If we still were in the great era of rock n’ roll, Comets on Fire’s Avatar would immediately get part of rock history
Se fossimo ancora nell’epoca d’oro del rock, Avatar è uno di quei dischi che gli amanti della musica non dimenticherebbero più. Un disco strepitoso, emozionante, con tutte le carte in regola per entrare a far parte della Grande Storia. E se anche di storia del rock oggi è forse più difficile parlare di quanto non lo fosse trent’anni fa, il quarto album a firma Comets on Fire ha delle caratteristiche di creatività e profondità musicale che sorprenderanno qualsiasi ascoltatore di buona musica.
Nati a Santa Cruz, California, nel 1999, dalle menti del chitarrista Ethan Miller e dell’amico bassista Ben Flashman, i Comets on Fire includono in formazione dal 2004 Ben Chasny che, testa calda e creatività invidiabile, è il motore di progetti come Six Organs of Admittance e Augist Born, oltre che l’autore di ottimi dischi da solista. L’asso Ben Chasny - nel 2004 più celebre da solo del resto della band – aggiunse ai Comets on Fire quella marcia in più che ha generato l’alchimia alle spalle di Blue Cathdral ( Sub Pop, 2004), album molto psichedelico, il migliore del gruppo fino a quel momento.
Destreggiandosi tra i progetti solisti dei singoli componenti, le comete in fiamme sono rimaste compatte fino ad oggi. Con Avatar, l’album musicalmente più accessibile mai composto dal gruppo fino a questo momento, bruciano di una luce cosi chiara e fulgida da gettare nell’ oscurità tutto il resto.
Di sano rock, sorprendentemente, i Comets on Fire dimostrano di averne assaporato tanto. Solo due anni fa li avremo definiti istintivi e scatenati, oggi li riscopriamo saggi e furbi. Molto furbi.
Dentro Avatar c’è l’abc del rock n’ roll sintetizzato e riletto, dal riff di zappiana memoria (Willie the pimp) che apre e distingue Jay Bird a quello invece che ha tutti i colori del dirigibile Zeppelin ( Immigrant song) di Sour Smoke. Atmosfere pinkfloydiane si impastano con la melodicità di Lucifer’s Memory, mentre la psichedelia, che in California ha la sua terra madre e per la quale potremo fare decine di citazioni, trionfa in The Swallow’s eye, il brano più psichedelico dell’album.
Ma ciò che viene dal passato è assimilato, rivisto e trasportato in un universo sonoro nuovo, ruggente e mistico, dove il chitarrismo di Chasny si incrocia con quello di Miller tracciando immaginifici disegni.
E soprattutto dall’inizio alla fine i Comets on Fire mettono in mostra un genuino e intenso gusto per il blues, per i cantati interpretati (di Ethan Miller) , per le melodie belle e articolate. Giunti alla fine dell’album, alla bella Hatched upon the edge, ai fan del progressive si intenerirà il cuore a pensare ad un altro gruppo che ha tentato la stessa formula e che, nonostante poco gratificato dalla storia, c’è riuscito bene come mai più nessun altro: i Quatermass.
Cinque stelle? Troppo poche.
Giulia Nuti
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Track list
1. Dogwood Rust
2. Jaybird
3. Lucifer's Memory
4. The Swallow's Eye
5. Holy Teeth
6. Sour Smoke
7. Hatched Upon The Age
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