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Una settimana con Elvis

“Ecco come dovrebbero essere tutti i programmi radio!…” . Comincia con queste parole che fanno onore a chi scrive, a tutto lo staff de Il Popolo del Blues e a Controradio la settimana che Elvis Costello trascorrerà a Firenze. Una settimana davvero particolare che Elvis Costello non dimenticherà facilmente.



Giugno 2005. Cancellate all’ultimo momento le previste date portoghesi Costello e The Imposters decidono di convergere direttamente su Firenze, dove Elvis dieci anni fa passò un mese a studiare l’italiano, in attesa della tournée italiana che proprio da qui partirà. Una scelta dettata dall’amore di Costello per Firenze, e per “ all this useless beauty” che Elvis descrive in una delle sue più belle canzoni degli ultimi dieci anni. Una scelta che, nella ponderata casualità, si risolverà in una gradita sorpresa per lui e per quanti lo conosceranno.



Costello sta passando in rassegna la mia valigia di cd che raccoglie la playlist in sorso in questi ultimi mesi a Il Popolo del Blues: Ray La Montagne (“fantastica “Joleen“ ma il disco è incompleto – mi confessa – si sente che il ragazzo è un esordiente), Lucinda Williams (“Il più bell’album dell’anno tra quelli dal vivo ed il suo migliore“), “Cold Roses “ di Ryan Adams (“non lo reggo – esclama – è di una antipatia che supera la bellezza dei suoi migliori brani“), Solomon Burke (“i got the blues” è straordinario ma qualche volta Solomon non centra il senso delle parole che canta, tipico degli interpreti, e per “The Judgement“ - il brano che Costello affidò a Burke nel disco precedente - lo ho dovuto accompagnare personalmente attraverso l’interpretazione in studio “ mi racconta), Paul Anka (“il nuovissimo ”rock swings“ è straordinario e Paul canta baciato dalla sua migliore musa ma certe canzoni, che interpreta, brutte erano e brutte restano!“), i Fairport Convention di Sandy Denny (“indimenticabili ed eccellenti dal vivo mentre in concerto – si ricorda - mi delusero i Fotheringay. Sandy resta una cantante di riferimento per molte voci del nuovo folk anche se – specifica - la mia interprete favorita di quel genere resta June Tabor), la raccolta tributo a Junior Kimbrough, “All Night long“ (come è? – mi domanda – mi intriga molto, in special modo ascoltare Mark Lanagan. Quando eravamo a Clarksdale a registrare “The delivery man“ ho guidato una Chevrolet ’55 fino a Holly Spring per cercare il suo one room country shack!”), l’extended play “Ride This“ dei Los Lobos (“la band preferita di Pete Thomas! ha suonato con loro in “Kiko“ e “Universal mind“ quando posso mi unisco anche io), Richard Thompson (“uno dei più grandi musicisti mai usciti dall’Inghilterra, infatti vive a Los Angeles. Sono orgoglioso – afferma cambiando tono – di aver interpretato – nel 1985 per l’album “anti heroin project” - fa la sua bellissima ”End of the Raimbow“), Lyle Lovett (Un personaggio indecifrabile. Andatevi a riascoltare il canadese Jesse Winchester e capirete a chi deve molto il texano Lyle!…”), la raccolta “country got soul“ (“straordinaria – mi dice – ma quando Dan Penn mi ha dato ad ascoltare dei brani che aveva scritto per me sono rimasto sorpreso che mi avesse visto solo come un crooner. Poi ho scoperto che aveva ascoltato solo il mio disco con Bacharach!”).



Quella di spulciare i cd è una operazione lunga e laboriosa per Costello e nel gesto riconosco il tratto del collezionista affezionato. Un gesto antico, ormai, che rappresenta la base di partenza di quella ricerca che ha portato Costello nel Mississippi per “The Delivery Man“.

In questa settimana – attraverso questo e altri gesti - insieme scoprirò una faccia di Elvis Costello che avevo solo supposto : quella della sua curiosità e del suo amore vero per la musica, quell’amore che lo porta dal vivo a scegliere – in mezzo a un repertorio di centinaia di canzoni proprie – di suonare “Mistery Train“ oppure “Heart of the City“ dal repertorio dei Rockpile del suo primo mentore Nick Lowe (“gli devo molto e rispetto la sua scelta di starsene defilato dal mondo dell’industria è parrezzabile“).

Cover a parte, Costello presenta uno spettacolo di brani tratti da tutto il suo repertorio dato che all'interno della band si sono due componenti originari come il batterista Pete Thomas e il tastierista Steve Nieve, in un concerto che ha molti punti in comune con lo straordinario Dvd “live in Memphis“.



"Il pubblico europeo in generale è molto più recettivo rispetto al mio repertorio in Inghilterra, dove quello è molto più nostalgico e vuole sentire gli hit che nel mio caso sono i brani del vecchio repertorio degli Attractions. Nell'Europa continentale c'è molta più disponibilità a fa uno spettacolo variegato e mi permette di suonare delle ballads, un genere che in questo momento mi appartiene moltissimo, in particolar modo quelle di ispirazione americana. Dopo questa tournée farò una serie di concerti con la cantante country Emmylou Harris per poi proseguire con Lucinda Williams". Mi dirà dopo il concerto.

Stanco da due ore e mezzo di musica vertiginosa Costello ha però il tempo e la voglia di spiegarmi il suo amore per l’opera classica e i suoi programmi.


