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INTERVIEW

Robert Plant, un’intervista
 
Incontro con Robert Plant a King’s Cross, Londra. Travolti dalle dune del deserto.


 
Il Water Rats di Londra è una famosa venue che fa da trampolino di lancio alle giovani bands inglesi ancora in rodaggio ,ma già conosciute e attive sulla complessa scena odierna della capitale inglese.
Il cinque agosto scorso entro nel torrido pub munita di un Cranberry per sopravvivere e di tutta l’attenzione per ascoltare tre bands della kermesse Monto, organizzata all’interno del locale  per tutto il mese .
Vicino all’ingresso scorgo il passo inconfondibile, lento e un po’ sciamanico di Robert Plant, per l’occasione con la folta chioma legata in una coda, l’elastico nero attorno ai ricci e quindi meno riconoscibile. Mi sorride all’entrata e insieme a due delle sue pr si appoggia al bancone dell’affollato bar per bere un piccolo bicchiere di vino bianco. Mi avvicino  e lo ritrovo disponibile a  chiacchierare e raccontarsi; raccolgo così riflessioni a sorpresa sulla scena di oggi, ricordi della scena di ieri e piccole rivelazioni sul suo futuro musicale .
D- Robert, non voglio tediarti, ma complimenti per quei 5 grammys dello scorso inverno con Alison Krauss. Molto meritati. SO che tutti ti avranno detto la stessa cosa ,ma Raising Sand ha aperto una strada nuova che mi ha ammaliato
R-Grazie! Alison Krauss è una ragazza divertente e… (si punta il dito indice alla mente come per dire che lei è una ragazza pensante)… non so come dire… clever !
D-Ho ascoltato  la band dal vivo a Parigi e Londra e mi ha colpito lo spirito d’avventura nella rilettura dei brani. Un disco percorso su una strada non battuta, piena di curve. Avventura, rockabilly ed esotismo arabo.
R-Quello sempre. Specie in Nothin’ a un certo punto abbiamo scoperto una soluzione spettacolare per trasformare un lamento di un cantautore del sud degli Stati Uniti in un lamento vicino alle mie corde. Ah eri a Londra?
D-SI.Stai lavorando al secondo album con Alison Krauss e t bone ora ?
R-Quello è una possibilità. Ora sto pensando al mio prossimo progetto solista, che mi vedrà impegnato dal prossimo novembre. Quest’anno ho partecipato al lavoro di Buddy Miller che è qualcosa di diverso da Raising Sand ma sempre legato alla Roots music;
D- L’ho ascoltato, un buon connubio, anche con Buddy ! Dunque sai già cosa farai prossimamente , niente riposo?
R-Non mi riposo, sto pensando. Sì… un progetto solista con una band di musicisti dal Marocco
D-Niente Strange Sensation nel futuro?
R-No. All moroccans (nda risponde con una spiritosa smorfia della bocca, un mezzo sorriso e gli occhi che ridono alla mia sorpresa compiaciuta. È divertito e orgoglioso)
D-Il MArocco è il tuo Eden. Dai viaggi del 73 e 75 con i Led Zeppelin al 94 con No Quarter insieme a Jimmy Page al Festival del deserto del 2003 fino alle collaborazioni arabeggianti con Justin Adams . Kashmir in fondo era deserto marocchino e Achille’s Last Stand un riferimento al monte Atlas .
R-Con Adams abbiamo unito la storia della musica antica araba di cui lui si nutre all’elettronica; è il momento di proseguire su questa strada ed estremizzarla; una voce rock e tutti marocchini.
D-Ad Abu Dhabi per il Womad la collaborazione con Adams è sfociata in una notte interessante in cui Whole lotta love diventava araba. Forse un po’ troppo per i puristi dei Led Zeppelin ma a mio avviso intrigante
R-La vita va avanti e le canzoni evolvono con te, crescono con te come un bambino; erano anni di fuoco, in tutti i sensi. Un mondo lontano che non esiste più e oggi non avrebbe più senso, per certi versi ridicolo. Sto pensando. Vediamo che ne esce.
D-Questa sera suonano tre giovani band. Io sono qui per ascoltare i Sons of Albion, all’inizio ero solo curiosa ma hanno un suono ipnotico. Spero facciano presto il loro album, hanno molto materiale
R- Oggi per una band all’inizio la situazione è terribile. Quando suonavamo noi , ora ho sessant’anni ti parlo degli anni sessanta, una band aveva a disposizione un paio d’ore in una sera e al massimo in un locale si esibivano un paio di band a notte , si aveva il tempo per entrare nell’atmosfera e farsi conoscere, fare davvero vedere ciò di cui si era capaci. Oggi suonano una carrellata di gruppi a sera e mezz’ora non è davvero nulla per potersi esibire, si riesce a malapena a scaldarsi in quel lasso di tempo  e appena cominci ad entrare nel groove, devi salutare e lasciare spazio al gruppo successivo. E’ semplicemente terribile. In più, in Inghilterra il rock è meno trendy della musica Indie, infatti Usa e Giappone son più sensibili ai gruppi rock anche dal punto di vista discografico
D-Sai già ovviamente cosa suonerai Al Rockwell, il concerto benefico organizzato per la sera dell’11 settembre alla O2 di londra?
R-SI… qualcosa di totalmente diverso. È un evento, qualcosa di unico per quella sera. Sarà una sorpresa.



