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Good Vibrations after the Trilogy
Chiusa la “Nightfly Trilogy”, costituita dai suoi primi 3 lavori The Nightfly, Kamakiriad e Morph The Cat (spalmati in un arco temporale di oltre 20 anni), è adesso il momento di questo Sunken Condos a conferma della ritrovata passione di Donald Fagen per la composizione ed a completamento di un ciclo di esibizioni live, prima alle Royal Ramble del compianto Levon Helm e poi con la all star band di The Dukes Of November.
Chi ama Donald Fagen sa già cosa attendersi da un suo cd: ottime orchestrazioni, grandi atmosfere e musicisti di altissima scuola. E’ come mettere all’orecchio una vecchia conchiglia dalla quale ascoltare come d’incanto il solito e magico rumore del mare e stupirsi ogni volta della sua bellezza.
Ma c’è di più: in un disco di Donald Fagen c’è sempre di più e c’è sempre una lettura sottesa che rende l’ascolto e l’analisi più affascinante ed a tratti – sia consentito – dolcemente morboso.
La cosa che più impressiona di questo cd è l’equilibrio ed il divertimento: tutte le canzoni sono dotate di un equilibrio nella loro composizione, che a tratti rasenta la perfezione, e Donald Fagen pare aver messo mano a queste nuove composizioni con un nuovo entusiasmo e divertimento.
L’intero lavoro, che trova il suo baricentro nell’asse Donald Fagen/Jon Herrington/ Michael Leonhart ed il suo fidato metronomo nel basso dell’impressionante Freddie Washington, pur rapendoci nelle sue immediate melodie (tra tutte I’m not the same without you) segna un distacco dalle ultime produzioni sia soliste che a firma Steely Dan. Il suono generale ed il mood del disco non appare più dolcemente ovattato ed anche le atmosfere appaiono meno cupe di Morph The Cat. Ce ne accorgiamo sin dalla prima canzone, Slinky Thing, che nella sua complessità ed eleganza ci riporta agli equilibri ed alle atmosfere di Razor Boy (Contdown to Ecstasy, 1973) con il vibrafono di Leonhart, che scivola sulla melodia come una vestaglia di seta sul corpo di una bellissima donna e ci lascia come sempre meravigliati.
I’m not the same without you è così furba, così immediata e “così Fagen” che può distrarci senza farci riflettere su quanto l’arrangiamento dei fiati (i fidatissimi Pugh/Rosenbergh/Weiskopf), rifletta in Fagen l’antica scuola delle grandi orchestre americane di C. Basie e G. Miller filtrata attraverso il rhythm and blues ed infine disegnata su pentagramma come se fosse olio su tela (non si sentiva una cosa del genere da Kamakiriad).
Per non parlare dell’armonica di William Gallison (Barbra Streisand, Ruth Brown, Astrud Gilberto), disegnata lì, alla Toots Thielemans, per inerpicarsi sulle note facendo capolino in maniera dapprima sorniona e sensuale per poi esplodere rabbiosa nel suo duello con la sezione fiati.
Miss Marlene e Weather In My Head sono così smooth e così elegantemente bluesy da riportarci alle atmosfere di Chain Lightning (Katy Lied , 1975) ed in queste due composizioni la mano di Donald Fagen fa respirare la band a pieni polmoni, soddisfa ogni suono ogni sfumatura ed ogni colore e riesce nello stesso tempo a non sprecare una singola nota o aggiungerne una in più del dovuto.
Su tutte le canzoni è interessantissima la decisione di non avvalersi del ritmo di Keith Carlock e di lasciare la batteria incisa nelle prove da Michael Leonhart (nei credits con lo pseudonimo di Earl Cooke jr.), altro segnale del distacco che si è voluto creare.
Sorprendente è inoltre la cover di Out Of The Ghetto di Isaac Hayes, riuscitissima nel suo ambizioso progetto di essere imbiancata dalla mano di Fagen senza far perdere però un grammo del suo originale groove. Non lasciatevi impressionare dalla pulizia e dalla perfetta produzione, costui è un uomo che ha una lunga storia ma che non dimentica mai di essere soprattutto uno swingin & bluesy boy cresciuto a NYC.
Già: è una lunga storia quella presente nel dna compositivo di Donald Fagen. E’ una storia che comincia con le canzoni di Bobby Blue Bland, si mescola alle grandi Orchestre americane del dopoguerra, si contorce ed affina nel progressive jazz di Kenton e trova il suo fertile humus nella New York degli anni cinquanta – nella cultura beatnik – per poi infine elevarsi a manifesto della perfezione pop. E’ una lunga ed ammaliante storia che mai come adesso, grazie a questo Sunken Condos, è lungi dall’essere conclusa.
Giovanni de Liguori.
Tracklist 1. Slinky Thing 2. I'm Not the Same Without You 3. Memorabilia 4. Weather in My Head 5. The New Breed 6. Out of the Ghetto (Isaac Hayes cover) 7. Miss Marlene 8. Good Stuff 9. Planet D'Rhonda
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