(Warner) www.baustelle.it
Tre anni dall’ultimo disco e otto, un’infinità, da “La malavita”. Otto anni nei quali la musica si è fermata, da quella che rimane, ancora oggi, la migliore produzione in studio dei Baustelle. Per chi scrive, “La malavita” fu il punto di svolta della musica italiana del nuovo millennio, un capolavoro noir nel quale c’erano tutti gli elementi di pessimismo, nichilismo, autodistruzione – e anche tanta bellezza – degli anni futuri.
La successiva produzione discografica dei Baustelle non è stata esattamente densa, e spesso è stata anche deludente. Il pubblico dei fan si è progressivamente traslato, e da quelli della prima ora, da poche centinaia di persone adoranti in locali medio-piccoli, si è passati ai grandi concerti, al pubblico “generalista”. Una massa ancora piccola, ma comunque un pubblico più variegato e meno raffinato. Un male, dato che il picco artistico è rimasto comunque fermo al 2005. Un male necessario, voluto, previsto, nel momento del passaggio a una grande casa discografica.
Nel 2013 i Baustelle rispuntano, in un certo senso, fuori dal tempo. Ancora tre anni fa erano tra i pochi, ma non più tra i migliori. Oggi sono soltanto tra tanti, perché la musica italiana indipendente – per il cui sviluppo, “La malavita” ha voluto dire molto – ha un variopinto fermento e un pubblico limitato, ma ampiamente “connesso” e ben rappresentato da qualche tendenza editoriale indie-friendly (o paraguru?).
In ogni caso stiamo comunque parlando di un gruppo di quarantenni, e forse il momento per fare gli hipster sostenuti è finito. I Baustelle l’hanno capito e hanno elaborato un disco lunghissimo (un tempo si sarebbe detto concettuale), dove abbandonano (finalmente!) qualsiasi rimasuglio di musica elettronica e si affidano piuttosto a una larga base sinfonica.
Gli snob hanno accusato il leader Bianconi di aver scimmiottato il divo Faber ma, a parte un tono (volutamente?) ricercato in “Il futuro”, l’accusa lascia il tempo che trova. Piuttosto, dalla marcetta anni ’60 del singolo “La morte (non esiste più)”, all’ingenuo e splendido ritornello di “Il finale”, impostato su un pezzo quasi parlato (e qui siamo un decennio avanti); piuttosto, dicevamo, è chiaro che la stella polare del gruppo di Montepulciano sia stata la musica cantautorale classica italiana tout-court. Non casualmente il disco è molto forte, e migliore dei due precedenti, in pezzi di questo tipo; tra gli altri: “Maya colpisce ancora” e “Radioattività”.
Purtroppo, a differenza de “La malavita”, lo scarto tra un capolavoro e un buon disco lo fanno le altre canzoni. E questo album, rimanendo sì un buon disco, eccede in lungaggini barocche (“Diorama”, “L’estinzione della razza umana”, tutti gli intermezzi), cavalcate lasciate a metà (“Cristina”) o spigolature (“Il futuro”). I Baustelle hanno voluto strafare, meritano rispetto e sono a tratti molto piacevoli, ma la loro spinta propulsiva, la loro innovazione, è ormai finita.
Matteo Vannacci
Tracklist: Fantasma (titoli di testa) Nessuno La morte (non esiste più) Nessuno muore Diorama Primo principio di estinzione Monumentale Il finale Fantasma (intervallo) Cristina Il futuro Secondo principio di estinzione Maya colpisce ancora L’orizzonte degli eventi La natura Contà l’inverni L’estinzione della razza umana Radioattività Fantasma (titoli di coda)