancora nello stabilimento di Kalamazoo. Come una Fender Stratocaster resta una Stratocaster. Similarmente a quello che succede con altri strumenti musicali, ma anche per esempio con le auto, l’importante è possedere un modello sufficientemente vecchio in condizioni rigorosamente originali. Gli upgrading, le modifiche, sono accettate solo se messe in opera dalla casa madre.

Chi vi scrive non è un chitarrista, ma ha avuto modo di vederne da vicino qualcuno. Visto che qui si parla principalmente di Blues, va sottolineato che la Gibson Les Paul non è la chitarra preferita dai Bluesmen. Coloro che hanno definito l’ambito del chitarrismo Blues elettrico hanno sì utilizzato una Gibson, ma quella semiacustica (hollow body) nelle sue varie declinazioni, pensiamo a B.B. King e a Freddie King, o la Flying V, una solid body, di Albert King. Buddy Guy sembra invece preferire le Fender Stratocaster, mentre il maestro dell’Ice Pickin’, Albert Collins, utilizzava una Fender Telecaster. Robert Cray non si stacca dalle sue Strato, come Lurrie Bell. Andando indietro nel tempo, Magic Sam imbracciava una Stratocaster chiara nel suo leggendario Live; T-Bone Walker sembrava adoperare una grossa semiacustica, forse una una 1934-L5, ma non sempre necessariamente una Gibson. Altri ancora utilizzano sottomarche, come l’Ibanez o la Epiphone – pensate a Son Seals - che dipende dalla Gibson, e fa anche eccellenti bassi elettrici, usati per esempio da Jack Casady. Molti chitarristi di Chicago suonavano con una Fender Jaguar o una Jazzmaster, più economiche della Stratocaster, e ancor più della Les Paul, dal prezzo quasi eccessivo, una chitarra da musicisti ricchi, borghesi.

Uno di chitarre ne aveva veramente molte era Mike Bloomfield, che ha lungamente usato una Les Paul - la mitica 1959 Les Paul Standard - tradendo la Fender Telecaster. Bloomfield era bianco e si può dire con una certa agiatezza che la Les Paul, per le sue doti di maneggevolezza e per la sua versatilità, é stata la chitarra del Bluesman bianco, specialmente di colui con tendenze al rock’n’blues, pensate a Gary Moore o a Jimmy Page. La Les Paul è stata un mezzo per transitare dal Blues dei padri alle lande torride dei riffs strappati a John Lee Hooker trasformatisi nelle canzoni miliardarie degli ZZ Top. Per non parlare d’altre musiche come l’hard rock dove l’onnipresenza di questa Gibson ha quasi soppiantato la Fender. Certo, tutto è relativo in questo campo, se i fondatori del rock’n’blues, Hendrix e Steve Ray Vaughn suonavano su delle Stratocaster, Johnny Winter rese famosa la Gibson Firebird. E il nostro Les Paul era un jazzista, non scordiamolo. Attualmente, Junior Watson suona una Stratocaster, dopo un lungo periodo di Les Paul, Little Charly Baty si sfoga su una Telecaster, Kid Ramos su entrambe.

Ovviamente, molti chitarristi cambiano chitarra come un individuo normale si cambia i calzini, quindi possono possederne e utilizzarne diverse anche nello stessa occasione. Peggio, molti amatori e professionisti, “truccano” lo strumento aggiungendo o togliendo a piacere pezzi più o meno fondamentali. Se B.B. King non si muove da casa senza l’amatissima Lucille, altri chitarristi ancora intrattengono, con le loro chitarre, ma specialmente con una, o magari con uno specifico modello, un rapporto d’assoluto amore. Ma é anche una storia di quattrini: molti si sono legati a tale o tal altra marca, ricevendone in cambio prebende e materiale secondo la loro popolarità.

All’inizio si diceva che la morte di Les Paul mostra il passare del tempo. Il mondo della musica, non solo popolare, è radicalmente cambiato. E’ tornato il vinile ma come oggetto di lusso, i CD stanno scomparendo mentre il futuro della musica via internet rimane oscuro. Di sicuro, i vecchi negozi e negozietti di dischi, i covi di tanti amanti della musica, sono caduti come mosche. D’altro canto, c’è un proliferare di festivals, piccoli, medi e grandi che sembrano però esistere solo grazie alle grandi sponsorizzazioni e/o ai contribui istituzionali. Chi non ha nè l’uno nè l’altro, è costretto a chiudere baracca e burattini.

Ci fu un’epoca nella quale Gibson e Fender monopolizzavano il mercato, ma altre marche, con buone chitarre, si sono poi affermate. Ma quelle forme sinuose, il manico simile a un tuffo da una roccia, quella voce ora vellutata ora ruggente, le manopole che si muovono con un soffio, restano emozioni indimenticabile per qualsiasi chitarrista, un simbolo immarcescibile di un tempo che fu. Sicuramente esistono già softwares che possano ricreare in tutto e per tutto quella magia, ma non Vi innamorerete mai d’una tastiera e di un schermo come noi c’innamorammo follemente di quella chitarra.

Luca Lupoli

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