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Bruce, una chitarra e una voce
Il popolo del rock si commuove
di Ernesto De Pascale
È bastata una chitarra ed un microfono a Bruce Springsteen per sentire quanto può essere grande l'abbraccio e la voce di quasi 40mila persone. E' bastato il «One, two,three, four» di Max Weinberg dietro ai tamburi per lanciare una serata che resterà nella storia degli eventi fiorentini per tanto tempo e riproporre ai suoi fans la storia della gente di oggi, gli alti e i bassi, i piano e i forte della vita di tutti i giorni.
Ha toccato il cuore di tutti il Boss in un concerto che si è sviluppato attraverso 27 canzoni, una cavalcata in una carriera che è il sogno di una vita passata con la E street Band. E' stata Born in the Usa cantata solo con la chitarra acustica a dare il via allo spettacolo. Poi è stata la volta di The Rising con la band che già girava a pieno regime.
Sul palcoscenico Bruce sembrava volersi riscattare da una settimana di pausa (l'ultimo show era stato a Dublino una settimana fa) e chiedeva ai suoi musicisti di dare il meglio. Come sempre.
Nella buca sotto il palco, The Pit come viene chiamata in inglese, era un piacere di Rock'n'roll e sentimenti misti, sorrisi stampati sulle facce e molte, molte lacrime.
Perchè il rock semplice e fedele alle origini di Springsteen sa toccare molte corde. Può far piangere come in Empty Sky, può essere esilarante come in Mary's Place durante la quale ha presentato il gruppo, epico come nelle classiche Born to run (cantata da tutto il pubblico) o Badlands, travolgente come Jungleland.
Nessuna sorpresa nel rock classico di Bruce, ma non vi sono molte band che lo suonino meglio di lui e del suo gruppo. Così nelle tre ore di spettacolo non vi sono mai stati momenti di perplessità o insicurezze. Tra le chicche destinate alla nostra città («Grazie Firenze, Grazie Italia per il supporto dato alla nostra musica» ha detto in italiano prima di My City of Ruins) Tougher than the rest, cantato teneramente con la moglie Patti Scialfa per l'anniversario di matrimonio che cadeva proprio ieri, e The Promised Land (al posto di Thunder Road, solitamente alla fine della scaletta prima dei bis).
Il pubblico fiorentino (ma con esso spettatori provenienti da tutta Italia), dal canto suo, ha fatto sentire a Bruce la sua presenza in modo forte e si è comportato benissimo, con un'atmosfera di partecipazione all'evento sin dalle prime ore del giorno. Tanti gli impianti stereo nelle macchine che suonavano i classici del musicista di Asbury Park.
Springsteen, dal canto suo, ha capito subito di essere in una città particolare, che non è solo la sede della sua prima (di due, forse tre) data in Italia, ma un posto speciale. E la E Street Band ha dato l'impressione di essere qui solo per tutti noi come se il resto della tournée europea non esistesse.
E Bruce se ne è andato salutando i quasi 40mila fra pacche sulle spalle e sorrisi dal palco, strumenti sventolati a mo' di fazzoletti e la voglia di ricominciare presto, subito. Magari proprio da Firenze.
Ernesto de Pascale
Originariamente pubblicato editato su La Nazione del 9.06/03
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