“Dal 1989 circa mi sono appassionato alla musica classica anche se in questo spettacolo non ci sono riferimenti evidenti al genere. Nel corso degli ultimi anni ho imparato a conoscere e le vite di Verdi, Rossini e Puccini, al punto tale che ho scritto un'opera, il Sogno, che girerà nell'est asiatico e negli Stati Uniti all'inizio del 2006 per debuttare in Europa nella primavera con la London Philharmonic Orchestra diretta da Michael Tilson Thomas. Il mio sogno sarebbe quello di portarla alla Scala, ma con i musicisti classici italiani per il momento ho avuto sempre un problema di attitudine, Il Rock'n'roll da questo punto di vista è un grande maestro perché ti insegna ad adattarti.”

A 50 anni appena compiuti, con un figlio di 30 anni, la nuova moglie sempre al fianco (la pianista jazz Diana Krall) e un ingaggio come insegnante al museo del soul di Memphis, Elvis – mi confesserà - è pronto per la registrazione di un nuovo album.

“Mi piacerebbe moltissimo poterlo registrare in Italia soprattutto per poter avere contatti con la gente: la cosa più importante per raccontare le storie e avere nuove ispirazioni per le canzoni.”



E a proposito di contatti umani, la settimana fiorentina di vacanza per Elvis Costello diventa una vacanza di input e, ci auguriamo, ispirazioni. La sua richiesta di entrare nella “comunità” locale è soddisfatta; introdotto nello straordinario ambiente del circo - lo culturale Teatro del Sale (visitate il sito per comprenderne la “mission” www.teatrodelsale.com), accompagnato per musei e palazzi dagli assessori di Comune e Provincia, coccolato dai suoi nuovi amici, scopro che Costello predilige ai musei, i mercati generali. Uno di essi, il più vivo si trova proprio a due passi dal teatro del Sale. Fra banchi di verdure e frutta di Sant’Ambrogio, Costello torna giovane.

“Quando ero bambino – mi confessa – sognavo di scendere con mio papà (musicista pure lui) alla stazione di Chicago e recarmi al mercato adiacente a cercare lavoro nel Southside. E – continua – il sogno era che mio papà ed io, due irlandesi, arrivassimo dopo un lungo viaggio in treno iniziato dal Mississippi e che noi eravamo dipinti in faccia di nero, come Al Jonson, the jazz singer. Era un sogno che facevo ogni volta che mettevo sul giradischi un disco di blues“.

Una mattina, però, arrivò il punk.

“Il punk arrivò sulle scene e mi trovò lì per caso. Così come trovò per caso lì gente come Joe Strummer, Nick Lowe, i Damned, Sting e molti altri. Tutti giovani che avevano già sulle spalle esperienze precise ma che la forza del punk spazzò via. Poi – puntualizza – crescendo, certe suggestioni tornano a galla. E anche vero – mi dirà, per riprendere il discorso interrotto, il giorno dopo – che dei nomi citati alcuni non persero mai del tutto il connotato iniziale. Pensa Joe Strummer. Amava Lee Dorsey allo sfinimento, una volta percorremmo a piedi tanti chilometri per andarlo a vedere suonare, e, ogni qual volta poté, suonava la sue canzoni e le incideva (“junko partner”).”



Poi gli americani si accorgono di Elvis Costello & the Attractions. “Esatto! E per un giovane che arriva da Londra è una pacchia. Arrivi a New York City a 22 anni e vuoi forse metterti ad andare per il sottile ? No!; picchi duro e scrivi canzoni che possano competere con quelle degli altri. Potessi tornare indietro rifarerei tutto. Stesse scelte, a parte qualche manager. In quegli anni la mia collezione di dischi si moltiplicò in maniera esponenziale. Certi singoli che cercavo in America costavano ancora 3 cents, in Inghilterra erano già pezzi rari per il mercato del Northern Soul".

Poi, una sera qualsiasi, nei vicoli che circondano Santa Croce, in mezzo a “all this useless beuty“, Costello si lancia nella riflessione più interessante, che si rivela anche la più personale e intensa dei nostri giorni passati insieme che riassume la sua sensibilità e ne mostra quel lato che sogneremmo scoprire in tutti gli artisti e in tutti gli esseri umani, quello dell’umanità:

“Nel misticismo del rock & roll c’è questa sponda che ti porta a osservare come eroi quelli che se ne sono andati giovani: Janis, Hendrix, Morrison, Nick Drake, Sandy Denny, Les Harvey (il fratello di Alex, chitarrista straordinario), Paul Kossoff (scopro una specie di venerazione di Costello per i Free…). Ma fondamentalmente io apprezzo e sostengo quegli artisti che arrivano davvero avanti nella loro carriera. Count Basie – con l’orchestra del quale, da lui diretta, ho potuto cantare pochi mesi prima della sua scomparsa – è il primo nome che mi viene in mente, Duke Ellington, Ray Charles, Big Joe Turner, Charles Brown, Sonny Payne (il socio di Sonny Boy Willimson che vive a Helena, Akansas). Quando passi un po’ di tempo con loro impari sempre qualcosa, essi sono fonte di ispirazione. Perciò smettiamolo con questa storia del beautiful loser e del “maledetto è bello“!!! Abbiamo cinquant’anni ormai. Dobbiamo solo sperare di poter vivere a lungo e diventare noi un giorno fonte di ispirazione per gli altri, perché adesso siamo noi quelli che hanno in mano la tradizione del rock & roll!”…

Ernesto de Pascale


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