D-Sai ho scoperto uno dei miei gruppi preferiti ai tuoi lives?
R-Ah si?
D-Orange Blossom! Sono meravigliosi, un gruppo fra elettro music e pura tradizione algerina , con un violinista tipo Paganini e una cantante dalle corde magiche
R-Oh loro sono magnifici, di grande talento.
D-Ho  entrambi i loro album
R-Io ho solo covers, mi han dato solo covers. Credo che la ragazza ora abbia un nuovo gruppo , ha suonato anche a Londra. Sono fantastici.
D-Una musica con cui puoi farti l’ipnosi, si entra in trance. Quando Borrough parlava di gnawa e poteri magici della musica forse immaginava già gli Orange Blossom!
R-Hanno una forza e un’energia uniche.
Sorride , e si accalora parlando di musica marocchina, la sua rinascita nel 2000  è dovuta al calore e alla magia di questa terra che ama con passione, profondità e rispetto. Dai colori agli odori alle scale musicali, ama tutto e si intuisce che è liberatorio poter lavorare con musicisti di quella terra che ha il colore dell’ambra e una musica che Robert anche in passato ha definito “sabbiosa”, dedicandole il brano Takamba del cd Mighty Rearrenger, riferita ai movimenti ritmici del cammello , mentre in Tin Pan Valley ricreava lo stato di trance .Oggi come ha svelato sta mettendo tutte le sue energie creative ,praticamente incrollabili, nel nuovo progetto con i musicisti berberi.
D-Ho visto Waterhouse in mostra alla Royal Academy. Preraffaeliti e Marocco uguale Led Zeppelin
R-Adoro William Blake. Un visionario.
Per Achille’s last stand, si univano forze diverse: il Marocco, il flamenco e i versi di Blake appunto.
 
D-Robert grazie per questa chiacchierata.
R-CI vediamo a fine serata…ora andiamo dentro ad ascoltare.
Vestito di jeans, t shirt nera e boots neri con fibbia e punta arrotondata non più country, Robert Plant si avvia verso la venue e si appoggia al secondo bancone senza bere assolutamente nulla. IL suo spirito avventuroso e curioso lo tiene incollato lì fino alla fine del concerto e poi sparisce con pr al seguito nel backstage dove a porta aperta lo si vede gesticolare animatamente coi gruppi e i discografici presenti, con il consueto sorriso e il viso aggrottato in un ‘espressione concentrata e appassionata. Esce dopo una buona mezzora nel mezzo della sala , vicino all’ingresso e saluta tutti gli amici, per la verità  un gruppetto ristretto di pr, discografici e amateurs, con schiette pacche sulle spalle e occhiolini ironici. Sta per uscire stavolta con la chioma sciolta e semibagnata,il caldo è crescente e molto umido,  e lo saluto a mia volta.
D-Robert posso darti la  buona notte?
Si volta, e si ferma sulla porta fissandomi con un sorriso mascherato. Non dice niente, e io gli tendo la mano e dico “buonanotte, al prossimo concerto”.Tace per qualche secondo, sorride,con uno sguardo diretto e schietto, quasi disarmante. Comincio a chiedermi cosa fare in tre secondi che sembrano molto più lunghi. A quel punto mi da un bacio con uno slancio che quasi mi rovescia all’indietro, e sorridente mi dice “Questo è buona notte”, sparendo nella sera londinese appena cominciata.
 
Roberta Guiducci

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