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Aspettando Peter Hammil
Presentazione del concerto all’Universale


Questa sera all’Universale qualcuno dovrebbe prendersi la briga di consegnare a Peter Hammil le chiavi di Firenze o farlo quanto meno cittadino onorario per meriti musicali.Non perché Hammill abbia cambiato il corso della musica dai primi settanta a oggi ma perché ha cambiato il corso della vita a molti teenagers dei primi anni settanta qui in città.Con una carriera professionale iniziata nel 1966, il sodalizio di una band dai toni unici ed epici, Van der Graaf Generator, la cui influenza ed eco non si è ancora sopita, e una carriera solista che conta ben 42 album l’erratico autore-compositore ha dato dimostrazione di indipendenza a tutti quelli che cercano dalla musica la forza dell’unicità, della singolarità,della ricerca. E per una città come Firenze cresciuta con l’orgoglio dello spirito indipendente incontrarsi con un’artista così non è poco.Il fato che torni oggi fortemente voluto da coloro i quali ancora sono veri fan dell’artista e del gruppo riempie in qualche modo di piacere perché Hammill vive fortemente di questi incontri e già 5 settimane fa a Londra, al termine del concerto della PFM a cui aveva partecipato come ospite,raccontava felice di questa data,come se essa fosse l’unica in Italia.Hammill si esibisce da solo, una soluzione confacente al suo spirito sfaccettato-i Van Der Graaf stavano stretti alle sue elucubrazioni musicali veniva a volte da pensare!-e la sua ultima volta in città,al Puccini,lo vedemmo in duo con il fido sassofonista del gruppo David Jackson.Oggi ci sarà modo di ascoltare i brani del nuovo”Clutch” e chissà quanti altri in una settimana curiosa per il rock a Firenze.Una settimana iniziata al Palasport con un compagno di scuderia di Peter, quel Peter Gabriel una volta leader dei Genesis che oggi gioca tutto sulla visualità. Hammill,dal canto suo,non ha niente da offrire se non se stesso con l’umiltà dei grandi.Sarà una serata importante per i più giovani che ci auguriamo accorrano numerosi per vedere da vicino un grande artista che segue e da sempre ha solo seguito il suo intuito. Dall’esibizione fiorentina con i VDGG allo Space Electronic del 14 Febbraio 1972( annoverata dagli storici del gruppo come “all time high”)a quelle presso il vicino Piper 2000 di Viareggio e ancora a quelle a Prato e altrove in Toscana per Hammill Firenze vuol dire casa. A pochi mesi dalla pubblicazione di un cofanetto di inediti dei VDGG,con le session del disco “Pawn Hearts” intere-l’album doveva essere doppio-e le foto del concerto di Firenze,Peter Hammill torna.Dopo il concerto di Firenze dei VDGG di trenta anni fa il senso di smarrimento di molti era tangibile e nella ristretta elitè dei fans di allora lasciò a lungo il segno,ispirando nuove formazioni che vollero sperimentare, provarci e comunque lanciarsi nella mischia. Ci sia augura che questa esibizione ispiri i più giovani,sono loro che adesso ci devono provare con la stessa indipendenza;tutti quei gruppi,ad esempio, che hanno partecipato ultimamente al Rock Contest cittadino,dimostrando buona competenza.Che la libertà espressiva di Hammill possa essere insomma ancora oggi una buona notizia per tutti nell’efferato corporativismo del rock odierno.
È stata una serata speciale quella che Peter Hammill ha offerto a più di 300 fans accorsi un pò da dovunque per vederlo, sabato scorso all’Universale. L’artista britannico ha dimostrato-se mai ce ne fosse stato bisogno-la sua unicità e la singolarità di ogni performamce,come ben spiegato in italiano il giorno precedente in un esauriente incontro con la stampa.Sempre calato nel presente,teso verso il futuro,Hammill ha rircordato-direttamente e indirettamente-gli anni con i mitici Van Der Graaf Generator,anni di formazione e di sperimentazione,vissuti a doppio filo con l’Italia, ma ha sopratutto fatto ascoltare una ampia selezione di brani dal suo ultimo album solista”Clutch”,il 42esimo della serie. Laternandosi tra il piano e la chitarra Peter Hammill ha offerto 105 minuti tutti giocati sull’intensità e l’emotività del momento. Quando dice che non è in grado di sapere che brani suonerà in concerto non c’è da stupirsene; le composizioni che suona hanno il sopravvento su di lui in maniera evidente e l’interpretazione stessa, a volte erratica,spigolosa, mai lineare, riflette il sentimento. Hammill giocava evidentemente in casa all’Universale e in brani come “ The Habit of a Broken Heart”,”Burnuckle Trade” si è veramente sciolto. Alla chitarra esegue i propri brani con stile ortodosso, pare abbia riascoltato da non molto vecchi bluesman come Mance Lipscombe, Furry Lewis, Tampa Red e Bukka White, ma funzionale al risultato. Al piano l’artista è invece molto attento alla sonorità delle voci usate sulla tastiera: in “Train time” o in classici come “Still Life”e”Vision”ciò è stato chiaro,sopratutto nelle ultime due per come sia riuscito a farle rivivere solisticamente.Alla fine tutti a casa,si fa per dire, con una versione solo vocale di “Again”dal disco ”In Camera”. Il resto sono solo commenti esaltanti, facce raggianti, Hammill a disposizione per autografi e saluti, il Fagioli, patron dell’Universale felice come non mai per aver coronato un proprio sogno, il gruppo di studio –reperibile su yahoo come “Hammillitalia”- ancora più motivato ad andare avanti(a settembre il sassofonista David Jackson dovrebbe tenere un seminario a Prato) e tutte le copie dei cd dell’artista terminati. Firenze ha insomma contribuito al cammino indipendente di un grande artista il quale ha dimostrato il suo stato di grazia e la sua voglia di non mollare.Questa è la vera notizia. Tutto ciò è avvenuto in una atmosfera civile e di grande rilassatezza, senza mitologie, in una sera che offriva molte altre alternative e il cui risultato di pubblico è due volte da ricordare. L’Universale è stata una buona casa per questa serata fuori dal suo usuale utilizzo di locale di tendenza. Lasciato fuori da quel percorso, non confondendo l’uno con l’altro, esso è un luogo confortevole dove si può e si deve fare buona musica d’ascolto.Potrebbe essere la sua prossima scommessa.

Ernesto de Pascale

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