Sfogliando i giornali di 365 giorni fa e rileggendo le belle parole spese per la scomparsa di Lucio Battisti, i pretesti per raccontare ancora una volta il nostro come eravamo, appare subito chiaro come niente nel mondo musicale nazionale sia cambiato e come niente probabilmente cambierà da qui a breve. Non è bastata la sua scomparsa, e dopo poco quella di Fabrizio De Andrè, a muovere il popolo silenzioso degli insoddisfatti, di chi non ne vuol più sapere di Ricky Martin, dei video, delle promozioni, degli spot, il popolo che ancora acquista un disco per ascoltarlo per intero. Un popolo che però esiste e che riappare qui e là: quando esce un disco di Tom Waits, oppure quando esce Buena Vista Social Club (e guarda caso vanno a finire in classifica!). E’ il cosidetto pubblico “adulto”, “intelligente” quello a cui attisti, faceva riferimento con i suoi ultimi album. Un pubblico che non rivuole indietro i suoi vent’anni, ma solo un po’ di giustizia, un ascoltatore non stupido, che capisce cosa c’è dietro a uno scoop giornalistico, quando una notizia è “vuota”, quando qualcosa vale la pena di essere ascoltata, letta, guardata.
È il pubblico, di chi legge, di chi si informa e si mette al centro del proprio mondo, proprio come Lucio Battisti si era messo con le sue canzoni al centro del proprio e noi avevamo accettato di andare a trovarlo e frequentarlo e dividere le sue emozioni e farle nostre. La musica di Lucio Battisti, quella dei suoi ulimi anni, non aveva più niente a che vedere con il mondo delle clssifiche.
A dire il vero non aveva più niente a che vedere con quello e con molti altri mondi da tanti anche se Lucio continuava frequentare le alte vette, pur se per poche settimane. Ma dopo di lui, dopo de Andrè e dopo quei pochi che sono rimasti della vecchia scuola, il baratro già vasto sembra ancora più profondo. Volete veramente provare a dire chi prenderà il suo posto? Noi non ci azzardiamo. Però sappiamo ci mancano le sue pause lunghe, la voce incerta, la perfezione delle sue mini opere pop come “I Giardini di Marzo”, i suoi silenzi da noi odiati ma compresi. Perché chi è rimasto ama la musica e forse ne consuma quanto o più di un teen ager della MTVgeneration con la differenza che a quelli come lui, come noi, niente viene dato, nonostante che chi gestisca i consumi popolari sappia bene che quel qualcuno ha molto più da spendere di un normale ragazzino. È il controsenso a cui Battisti aveva detto no con le sue canzoni cantando prima la normalità poi ribaltandola. C’è chi dice che dovremmo organizzarci, non stare lì a guardare, ma queste sono cose che si sentono ad ogni funerale. Poi la quotidianità ha nomi noti, promozioni discografiche da espletare, mega concerti ed eventi, dall’Arena di Verona piuttosto che da uno stadio. E anche se le canzoni di Lucio non moriranno mai, oggi, a noi, questo non basta più.
Noi rivogliamo Lucio, perdio! Ridatecelo così come era: antipatico, grasso, magari un po’ cafone, incomprensibile, arcigno, impossibile da trattare, ancora deciso a non voler aver niente a che fare con Mogol.
Ridatecelo e cacciate via i buonismi, ma ridatecelo uomo e non santo, per favore!, perche di santi in televisione se ne vedono tutti i giorni e nessuno di quelli mi ha ancora assicurato un passaggio per il cielo mentre con le canzoni di Lucio più volte mi è sembrato di averlo toccato con un dito.
Ernesto de Pascale
the state I'm in - settembre 1999